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Circolo Miani » News Correnti » Page 330

I conti di Arvedi. Trieste, Cremona e la Ferriera.

» Inviato da valmaura il 26 January, 2017 alle 1:49 pm

Riproduzione vietata senza espressa citazione della fonte.

 

Da far leggere dieci volte al giorno per dieci giorni a Maranzana del Piccolo.

Per i politici di tutti i colori temiamo non sia sufficiente.

La capofila del gruppo Arvedi (stabilimenti principali a Cremona e Trieste) è la FinArvedi, la holding del gruppo che controlla, è proprietaria, di tutte le altre società (da Acciaierie Arvedi a Siderurgica Triestina).

Partiamo appunto da questa (sono disponibili i bilanci 2014-2015).

Premessa: nel gruppo Finarvedi gli utili li porta a casa il settore Inox mentre il settore Acciaio dà volumi (fatturato) ma non ha margini.

Le passività a bilancio erano di Un miliardo e 600 milioni di cui la metà verso i fornitori, a dodici mesi, insomma l’indotto, e quasi 500 milioni con le banche.

Passiamo ora ad Acciaierie Arvedi.

Acciaieria Arvedi dal 2009 al 2015, in 7 anni, ha perso oltre 21 milioni nonostante i 200 e passa  milioni di certificati bianchi, soldi pubblici per riduzione consumi, che lo stato italiano  ha erogato ad Arvedi prendendo i quattrini dalle nostre bollette della luce.

Acciaieria Arvedi dal 2006 al 2015, in dieci anni, ha visto aumentare i debiti di oltre 800 milioni arrivando a quasi 1,1 miliardi di euro. In questo periodo il capitale sociale, vale a dire i soldi del proprietario cav. Arvedi, sono aumentati solo di 94 milioni, ma grazie ai 60 milioni che Arvedi ha incassato nel 2014 da Siemens per la vendita del suo brevetto in Cina.

Sembrerebbe talmente in difficoltà che per incassare soldi accetta di avere un concorrente con la medesima tecnologia (ma a costo manodopera inferiore) in Cina.

Dal 2006 in poi la ditta ha messo a punto e realizzato un grosso programma di investimenti coperti praticamente solo con debiti che non ha dato risultati economici, ma solo perdite...e per fortuna del cav. Arvedi che c'erano i 200 e passa milioni statali (certificati bianchi).

Passiamo ora a Siderurgica Triestina.

Premessa. Siderurgica Triestina ha ricevuto nel 2015 dalla Regione FVG un  corrispettivo contrattuale per il mantenimento dell’operatività del sito di Servola per Euro 5.790.000. L'accordo di programma prevede questo corrispettivo.

Significa che al netto di questo contributo pubblico una tantum, nel 2015 perdeva nell'ordine di mezzo milione di euro al mese.

Alcune considerazioni.

FORTE LEVA DEBITORIA Il solo indebitamento bancario è pari a 115 milioni a fronte di un capitale sociale (apportato da Arvedi) di soli 500 mila euro. E questo con un fatturato per vendite di 134 milioni, in pratica quasi in linea con il suo indebitamento. Quindi non può permettersi di ridurre la produzione o di dismettere attività produttive.

DEBITO 

L'indebitamento bancario a medio/lungo è dovuto a 70 milioni erogati da BEI (a fine 2015 pari a 66 milioni) e da 20 milioni erogati da Mediocredito Friuli VG. Sono presenti poi ulteriori 20 milioni di debiti a breve termine.

 1. La Regione Friuli V.G. non è in conflitto di interessi: controlla, emette AIA e finanzia Siderurgica Triestina (Mediocredito Friuli è controllato al 55% da Regione FVG)? 

  2. L'erogazione della BEI avvenuta a giugno 2015 quando l'AIA è stata emessa solo il 27.01.2016

Bonifica

 Degli oltre 20 milioni incassati dal liquidatore Lucchini, Nardi, per le bonifiche, sono stati spesi poco più della metà: rimangono 9 milioni da spendere.

Investimenti

Siderurgica Triestina si era impegnata ad investire 172 milioni nel periodo 2014-2016, di cui 140 nel biennio 2014-2015. Nel biennio 2014-2015 gli investimenti sono stati nell'ordine di circa 75 milioni: insomma pochi spiccioli oltre la meta’.

In pratica si confermano le parole (2014) del sen. Mucchetti che si mostrava preoccupato per l'eccessivo indebitamento delle aziende di Arvedi, cosa che sta avvenendo anche a Trieste. 

Questo, tuttavia, è in linea con quanto dichiarato dall'azienda nel 2014 quando affermava che il socio (Arvedi) avrebbe versato 10 milioni. Ad oggi sono stati versati neanche 2 milioni. 

1. Regione FVG è conscia della pesante situazione debitoria e dell'elevata leva finanziaria che, in base anche al più basilare libro di ragioneria, evidenzia una pesante sottocapitalizzazione?

 2. Regione FVG di fatto sapeva che saremmo arrivati a questa situazione perché nel piano finanziario presentato nel 2014 si indicava che Arvedi avrebbe messo 10 milioni mentre si sarebbe indebitato per 140 milioni, con un effetto leva molto importante, quasi insostenibile. 

Alcune osservazioni.

1- resoconto audizione commissione industria (2014) del Senato in cui il Presidente Mucchetti afferma che " Infine, ritiene che il Gruppo Arvedi, sebbene italiano, stia attraversando una fase di criticità finanziaria non ideale per porre le basi del rilancio del Gruppo Ilva. Inoltre ha una struttura improntata ad una capitalismo familiare mentre il Gruppo Ilva, a suo giudizio, dovrebbe passare ad una struttura proprietaria più manageriale."

2. intervista del FattoQuotidiano: Mucchetti afferma che "Si è fatto vivo Giovanni Arvedi, ottimo industriale con molti debiti e una successione da inventare."

Il fido europeo.

Una boccata di ossigeno ad Arvedi la da la Banca Europea di Investimenti, BEI, quando nel giugno 2015 eroga un fido per cento milioni di euro, sui duecento chiesti da Arvedi, peccato che nella istruttoria della Banca Europea si vincoli la erogazione al conseguimento della AIA per la Ferriera di Trieste da parte della Regione FVG, emessa appena nel gennaio 2016, e della VIA per Cremona, conclusa un anno dopo nel giugno 2016.

Poi invece la BEI da per scontato che Arvedi riceva le autorizzazioni tanto da richiedere non il documento della VIA o l'AIA nuova, ma solo una relazione non tecnica redatta dai consulenti Arvedi. Come chiedere all'oste se il suo vino è buono!!

Il laminatoio da 111 milioni.

L'impianto, come scrive anche Il Sole24ore, arriva dal fallimento della fabbrica americana di Sparrows Point, il cui penultimo proprietario era stata la russa Severstal, proprietaria anche della Lucchini Italia.

In una intervista sulla stampa USA colui che ne fu il proprietario  indica "sei ragioni per cui le acciaierie di Sparrows Point sono fallite". Al punto 1 indica GLI IMPIANTI OBSOLETI e dichiara "even worse, its 68inch hot strip mill dates back to 1947. Employees have made heroic efforts to keep these antiques running. But it’s a losing game." [molto peggio il laminatoio datato 1947. Gli operai fecero sforzi eroici per far funzionare questa anticaglia. Ma non ci riuscirono.]

L'impianto di laminazione è stato oggetto di un revamping (manutenzione straordinaria) negli anni '80.

Questo abbiamo esposto nella Audizione in Prefettura alla Commissione Industria.

Maranzana sul Piccolo oggi titola “La sfida di Arvedi”, con questi numeri che “il giornalista” si e’ ben guardato dal leggere, appare persa in partenza!

Nel contempo nel suo articolo i numeri dei dipendenti, diretti e indiretti, sono lievitati a 1000, e sono sparite le banche, dodici: le maggiori, tra i vecchi proprietari obbligate a pagare i costi delle bonifiche. Complimenti vivissimi.

Adesso capite le ragioni per cui ci oscurano!




Lettera a Dipiazza.

» Inviato da valmaura il 24 January, 2017 alle 12:15 pm

CARO ROBERTO,

Ti scrivo questa lettera aperta da amico, se me lo concedi, e la indirizzo all’uomo non al politico, in questo caso Sindaco di Trieste.

La retromarcia di ieri sulla sala dove celebrare le unioni civili, se ai fini politici è la presa d’atto di una sciocchezza, uno sbaglio della Tua Giunta, è in realtà l’emblema di una campagna di cui la Tua amministrazione si è resa protagonista in questi primi sette mesi di mandato.

Direi anzi che la gente normale non si ricorda altro che queste vostre uscite “infortunistiche”.

Lo striscione per Giulio Regeni tolto in modo così goffo ed ancora peggio giustificato.

Il sequestro degli strumenti musicali ai suonatori ambulanti non “burocratizzati”.

Il nuovo regolamento di polizia municipale che oramai è divenuta una barzelletta di cattivo gusto.

Il sequestro di coperte, abiti e scarpe ai senza fissa dimora.

Caro Roberto, faccio fatica a riconoscerTi perché, per chi non lo sa, tu sei un buono, e tutto questo puzza invece di astio, di cattiveria gratuita, di dispetto da asilo.

Non parliamo poi della vicenda Ferriera.

Ti ho detto ancora in campagna elettorale che avevi imboccato una strada senza uscita se, e sottolineo quel se, l’obbiettivo reale era di arrivare ad una rapida chiusura dell’area a caldo e nello stesso tempo la conservazione dei posti di lavoro.

I fatti fino ad oggi mi danno pienamente ragione e se mai l’area a caldo e forse anche qualcosa di più verrà dismessa lo sarà per scelta e calcolo della proprietà, di Arvedi.

Senza merito alcuno da parte Tua ed anzi con l’accusa di aver messo in strada tante famiglie.

Io non voglio poi nemmeno ipotizzare che qualcuno voglia trascinare avanti irrisolto il problema per trarne guadagno elettorale alle prossime elezioni regionali.

Sarebbe un gesto di disumana irresponsabilità e di spregevole cinismo.

Pertanto Roberto Ti chiedo di fermarTi un attimo e di riflettere: a partire da quelle che erano le Tue promesse in campagna elettorale e le aspettative di chi Ti ha votato, e di quelle che sono le vere emergenze, le immediate priorità per la nostra città e per le persone che la vivono.

Un abbraccio

Maurizio Fogar




Credevamo fosse amore invece era un calesse, di Arvedi.

» Inviato da valmaura il 20 January, 2017 alle 1:00 pm

Non volevamo andarci, all’audizione con la Commissione Industria del Senato guidata dal giornalista Massimo Mucchetti, ed il perché lo trovate scritto qui sotto nella pagina con il titolo “Inutili quanto futili”.

Ma dopo una non breve telefonata fatta da Mucchetti a Maurizio Fogar, ci siamo recati in Prefettura (Romano Pezzetta per Servola Respira e Maurizio Fogar per il Circolo Miani) distinti e distanti dagli altri “auditi”, quanto inesistenti per stampa e TiVù.

Nel corso della telefonata, oltre a ribadire il “focus” dell’iniziativa triestina che prosegue oggi a Cremona e domani a Taranto, che era quello di valutare la solidità economica della società Siderurgica Triestina in Arvedi nell’ambito del percorso di assegnazione il prossimo mese dell’Ilva di Taranto con annessi 1 miliardo e trecento milioni di euro a cui concorre il gruppo Arvedi, il Mucchetti ci chiedeva di procuragli i bilanci societari “vi sarò grato, anzi stragrato” sono state le sue esatte ed un po’ sorprendenti parole (si possono scaricare da internet).

Insisteva il Mucchetti che scopo della Commissione non era valutare gli impatti ambientali che per quello ci aveva già pensato la competente Commissione Ambiente del Senato, in visita a Trieste un due annetti fa e loro avevano “letto le carte”, e d’altronde la lettera d’invito inviata dal Prefetto lo scriveva chiaro.

Definiva inoltre un puro gesto di cortesia istituzionale l’aver fatto invitare le associazioni “ambientaliste” alle audizioni. Fine della telefonata.

Di questo informavamo pure il Sindaco avvertendolo di cosa si sarebbe parlato anche nei suoi quaranta minuti di audizione, di modo che, se lo ritenesse, potesse calibrare meglio il suo intervento.

Ma senza apparente riscontro, a quanto riferito dalla stampa.

L’incipit dell’audizione non è stato dei migliori, anzi diciamo pure pessimo nella sgradevolezza che Mucchetti, a tutti pare, ha riservato. In sintesi “siamo in ritardo e pertanto avete pochi minuti”.

La voglia di non sedersi nemmeno, di salutare ed andarsene è stata forte anche perché quale credibilità ha una Commissione che non sa scrivere nemmeno la sua agenda e non è capace di gestire tempi e modi degli incontri con le persone che invita. E che sono presenti a tempo e spese loro, costretti ad attendere quasi un’ora, contrariamente agli lautamente indennizzati senatori in missione.

Transeat.

Abbiamo consegnato a Mucchetti ed agli altri tre senatori (uno del PD, uno di Forza Italia ed uno dei Cinque Stelle) il chilo e passa di fotocopie dei documenti richiesti dal Mucchetti medesimo che, a ringraziamento, ci ha risposto che si potevano benissimo trovare “sui server”.

Un giornalista senza memoria dunque.

Il quadro economico dalla disamina dei bilanci e delle istruttorie della FinArvedi, delle Acciaierie Arvedi e di Siderurgica Triestina lo presenteremo domani, ma lo stato che ne esce non è proprio incoraggiante, per Arvedi si intende, salvo che per Mucchetti che lo ha giustificato affermando di “saper leggere anche lui i bilanci”. Ci contavamo, e speriamo non come per il Monte Paschi di Siena, Banca Etruria e consimili.

Poi alla Conferenza Stampa della Commissione in missione leggiamo che il suo Presidente ha parlato principalmente di questioni ambientali, a partire dalla visita mattutina in Ferriera, dove notoriamente i turisti entrano “baui ed escono cassoni”.

Ma se si è già deciso di assegnare l’Ilva alla cordata Arvedi, con i soldi pubblici della Cassa Depositi e Prestiti, risparmiateci almeno le spese di queste manfrine.




Ferriera. “Quello che non ho …” (parte prima)

» Inviato da valmaura il 18 January, 2017 alle 12:44 pm

Se fossi Sindaco ... di Maurizio Fogar.

La nuova amministrazione comunale avrebbe potuto, e dovuto, visti gli impegni presi in campagna elettorale, nei suoi primi sei mesi predisporre e dare attuazione ad un serio piano di monitoraggio delle emissioni in uscita dalla Ferriera. In questo e solo in questo troverebbe giustificazione l’assunzione di un chimico, il dott. Barbieri, quale consulente del Comune.
Posto che l’attuale legge fissa nelle Arpa l’unico strumento, a parte eventuali autonome decisioni assunte dalla magistratura, per le misurazioni ufficiali sullo stato dell’inquinamento.
E posto che l’attuale Sindaco ha messo più volte pubblicamente in discussione l’attendibilità delle attività dell’Arpa. E che la storia di questi anni ha dimostrato l’esistenza di discrepanze tra i dati forniti dall’Arpa stessa e quelli rilevati dai periti della Procura.
Il Comune, con l’ausilio del suo consulente, avrebbe dovuto varare una seria mappa per il controllo di quanto esce dalla Ferriera, considerando che ad oggi il 60% dell’area attorno allo stabilimento è priva di sistemi di monitoraggio e che per giunta nella diffusione dei dati rilevati non si tiene conto, rendendola pubblica, della direzione dei venti.
Una prima proposta avrebbe dovuto contenere l’installazione di almeno tre nuove centraline da parte dell’Arpa-Regione da posizionare una sul Molo Settimo, la seconda sulla diga Luigi Rizzo, lato Muggia, e la terza nel porto industriale direzione Aquilinia.
Un secondo passo sarebbe stato dotare tutte le centraline in funzione della strumentazione per misurare, oltre alle attuali polveri sottili PM10, le micro polveri (le più nocive per la salute) PM2.5, come per altro previsto dalla legge, e le emissioni di BenzoApirene.
Il terzo passaggio sarebbe stato quello di far certificare e validare il funzionamento delle centraline e della loro strumentazione da un ente terzo, come a suo tempo fatto per la centralina-mezzo mobile di via San Lorenzo in Selva.
Ente terzo che avrebbe potuto essere l’Agenzia Europea per l’Ambiente (di gran lunga preferibile) oppure in subordine, come per via San Lorenzo, la Direzione centrale del Ministero dell’Ambiente. Tale ente terzo sarebbe poi stato autorizzato a controlli a campione da effettuare senza preavviso sulle centraline stesse.
Ultimo ma non meno importante atto, il Comune avrebbe dovuto varare, in collaborazione con la Regione o in caso ostativo da solo con l’appoggio del consulente, finalmente, visto che la legge fissava la sua entrata in vigore non oltre il maggio 2005 (!), il Piano d’Azione Comunale (PAC) contro l’inquinamento da fonte industriale con relative sanzioni.
Da notare che il Comune di Trieste è pure tuttora privo di un piano cittadino contro l’inquinamento acustico.
Attualmente il Comune infatti ha in funzione solo due PAC dei tre previsti per legge: quello sull’inquinamento da mobilità (traffico) e quello da inquinamento dovuto agli impianti di riscaldamento.
Insomma concludendo, l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto usare questi suoi primi sei mesi per dotarsi di dati finalmente attendibili (e rispettosi della legge per quanto riguarda le micro polveri 2.5) su stato e qualità dell’aria, e dello strumento di legge operativo per emettere ordinanze sanzionatorie nei confronti delle industrie inquinanti (il PAC).
Avrebbe potuto anche ad esempio sollecitare, visto che l’inquinamento delle falde acquifere è stato già trovato e provato dai tecnici del Ministero dell’Ambiente (verbali Conferenze Servizi Decisorie Ministero Ambiente anni 2006-2010), e dare il via ad una campagna di prelievi nelle acque e nei fondali del mare del Vallone di Muggia prospiciente l’area occupata dalla Ferriera.
Tutto questo purtroppo non è stato fatto né tantomeno pensato dai troppi che straparlano del problema senza minimamente conoscerlo.
Forse lo scopiazzeranno da qui e lo spacceranno come loro magari usando della stampa “amica”.
https://www.youtube.com/watch?v=m3ZGdzuvcws




Errare è umano, perseverare diabolico! PD e Ferriera, ma non solo.

» Inviato da valmaura il 16 January, 2017 alle 2:52 pm

Lascia veramente increduli la posizione confermata domenica scorsa dal PD provinciale e dal fu sindaco Cosolini su Ferriera e dintorni. Dove i dintorni stanno per tutto il resto. Ovvero per il rapporto tra politica e territorio.

Come se il filotto interminabile di disastrose sconfitte, a cominciare da quelle di maggio a Trieste e Pordenone, proseguite con le comunali di Monfalcone, Ronchi e Codroipo, e temporaneamente chiusesi con la debacle referendaria dove il NO in Regione ha quasi raggiunto il 70%, non avesse insegnato nulla ai Democratici del Friuli Venezia Giulia.

E visto che prima o poi si torna a votare, ovvero ai seggi andrà meno della metà degli aventi diritto ed anche questo sembra non turbare la coscienza dei politici piddini come quella di tutti gli altri, vuoi per le politiche anticipate, vuoi per altre elezioni locali: da Udine e Gorizia a San Dorligo, fino alle regionali della primavera del 2018, la cosa assume le proporzioni di un vero psicodramma.

Finora le discussioni interne e le dichiarazioni sulla stampa hanno dimostrato che il gruppo dirigente del PD, in regione ed a Trieste, è impermeabile alla realtà che lo circonda e la per altro limitata discussione ha assunto toni di assoluta autoreferenzialità, confermando un distacco abissale tra partito e comunità.

Oddio partito può sembrare parola grossa, che i numeri sul tracollo del tesseramento, e soprattutto capacità di ascolto del territorio (non dei quattro soliti pseudointellettuali d’area)  e di apertura alla vera e non parolaia partecipazione di cittadini, parlano da soli.

Ebbene pur essendo sull’orlo di un precipizio il PD sembra fermamente deciso a fare il metaforico “passo in avanti” ed a dimostrazione dell’antico detto che “Giove acceca chi vuole perdersi” nulla sembra riuscire a farli ragionare.

Persi completamente gli ideali ed i valori di riferimento, l’orgogliosa “diversità” di Enrico Berlinguer.

Dimenticata completamente la cultura sociale del movimento operaio (esemplare di questo la risposta data dall’allora neosegretario provinciale Cosolini alla Paola Bolis che lo intervistava sul Piccolo: “Sulla Ferriera tra lavoro e salute, lei cosa sceglie?  Il lavoro” rispose senza indugio e tentennamento alcuno lo sventurato. Fanculizzando in un colpo solo tutta l’importante esperienza sociale e politica del movimento operaio e sindacale che negli Stati Uniti, a partire dagli anni Venti del Novecento, e poi in tutto il mondo industriale, aveva capito che accettare il ricatto padronale tra lavoro e salute, significava aver perso in partenza.).

Smarrito il principio della difesa ad oltranza della legalità, di spazi e regole democratiche e della dignità della politica.

Archiviato ogni confronto faccia a faccia con la gente normale, non con gli amici di casta e costumi, che è una pratica dura assai, specialmente ai giorni nostri.

Lo stesso linguaggio usato è divenuto distante anni luce da quello praticato nella realtà.

Ed i risultati si vedono. Perdita completa di consensi nelle periferie, negli strati più deboli e indifesi della nostra società (quelli per la cui difesa era nata la sinistra), disastri epocali nella sanità e nel welfare, una politica pseudo culturale che fa rivoltare Gramsci, Dossetti e Lorenzo Milani nelle tombe.

Una mancanza di iniziativa e audacia nella emergenza “migranti” che li rende perennemente succubi agli slogans leghisti.

E potremmo continuare quasi all’infinito con dettagliata casistica.

Riesumare il “Che fare?” di Lenin, no?





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