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Circolo Miani » News Correnti » Page 75 FERRIERA. 19 anni hanno perso ! » Inviato da valmaura il 2 November, 2019 alle 12:00 pm Si dal 2000, quando la proprietà di allora Lucchini era fallita e le banche creditrici avevano nominato commissario Bondi, il liquidatore della vecchia Parmalat, con l'incarico di vendere la società e chiudere in particolare la Ferriera di Trieste. E da quando Bondi aveva firmato in questo senso un protocollo di intesa con il Governo sempre di allora (Berlusconi) ed il Ministro Matteoli aveva comunicato un tanto alla Regione FVG presieduta da Renzo Tondo (1). Da allora sono passati 19 anni e la politica, tutta 5Stelle compresi, non ha fatto nulla di concreto, salvo varare 28 “tavoli” istituzionali per la “dismissione dello stabilimento, riconversione produttiva dell'area e ricollocazione dei lavoratori”. Di questi “tavoli” 21 ne apparecchiò il solo Tondo, mancava solo quello per la briscola ed il tresette, affidandone la guida all'allora assessore Sergio Dressi. Uno solo invece Illy ma presieduto, si fa per dire, dall'assessore regionale Cosolini, e via discorrendo. Cosa hanno prodotto in questi quasi venti anni? Nulla, Zero, Nichts, Nisba salvo una lauta consulenza all'ex City manager del sindaco Illy, Gambardella che un pensionato seduto sulle panchine del Giardino Pubblico avrebbe fatto di meglio e di più. Ed oggi questi signori, da Patuanelli a Fedriga, si mettono a frignare che non sono pronti, che non si aspettavano che Arvedi annunciasse così di botto una data di chiusura per l'Area a caldo a tre mesi, dopo che per quattro lustri hanno fatto campagna elettorale, Dipiazza docet “quel cancro lo chiudo domani”, correva l'anno 2001, sulla “immediata chiusura” della Ferriera. E tutti a pietire Arvedi di rinviare, a promettergli soldi pubblici. I sindacati poi, in particolare la “triplice”, sotto le gestioni Lucchini e Severstal sono stati succubi e proni alle proprietà, arrivando addirittura a difenderle dalle pallide inchieste del Sostituto Procuratore Frezza. Hanno accettato in silenzio che le proprietà precedenti usassero i lavoratori come “scudi umani” per i loro interessi, ostaggi volontari del ricatto occupazionale per continuare a fare i loro affari. Oppure quando non hanno aperto bocca mentre sempre il reggente la Procura, Federico Frezza, nel novembre 2013, ha reso nota in una conferenza stampa la perizia dell'Azienda Sanitaria da cui risultava provata la morte per tumore di 84 lavoratori per le mansioni che svolgevano in Ferriera. E non risulta che si siano costituiti parte civile nel procedimento. E questi oggi hanno l'impudenza di aprire bocca? Certo meglio sarebbe che i venti colleghi, che avevano e sapevano di averlo un contratto a tempo determinato che andava in scadenza il primo novembre, non perdessero il lavoro. Ma qui nessuno sottolinea veramente come stanno le cose: ovvero che la proprietà Arvedi, pur senza averne obbligo alcuno, ha comunque offerto una alternativa occupazionale. Non è alla fine di via San Lorenzo in Selva ma a San Giorgio di Nogaro. E niente? Perchè questa era ed è l'alternativa oggi offerta dai piagnoni della politica e del sindacato che non sanno fare di meglio che appigliarsi a San Giovanni Arvedi, che ancora una volta ha fatto il “miracolo” rinviando di tre mesi la fine del contratto. A proposito, nel 2004 il Circolo Miani organizzò un convegno alla Stazione Marittima con relatori il Presidente e l'AD di Bagnoli Futura, la società pubblica (Comune e Provincia di Napoli, Regione Campania) che aveva riconvertito l'Ilva di Bagnoli, senza perdere un posto di lavoro ma decuplicandoli, ed utilizzando i fondi Europei esistenti per la bisogna. Avevamo poi offerto il progetto e soprattutto il percorso normativo e finanziario al Tavolo Cosoliniano, in fin dei conti si trattava solo di copiare, ovviamente senza mai ricevere cenno alcuno di risposta. E ci fermiamo qui perchè altrimenti dovremmo scrivere un tomo di oltre mille pagine. Lo Stato NON siamo noi ! Abolire le inutili, costose Prefetture. » Inviato da valmaura il 1 November, 2019 alle 12:11 pm Una diretta testimonianza su come funziona questo Stato. Un due annetti orsono scrivemmo ripetute lettere all'allora Prefetto, la signora Porzio, e le indirizzammo diverse telefonate di sollecito, su cosa? Ma perbacco sulla richiesta del Circolo Miani di poter visitare la vasta area di palazzine e giardino lasciata marcire da 65 anni in quel di Monte San Pantaleone, accogliendo così l'invito fattoci da un predecessore autorevole della Porzio, il Prefetto Giacchetti. Sempre all'interno di quel nostro progetto di riqualificare l'area per destinarla ad un centro sociale e di servizio per gli abitanti, e non solo, del quartiere di Monte San Pantaleone, un rione privo di tutto. A sentire il precedente Prefetto ed a leggere la targa apposta all'esterno dell'area recintata, la custodia era, ed è, in carico proprio alla locale Prefettura in veste di Commissario, ovvero rappresentante, del Governo nella Regione Friuli Venezia Giulia, essendo il bene interessato statale, del Demanio, ed essendo una eredità della precedente Amministrazione civile Angloamericana (1954). Allora per un due mesi dalla Prefettura nessuna risposta fino ad una sera dove pochi minuti prima delle ore 20 abbiamo ricevuto una telefonata da parte di una tale “dottoressa Carbone” della Prefettura di Trieste. Già l'incipit formale ed il tono sbrigativo ed un tanticchia arrogante non lasciavano presagire nulla di buono, ed infatti la “dottoressa” ci riferì spicciamente che il bene in questione non era dello Stato e dunque la Prefettura non lo aveva in custodia e tantomeno possedeva chiavi di sorta. Pertanto cessassimo di inoltrare lettere e solleciti. Nonostante il tono e l'ora non ci andava di mandarla a quel paese e ci siamo limitati, con grande sforzo e contando fino a 100, a ricordarle quanto dichiarato in precedenza dal Prefetto Giacchetti che cozzava nettamente con quanto da lei, “dottoressa” funzionaria, detto e le chiedevamo, anche per successiva e-mail, di informarsi su quale ente pubblico avesse in carico il bene. Non lo avessimo mai detto e scritto. La “dottoressa” ci rispose seccata che non era suo compito né quello della Prefettura “fare favori”, testuale, ed anzi il nostro era una “istigazione a commettere un reato” (?????). Forse le sfuggivano i testi delle cinque leggi, i Decreti Bassanini, della Repubblica che le pagava lo stipendio con i soldi nostri. Oggi nell'annuncio ufficiale dello studio del Notaio in Trieste Daniela Dado compare l'avviso di vendita all'incanto dell'area di Monte San Pantaleone per conto del Demanio Statale di cui la Prefettura in Trieste è rappresentante, come recita pure la targa apposta all'ingresso degli edifici. Bene, anzi male, malissimo. Tertium non datur dicevano i Latini e dunque saremo sbrigativi e spicci pure noi. Cosa intende fare il Ministero dell'Interno nei confronti di una sua dipendente “dottoressa” che o non conosce l' ABC del suo lavoro, o più semplicemente ha arrogantemente mentito ai cittadini abusando dell'ufficio che ricopriva nella Prefettura di Trieste e, si spera, non su ordine dell'allora Prefetto? E mentre stampiamo le e-mail allora scambiate perchè un Tribunale potrà eventualmente ritenere utile esaminarle, attendiamo dall'attuale Prefetto una risposta chiara e pronta, anche se non ci facciamo illusioni e per due motivi. La “dottoressa” non è più in servizio presso gli uffici di Trieste, e dal Prefetto attuale stiamo aspettando da oltre due mesi già un cenno di risposta ad una nostra altra richiesta, sollecitata pure dai funzionari Ater di Trieste. Quando si dice “Stato” si dice tutto. A proposito che ne è delle proposte di legge e delle roboanti dichiarazioni sulle “Prefetture enti inutili da abolire” scolpite sul marmo fatte in sequenza da Lega Nord, Movimento 5Stelle e Sinistra varia in tutti questi anni? Si potrebbe cominciare proprio da Trieste, vista la reattività di funzionari e dirigenti, ed il “rispetto” dimostrato verso i cittadini. Ultime da Monte San Pantaleone. » Inviato da valmaura il 31 October, 2019 alle 12:54 pm Progettato Hotel a cinque stelle per pantegane. Si vocifera tra ratti e zoccole, che il mastodontico complesso, con ridente giardino alle diossine annesso, del vecchio Inceneritore di Monte San Pantaleone verrà messo all’asta per realizzare un iperlussuoso Resort. Per le foto come sempre Pagina Circolo Miani Facebook Lo sapevate che? Monte San Pantaleone. » Inviato da valmaura il 30 October, 2019 alle 2:31 pm Per anni flagellato dall’inquinamento di Inceneritori, Italcementi e Ferriera è un rione che non ha piazza, farmacia, edicola e pure la Chiesa più vicina è quella di Valmaura. Ma ha uno spazio grande e con tanto verde nel cuore del quartiere, chiuso dal 1954 ovvero da quando ha cessato di esistere a Trieste il Governo Militare Alleato. Lo abbiamo visto, come Circolo Miani, una decina di anni orsono in una passeggiata per le periferie con l’allora Prefetto Giacchetti, che con il predecessore Moscatelli fu uno dei migliori Prefetti mandati a Trieste negli ultimi trenta e passa anni. Allora fu proprio Giacchetti che come Prefettura aveva ricevuto in “eredità” quell’area (palazzine, uffici, rimesse e tanto verde alberato) a proporci un sopraluogo per vedere se la proposta avanzata dal Circolo (ovvero quella di offrire al quartiere un centro sociale, di aggregazione, ricreazione e crescita per gli abitanti, con un occhio di riguardo ai giovani ed agli anziani, oltre che collegato ai servizi sociosanitari comunali) poteva trovare rapida applicazione. Ma nonostante ripetute richieste alla Prefettura, ai Prefetti che si sono succeduti, non abbiamo ottenuto più alcuna risposta, anzi hanno negato perfino di avere le chiavi di quello spazio nonostante la tabella all’ingresso scriva chiaro (vi trovano infatti deposito alcuni mezzi antineve della protezione civile). Le foto parlano da sole ad infamia dell’incapacità pubblica che preferisce far deperire ed andare in rovina uno spazio che è di tutti a danno della collettività e dell’erario. Ma pretendere che la Corte dei Conti indaghi per danno erariale i responsabili, che il giudizio sulla totale incapacità delle forze politiche e delle istituzioni, e da ben 65 anni non spetta loro, a Trieste pare cosa impensabile. Post scriptum. Certo che non lo potevate sapere, con questa stampa e televisione che abbiamo in malasorte di avere a Trieste … Pagina Facebook Circolo Miani per le foto. Piccoli Salvini crescono. » Inviato da valmaura il 29 October, 2019 alle 2:46 pm Perchè gli italiani, come diceva Totò, “si buttano a destra” oppure gettano più semplicemente la scheda elettorale nella spazzatura. Un piccolo episodio che ben rende l'idea. Scena: ufficio postale di via Caio Giulio Cesare, insomma vecchia stazione dei treni. Protagonisti: tre sportelliste delle Poste e, si presume, la responsabile dell'ufficio. Pubblico: cinque persone più una, dunque per gli standard postali di Trieste poca gente. Atto primo. Il protagonista entra e pigia il distributore unico di biglietti, ritira il numero 24 che in lavoro è il 20. Su cinque sportelli ne sono in funzione solo tre ma l'attesa si prolunga perchè i tre hanno clienti che non devono fare normali operazioni ma, appunto, aprire o chiudere conti. Dunque non si capisce perchè le poste non smistino queste persone ad apposito ufficio, vedi quello della “consulenza” liberando in questo modo gli sportelli. Dietro il nostro “mister X” entrano nel frattempo, sono passati già una ventina di minuti, altri due clienti: i numeri 25 e 26. Atto secondo: dopo ulteriori cinque minuti fa il suo ingresso una impegnata intellettuale di sinistra, sempre presente alle riunioni del PD e della scomparsa “Altra città”. Lei non prende il biglietto come gli altri comuni mortali, no, estrae la sua carta bancoposta e la passa sul distributore prenota file. E si ritira il numero 02. Dopo ulteriori cinque minuti finalmente il 23 ha finito ed il nostro possessore del seguente 24 si avvicina allo sportello libero, che invece chiama lo 02 appena arrivato. Atto terzo: il nostro in attesa da quasi mezzora domanda perchè la signora, appena entrata deve passare davanti a tutti. Responsabile e sportellista si affrettano a spiegare che lei è una cliente bancoposta, ergo delle Poste, ergo lei non fa la fila come i comuni cittadini. Lo dice il regolamento Poste Italiane, ente pubblico pagato da tutti i cittadini appunto italiani. I due, il numero 24 e lo 02 si guardano, ma la “democratica” tace forte del suo privilegio. Alla fine da un cenno di esistenza in vita ed apre generosamente bocca per dire con tono concessorio “se proprio ci tieni passa tu”. Il nostro protagonista, per inciso cliente Bancoposta e dunque “privilegiato” potenziale, a quel punto straccia il numerino e se ne va. Ha sempre odiato, e combattuto, privilegi di sorta o di casta. Ecco due considerazioni vanno fatte. Una riguarda queste Poste italiane, che aboliscono lo sportello postale vero e proprio nelle loro agenzie e condannano chiunque vada in posta per spedire o ritirare lettere, raccomandate, pacchi, insomma tutto quella che legittima storia ed esistenza di un ufficio postale e di un ente Poste, a perdersi mezza mattinata in una fila unica. In cambio però costringono i loro “datori di lavoro”, ovvero i cittadini a cedere il passo ad una classe privilegiata non crediamo prescritta nella Carta Costituzionale. La seconda riguarda la protagonista politica, l'intellettuale di “Altra città”, PD, “psichiatria democratica”, della serie “bisogna ascoltare il territorio, favorire la partecipazione democratica, la cittadinanza attiva” ed altri slogan da avanspettacolo di periferia. Se questi sono gli effetti pratici comportamentali dei “sinistri” dopo l'Umbria Salvini e Meloni hanno solo l'imbarazzo della scelta: “Vincere facile o vincere facile”. Sono talmente ottusi che non riescono a capire come siano episodi apparentemente così piccoli ma di significativa arroganza a spingere appunto la gente normale a “buttarsi a destra” e mandarli, Grillo ce lo consentirà, affanculo. |
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