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Circolo Miani » News Correnti » Page 371

Dal Minculpop ad oggi.

» Inviato da valmaura il 29 September, 2014 alle 3:39 pm

Potremmo citare quanto scrivevano Piero Gobetti (la Rivoluzione Liberale), Antonio Gramsci (Quaderni dal Carcere), a Carlo e Nello Rosselli su su fino a Piero Calamandrei, Umberto Terracini e Giuseppe Dossetti per arrivare a don Lorenzo Milani (Lettera ad una professoressa) e prima ancora a Edmondo De Amicis (si l’autore di Cuore ed esponente del Partito Socialista nel 1800), per non parlare appunto di Benito Mussolini che, memore del suo passato di socialista rivoluzionario, volle aggiungere al nome “Ministero della Cultura” del regime fascista il termine “Popolare”, abbreviato Minculpop.

Ma preferiamo partire da Carlo Tullio Altan (da non confondere con il figlio Francesco, il padre di Cipputi e della Pimpa), forse il più prestigioso docente universitario di Antropologia che l’Italia abbia mai espresso (finì la sua carriera accademica insegnando all’Università di Trieste).

Scriveva Altan, e noi come Circolo Miani nella relazione di presentazione programmatica all’assemblea fondativa a lui ci ispirammo, che esistono nella nostra società due tipi di cultura. Quella con la “C” maiuscola rappresentante il vecchio mondo accademico, baronale, nozionistico e conferenziere, paludato di prime teatrali, e l’altra con la “c” minuscola.  Anzi le altre perché ce ne sono tante e diverse, che raccolgono le aspettative, i bisogni, il comune sentire delle persone normali che vivono nella società attuale e che sono più interessate naturalmente alla realtà quotidiana. E ad acquisire gli strumenti per padroneggiarli e risolverli:  dunque l’esercizio culturale come elemento di apprendimento pratico, interpretazione ed aiuto per la crescita individuale, e per quella collettiva della comunità in cui si è inseriti, in modo da viverla non da passivi spettatori ma da protagonisti partecipi delle scelte. Altan in questo raccoglieva molti dei pensieri scritti da Antonio Gramsci quando parlava del ruolo sociale dell’intellettuale. Ma fermiamoci qui.

Per questo nello Statuto e nell’Atto costitutivo del Circolo Miani esso venne da noi definito come uno “strumento al servizio delle genti che vivono in queste terre”.

E, senza peccare di immodestia, crediamo che il Circolo abbia svolto egregiamente il compito che si era dato al momento della sua fondazione. Prima con il ventennio pieno di incontri, mai conferenze e sempre dibattiti tra i cittadini che affollavano le maggiori sale triestine ed i “testimoni”(italiani ed europei, e davvero i più significativamente autorevoli) invitati a Trieste a discuterne. Poi con l’avvio dell’iniziativa del “Rinascimento delle periferie” (suggerimento del sociologo Nando Dalla Chiesa) che sta impegnando la nostra Associazione sul territorio grosso modo dal 1998.

Non ci siamo limitati certamente a questo. Abbiamo sempre offerto alle istituzioni pubbliche, mai a partiti o schieramenti ideologici, la nostra collaborazione e la nostra esperienza, forse unica a Trieste e purtroppo più apprezzata fuori, in Italia, che qui. Tanto che praticamente mai, con l’unica eccezione dell’allora Assessore alla Cultura avv. Franco Franzutti nella Regione a presidenza Roberto Antonione, questa nostra disponibilità fu raccolta, anzi non ci risposero neppure.

E proprio negli anni novanta scrivemmo una proposta complessiva di riforma delle leggi regionali, e poi a caduta delle norme da queste derivanti in Provincia e Comune, che regolavano l’intervento pubblico nella promozione delle attività culturali (teatrali, cinematografiche, musicali, associazionistiche e di volontariato) sul territorio. Tutto rimase lettera morta preferendo il sistema della politica perpetuare la logica dei finanziamenti discrezionali (a pioggia) per garantirsi un tornaconto elettorale. E l’attuale “riforma” regionale non fa sostanzialmente differenza tanto che sempre delega la scelta di “finanziare” ai soliti centri di potere regionali.

Avevamo sempre indicato nella creazione sul territorio di spazi pubblici polivalenti, capaci di fornire non solo sale ma anche servizi (informatici, tipografici, di segreteria) usando dell’immenso patrimonio immobiliare di proprietà della Regione, delle Province, dei Comuni o comunque di enti pubblici a partire dallo Stato con i suoi ministeri, dismesso ed abbandonato, come la strada preferenziale da battere per evitare anche sprechi e clientele. Ma anche più semplicemente per offrire un luogo di aggregazione dove le persone potessero riscoprire il piacere di stare bene assieme.

 E anche per non privilegiare gli “amici degli amici” ma invece offrire a chi ha qualcosa da dire e da fare gli spazi ed i mezzi per farlo. Portando le iniziative culturali sul posto dove la gente vive e creando un percorso virtuoso in cui inserire le tradizionali istituzioni e gli spazi culturali (Musei, Teatri, ecc.) praticamente mai frequentati dagli oltre due terzi dei nostri concittadini. Questo ovviamente  non poteva prescindere da uno stretto collegamento con i servizi sociali e sanitari presenti sul territorio perché questo tipo di “cultura” andava di pari passo con la qualità della vita e la tutela della salute, anzi concorreva ad offrire  gli strumenti individuali ai cittadini per risolverli da protagonisti. Insomma per recuperare anche fiducia nelle istituzioni la cui credibilità, per non parlare poi dei partiti che le occupano, mai ha raggiunto un livello tanto basso (a Trieste alle ultime elezioni regionali, nonostante o forse proprio per  il tanto strombazzato duello Serracchiani-Tondo ha votato solo il 41% degli elettori).

Eppure proprio in carenza tragica di denaro era ed è questa la scelta migliore da praticare.

E sostanzialmente non occorreva inventare nulla o quasi. Bastava copiare l’esperienza degli anni Settanta. Dei Teatri Tenda di Gigi Proietti, Vittorio Gassman, Dario Fo, o L’estate dell’Effimero di Renato Nicolini a Roma, o le delibere di quell’Antonio Comelli, Presidente della Regione FVG, democristiano tutto d’un pezzo, che imponeva alle compagnie teatrali dello Stabile una tournèe con rappresentazioni anche nei comuni minori della nostra regione. O cogliere le proposte innovative che l’eccellente direttrice del Museo Revoltella, Maria Masau Dan in questi anni aveva elaborato.

Oggi il neo, neo, neo, neo (è il quarto in poco più di tre anni) assessore comunale alla Cultura ripropone esattamente quella cultura con la “C” maiuscola che Carlo Tullio Altan tanto deprecava. Non male per una amministrazione comunale progressista, che di sinistra mi pare parola impropria e grossa assai.

 




Siamo “uomini o caporali”?

» Inviato da valmaura il 21 September, 2014 alle 12:55 pm

Gli uomini e, ovviamente, le donne che ritengono meriti aiutare il Circolo Miani ad evitare l’esecuzione di un ingiusto e discriminatorio sfratto dalla sede che da oltre venti e passa anni è un punto di riferimento insostituibile per i cittadini, uno strumento di aiuto per la nostra comunità, allora sono invitati ad essere presenti martedì 23 settembre alle ore 11.30 nella sede del Circolo in via Valmaura 77 (nono piano, ascensore di destra nel portone) a Trieste. Certo è un orario lavorativo ma appunto per questo esistono i permessi, un’ora basta ed avanza, che alle 12 e 20 tutto è concluso. Certo gli impegni già presi … ma l’eventuale sfratto del Circolo è un fatto irripetibile e data ed ora non dipendono da noi che anzi ne avremmo fatto volentieri a meno. Tutti quelli, e sono tanti, che in questi anni si sono rivolti al Circolo Miani per chiedere aiuto, consiglio e quanto altro ci pensino, altrimenti buon Arvedi a tutti e un saluto ai “caporali”.




Il grande Bluff ?

» Inviato da valmaura il 2 September, 2014 alle 2:19 pm

A Poker molti giocatori usano “bleffare o bluffare”, ovvero simulare dietro consistenti rilanci il nulla che le loro carte nascondono, puntando a scoraggiare gli avversari ad andare a “vedere” il punto.

Ecco a leggere le ricostruzioni giornalistiche di quell’ “inviato a Roma” del piccolo giornale, da far tremare le vene ai polsi ai pavidi inviati al fronte in Vietnam, si ricava la netta sensazione che a parlare tutto sia facile e miracoloso ma di fatti finora neanche l’ombra.

Ci riferiamo al “miracolo Ferriera”.

Partiamo dai pochissimi fatti.

Addio Accordo di Programma. Lo hanno firmato in cinque tra ministri e sottosegretari, più Serracchiani, Cosolini e la Provincia, con l’aggiunta a tempo scaduto della Monassi. La foto del fatal gesto ci ha accompagnato per mesi sulla stampa locale. Era il 30 gennaio 2014, si solo sei mesi fa. Lo hanno dipinto come la panacea a tutti i mali della Ferriera, il toccasana che salva l’occupazione, tutela la salute e salvaguarda l’ambiente (un ossimoro, lo definirebbe Umberto Eco). Ed ora tutto da rifare, abbiamo scherzato grazie. Bisogna stendere un secondo Accordo calzato su misura per Rosato e Siderurgica Triestina, ma questa volta non c’erano a Roma Ministri o Presidenti di Regione, solo funzionari e assessori.

Siderurgica Triestina a guida Francesco Rosato (ex direttore Ferriera, ex direttore Lucchini Italia, ex consulente semestrale del Comune, attualmente collaboratore di Arvedi e rinviato a giudizio per falso e smaltimento illecito di rifiuti speciali). Capitale sociale fideiussorio di 50.000 euro (cinquantamila euro). Nei servizi del maranza si impegnerebbe per investimenti di 172 milioni di euro, che notoriamente in 50.000 euro stanno 8 volte con il resto di due. Perdonateci la matematica ma abbiamo fatto il Classico e poi Lettere moderne.

Questi, piaccia o no, sono gli unici fatti che trovano conferma in tutto quel fumo giornalistico di questi giorni. Lo stesso piano industriale di Arvedi (?) - no maranza di Rosato - pare rimanga cosa presentata  “a grandi linee”. La continuazione dell’attività siderurgica, produzione di ghisa e carbon coke, legata ad una “valutazione” futura. Cioè se continuare a perdere dai tre ai quattro milioni di euro al mese sia un affare oppure no. I milioni, 25, che Arvedi (?) investirebbe su altoforno e cokeria, per altro notoriamente insufficienti a rimettere in piedi il tutto, dovrebbero essere coperti quasi in toto dai famosi 22 milioni di credito che la Lucchini prima, il commissario governativo, nonchè condannato a otto anni e sei mesi dal Tribunale di Taranto, Nardi poi non sono riusciti ad incassare da Elettra. E non stiamo giocando a Monopoli.

E poi le bonifiche. Il punto chiave di tutto questo fare e disfare di Accordi di Programma.

E’ chiaro a tutti, meno a quelli che non vogliono vedere o ascoltare, che l’Arvedi fin dall’inizio ha posto delle condizioni lapalissiane. Lui viene a Trieste a curarsi i propri affari ma i costi della messa in sicurezza, delle bonifiche e del raddoppio della banchina li pagano i cittadini: ovvero Stato, Regione o Comunità Europea, che per lui non fa differenza. Per questo nel primo miracoloso Accordo di Programma la parola “bonifiche” non compariva neppure per sbaglio.

Ora, a leggere il maranza, se ne dovrebbe occupare Invitalia, ovvero lo Stato, ma con i soldi di chi? Insomma chi paga i 120 e passa milioni necessari? In uno stato di diritto e per giunta membro dell’Unione Europea la legge lo dice, scrive e prescrive senza ombra di dubbio alcuno: chi ha inquinato! Ovvero la vecchia proprietà, che non è proprio composta da clochards ma dalle principali dodici banche italiane, ergo i soldini li hanno eccome. Oppure il nuovo compratore: dunque la Siderurgica Triestina di Rosato (vedete quante cose si possono fare con una fideiussione di 50.000 euro) perché chi compra, compra tutto, inquinamento compreso.

Ecco su tutto questo parlare noi, come Circolo Miani mettiamo un punto fermo, un fatto.

Abbiamo affidato ad uno studio legale europeo con uffici nella città dove ha sede la Commissione UE e con adeguata rappresentanza in Italia ed in Regione, il compito di vigilare attentamente perché non un centesimo del denaro pubblico, italiano od europeo poco importa, venga speso in violazione delle leggi per pagare oneri e responsabilità di terzi.

E proprio perché come a Poker il Bluff si va a vedere, vogliamo capire di che colore sono i “172 milioni di Arvedi”.

In quanto al contorno di verbi al condizionale che trasuda dalle pagine del piccolo giornale in merito: alle riunioni “semisegrete” di Rosato con i sindacati, in Ferriera; del fatto che già da ieri, primo settembre, sarebbe iniziata la gestione dello stabilimento da parte del Rosato stesso (ecco questo ci mancava: non è stato fatto nemmeno il preliminare e versata la caparra ma ti danno comunque le chiavi di casa e ti fanno cambiare, sempre il maranza a scrivere, pure il direttore della fabbrica). In quanto poi “ottemperare alle prescrizioni dell’AIA” la domanda al maranza sorge spontanea. Quale Autorizzazione Integrata Ambientale? Quella precedente è scaduta da tempo e, come ha pubblicamente, dalle stesse pagine del piccolo giornale sulle quali opera “l’inviato a Roma”, rilevato il Sostituto Procuratore Frezza senza per altro dar seguito ad iniziative giudiziarie, le sue prescrizioni, talmente generiche e confuse (sono sempre parole di Frezza) non sono state applicate. Ergo la Ferriera dovrebbe stare ferma, ma così non è. E la nuova AIA è di là da venire perché ancora manca una proprietà certa (la vecchia è in procedura fallimentare).

Ultimissimo fatto. Se partono i lavori della Piattaforma Logistica (entro trenta giorni) come annunciato dall’Autorità Portuale, chi paga lo sgombero delle centinaia di migliaia di tonnellate accumulate nella discarica, abusiva, di “Punta Loppa”, si la “collinetta della vergogna” allo Scalo Legnami formata sotto il naso, gli occhi evidentemente li tenevano chiusi, dei controllori pubblici con i rifiuti “speciali” negli anni in cui anche Rosato dirigeva lo stabilimento? E fanno come minimo dieci milioncini di euro in più. E poi chi paga lo spostamento delle pompe a mare di Altoforno e Cokeria che in quel pezzo di costa sono piazzate?.

Una risposta, please, che il piatto piange.




Ottantatre morti senza giustizia.

» Inviato da valmaura il 15 August, 2014 alle 11:59 am

Spettabile

Procura della Repubblica

Tribunale di Trieste

 

Oggetto: esposto – denuncia

 

Preso atto che con comunicato stampa a firma del Procuratore Capo facente funzioni, il Sostituto Federico Frezza, di data 30 novembre 2013, illustrato in due apposite conferenze stampa da lui convocate in Tribunale, si rimarcava la drammaticità di quanto contenuto nella perizia-relazione inviatagli in data 22 novembre 2013 dall’Azienda Sanitaria territoriale di Trieste a prima firma del dott. Valentino Patussi, responsabile del Dipartimento di Prevenzione, che ingloba l’ex Medicina del Lavoro, dell’ASS.

Preso atto che nel periodo preso in esame si metteva in stretta correlazione il decesso di 83 lavoratori dello stabilimento Ferriera di Servola, di proprietà della Lucchini Italia, al ciclo produttivo ed alle mansioni svolte dagli stessi all’interno degli impianti, pur limitandosi all’esame di sole tre tipologie tumorali (Polmone, Mesotelioma e Vescica), fatto di per se esclusivo di altre affezioni (per esempio gravi patologie non tumorali all’apparato respiratorio: Broncopatie ostruttive in primis e che stando ai dati Inail incidono fortemente nel rilascio di pensioni infortunistiche a lavoratori ancora in servizio in Ferriera) o altri tipi di neoplasie e/o leucemie correlati alle immissioni inquinanti, in particolare al BenzoApirene.

Preso atto che la stessa Procura indicava nel gennaio 2014 il periodo di avvio di altra è più approfondita indagine peritale sui lavoratori dello stabilimento ed anche invitava l’Azienda Sanitaria a svolgere una completa indagine epidemiologica sui residenti all’esterno dello stesso (l’Arpa FVG in una ponderosa relazione del luglio 2009 aveva dimostrato come in realtà le emissioni inquinanti della Ferriera coinvolgessero tutto il territorio della provincia di Trieste e come addirittura in presenza di determinate condizioni meteo esse arrivassero ad interessare i Comuni di Monfalcone e Grado. Mentre gli effetti sul Comune di Capodistria sono stati evidenziati da una relazione dell’Arpa della Repubblica Slovena a seguito di un mandato ricevuto dal locale Sindaco dopo una perizia dell’Azienda sanitaria slovena che evidenziava come quasi un terzo dei bambini, campione tra i zero e dodici anni di età, risiedenti nel territorio di quel Comune rivolto verso il Vallone di Muggia già soffrivano di patologie croniche all’apparato respiratorio. E come tale fatto fosse da mettere in correlazione con il particolato, PM 2.5, PM 10 e idrocarburi, proveniente da Trieste a seguito del flusso dei venti).

Ricordato che dal novembre 1998 lo scrivente, il Circolo Miani, Romano Pezzetta, Servola Respira in più occasioni, anche in riunioni ufficiali, accompagnati da alcuni medici del Centro Tumori e dell’ospedale pediatrico Burlo Garofalo di Trieste, avessero inutilmente chiesto ai vertici dell’ASS triestina, di realizzare una indagine epidemiologica sulla popolazione della nostra provincia, basti solo correlare i drammatici dati evidenziati dall’indagine slovena con il vicino (e molto più vicino alla Ferriera) e sottostante Comune di Muggia, ottenendone sempre un secco rifiuto. Nonostante una indagine, finanziata dalla Fondazione CRT, e curata dai medici in servizio al Pronto Soccorso dell’ospedale pediatrico, già nel 1998, in particolare dal dott. Mario Canciani, oggi responsabile del servizio di Allergo-pneumologia della clinica universitaria pediatrica dell’Ospedale di Udine, avesse dimostrato che i bambini trattati dal quel Pronto Soccorso provenissero in maggioranza dalle aree territoriali più investite dalle emissioni industriali (da Muggia ai Campi Elisi).

Ricordato che in questi ultimi anni si sono susseguiti procedimenti e conseguenti condanne emesse dai Tribunali della nostra Repubblica (a Taranto due mesi fà circa il Tribunale ha condannato, in primo grado, l’attuale Commissario governativo della Lucchini, dunque anche della Ferriera di Trieste, Nardi, ad una pena di 8 anni e 6 mesi, più quota a parte di una provvisionale risarcitoria di 3 milioni e 500 mila euro, per “omicidio colposo e strage ambientale”, addebitandogli la responsabilità della morte di una decina di lavoratori quando era dirigente all’Ilva), anche a partire dalle vicine Venezia, Gorizia e Monfalcone.

Tutto ciò rilevato si chiede a questa Procura di verificare se quanto contenuto in questa denuncia, in particolare nelle ultime relazioni prodotte dai periti del Sostituto Procuratore Frezza, e dalla relazione dell’Azienda Sanitaria Triestina sopra citata, e di quanto già esposto formalmente a questo Ufficio nel gennaio 2011 dallo scrivente e dal Circolo Miani (non si allegano atti in quanto essi sono tutti già in possesso della Procura medesima) rilevi l’esistenza di una responsabilità penale per i fatti interessati e se questa possa coinvolgere i soggetti temporalmente responsabili dell’azienda ed eventualmente coloro che avevano il compito istituzionale di tutelare la salute pubblica ad ogni livello: politico, amministrativo, tecnico.

Lo scrivente chiede di essere informato dello sviluppo delle indagini al fine di poter esercitare eventualmente il suo diritto di costituirsi parte civile nel procedimento ed anche in caso di eventuale richiesta di archiviazione dello stesso.

Trieste, 14 agosto 2014.

Maurizio Fogar




Torrenti Controcorrente.

» Inviato da valmaura il 9 August, 2014 alle 1:17 pm

Davvero è stupefacente quante cose si possono dire, e pubblicare, senza senso e logica alcuna.

Un esempio a caso. Oggi grande spazio sul piccolo giornale alle dichiarazioni del capogruppo PD in consiglio regionale, non ce ne sovviene il nome ma tanto è lo stesso, che sostiene come la revoca delle deleghe al Torrenti (Cultura, Sport e Solidarietà, e per favore non fate battutacce) da parte della Serracchiani sia “seppure non dovuta”.

Ma come: quel “niente indagati in Regione” imposto dalla segretaria regionale PD, sempre Debora Serracchiani, in occasione della presentazione delle liste elettorali, cos’era? Uno scherzo di carnevale? Oppure vale solo nei giorni dispari ed esclusivamente negli anni bisestili?

E poi, infierendo su se stesso, prosegue imperterrito: “Questione antecedente alla carica (non è vero, a fine 2013 Torrenti era assessore da sei mesi, e poi che ci azzecca? Se uno ammazza prima di ricoprire una carica, poi però da “incaricato” non accoppa più, va bene lo stesso?), ma in parte inerente al referato che ricopre”. E di grazia ci vuol dire le altre parti a qual referato ineriscono? Alla Sanità, all’Agricoltura, ai Boschi? Ci aiuti per favore, essere capigruppo vorrà ben dire qualcosa.

Poi per nulla inatteso giunge l’appello dei beneficiati dal Torrenti, che non intendono, e ci mancherebbe, interferire con l’operato della Procura anche perché Dio non voglia che magari arrivi qualche agente della Guardia di Finanza a sbirciare i conti, ma tutti ad incensare il Torrenti dispensiere di fondi. Il fisso è questo ed infatti basta andare a rileggersi la lista del riparto, ordinario e di assestamento, dell’Assessorato alla Cultura per trovarseli tutti lì, i sostenitori oggi di Torrenti, con una cifra in euro accanto al nome.

Ecco poi qualcuno parla di sciacalli, ma queste bestie sono delle creature simpaticamente innocenti se confrontate ai sepolcri imbiancati che si aprono in questi giorni. E francamente dispiace per alcuni degli amici che in questi anni hanno dato l’anima per il Teatro Miela e che non meritano oggi di essere coinvolti, ma sono certo capiranno sconcerto ed imbarazzo di chi magari pagava il prezzo d’affitto della sala del teatro ignorando di finanziare così indirettamente le campagne elettorali altrui.

Colpisce per altro che il Torrenti fosse stato convocato già in Procura per quel “chiarimento” che con tanta ansia a suo dire attende, ma non si sarebbe presentato. Un po’ anomalo per chi ritiene si tratti solo di un malinteso.

Non ci stupisce poi che il piccolo giornale abbia dato mezza pagina e passa di intervista all’indagato per “truffa aggravata”, forse i magistrati inquirenti avranno di che ringraziare, per un chiarimento a mezzo stampa. Appunto esattamente il contrario di quanto sostiene l’interessato ma con certi organi di “informazione” va bene così, peccato che quando ci furono in passato vicende, per altro molto meno gravi, per imputazioni e importi, lo stesso quotidiano si guardò bene dal concedere una riga che è una alle dichiarazioni dell’indagato e tanto meno ci furono appelli di sorta dai soliti ambienti. Per nostra fortuna e infatti fummo assolti con la formula più ampia.

Forse tutti questi spontanei e disinteressati amici farebbero bene a suggerire al Torrenti di difendersi nel processo e non dal processo.





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