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Circolo Miani » News Correnti » Page 32

Solita avventura quotidiana.

» Inviato da valmaura il 19 June, 2022 alle 12:14 pm

Come ogni mattina imbocco la rampa della (super)strada a Sant'Andrea direzione Valmaura.
Cammino a 55 km all'ora, dunque cinque oltre al limite fissato di 50, mi superano tutti, dai camion ai pullman, per non parlare dei motocicli.
Fa caldo e tengo i finestrini aperti, un cento metri prima dell'imbocco della galleria di Servola vengo avvolto da un tanfo di merda ritualmente offerto dal nuovissimo Depuratore fognario cittadino e la macchina si trasforma in una camera a gas di guano, sotto la galleria, che funge da camino, l'aria è letteralmente irrespirabile.
Esco a Valmaura imprecando contro tutti gli amministratori del Calendario triestino.
Ecco questo mi capita due volte al giorno, mattina e pomeriggio, andata e ritorno da anni.
Di controlli della velocità sulla strada che non è “super” perchè non ha la corsia d'emergenza, mai visti, nonostante questa sia l'arteria più incidentata del Comune.
Altro da suggerire?



Storia. Il contesto ed i numeri nella Giornata del Ricordo ed ora del 12 giugno.

» Inviato da valmaura il 17 June, 2022 alle 11:28 am

Purtroppo ancora molte persone, soprattutto tra coloro che non hanno vissuto quei periodi ma che sono nati e cresciuti qui, si rifiutano di accettare la realtà contestuale in cui i fatti si svolsero.
In parte anche comprensibile perchè una cosa è scrivere la storia, altra cosa è invece viverla anche per interposta persona.
La seconda Guerra Mondiale scatenata dall'Asse Berlino, Roma, Tokio, con la partecipazione dei loro stati satellite, causò, oltre a devastazioni indicibili 50 milioni di morti per la gran parte civili.
Di questi 12 milioni (oltre 6 milioni gli ebrei) morirono nei lager nazisti o per schiavitù lavorativa al servizio della Germania. La sola Polonia, a seguito dell'aggressione e dell'occupazione nazista, perse un terzo della sua intera popolazione; la Russia ebbe 30 milioni di morti, in gran parte civili.
Per restare all'Italia furono ben oltre i 600.000 gli internati militari italiani (IMI) dopo l'8 settembre 1943, e di questi 50.000 circa morirono di fame, stenti e fatica in Germania.
Durante e soprattutto alla fine della Guerra, o subito dopo, furono quasi 12 milioni gli europei protagonisti, loro malgrado, di “esodi” o fughe e abbandoni di terre e case.
Ma il “contesto” non può esimersi dal ricordo del nostro particolare: ovvero dalle politiche, dagli eccidi e deportazioni attuate nella Venezia Giulia e poi nella provincia di Lubiana, e in Croazia-Montenegro dal Regime fascista e dalle truppe di occupazione del Regio Esercito.
Non è un mistero che a partire dall'incendio del Balkan a Trieste nel luglio 1920, in quello che Renzo De Felice definì "il vero battesimo dello squadrismo organizzato", ad opera dei fascisti triestini guidati da uno dei più feroci capimanipolo, Francesco Giunta, poi premiato come segretario nazionale del Partito Fascista, con incarichi nei Governi Mussolini ed infine come Governatore della Dalmazia, la politica portata avanti per 25 anni dal Regime fu di snazionalizzazione totale nei confronti delle ampie minoranze slovene e croate (proibizione di usare la madrelingua, cambiamento forzato dei cognomi, abolizione di scuole, associazioni, anche sportive, e istituti pubblici e privati). Oltre a violenti episodi di bastonature, incendi di abitazioni, uccisioni di cui ci testimoniano anche le lapidi sparse per mezzo Carso.
La parte più feroce del suo delinquenziale operato il Tribunale Speciale istituito dal fascismo la espresse proprio in queste zone con innumerevoli condanne a morte verso Sloveni e Croati.
L'unico caso di rimozione e trasferimento di un Vescovo ed Arcivescovo avvenne a Trieste e Capodistria, con Luigi Fogar, che si oppose alla cancellazione delle messe in Sloveno e Croato, dopo una furibonda campagna denigratoria condotta dal Piccolo di Alessi e dal Prefetto.
Dopo l'invasione nazifascista, ovvero tedesca ed italiana, del regno di Yugoslavia (1941), le truppe di occupazione del nostro esercito si comportarono, non dappertutto va detto, con tale brutalità e ferocia da scandalizzare talvolta perfino i tedeschi, come bene descrivono gli storici a partire da Teodoro Sala ed Enzo Collotti, con rappresaglie, stragi di civili ed incendi di interi villaggi.
Ecco dunque il “contesto” in cui va obbligatoriamente inserita anche la vicenda successiva degli infoibamenti e dell'esodo.
Per i numeri riportiamo quanto pubblicato da noi recentemente. “Gli arrestati nelle province di Trieste (Istria compresa) e Gorizia furono circa 10.000, ma la maggior parte di essi fu liberata nel corso di alcuni anni. Secondo una ricerca condotta a fine anni '50 dall'Istituto centrale di statistica, le vittime civili (infoibati e scomparsi) nel 1945 dalle province di Trieste (Istria compresa), Gorizia ed Udine furono 2.627. Probabilmente la cifra pare leggermente sovrastimata, perché qualche prigioniero può essere rientrato senza darne notizia. D'altra parte, a tale stima vanno aggiunte le circa 500 vittime accertate per Fiume e qualche centinaio dalla provincia di Pola. Inoltre, mancano dal computo i militari della RSI, per i quali il calcolo è difficilissimo, in quanto le fonti non li distinguono dagli altri prigionieri di guerra. Una stima complessiva delle vittime fra le 3.000 e le 4.000 sembra perciò abbastanza ragionevole.”
Lo stesso Sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, nel suo libro parla di 4.500 scomparsi (tra deportati ed infoibati) nell'intera Venezia Giulia.
Ora riteniamo che fanno torto grande assai proprio alle vittime coloro che sparano cifre a casaccio (dai diecimila in su fino al record del Fatto Quotidiano di “oltre 300.000”) come se amplificare i numeri fosse ritenuto necessario per aumentare la gravità dei fatti.
E' invece dannoso, in quanto controproducente, ed inutile in quanto screditante.
L' esodo, anzi gli esodi scaglionati negli anni, coinvolsero 250.000 persone, come risulta dai censimenti pubblici.
Queste cifre e questi fatti non possono prescindere da due considerazioni. La prima che alla fine della Guerra e nelle settimane immediatamente successive in tutta Europa avvenne una ondata di “giustizie sommarie” nei confronti di criminali di guerra e collaborazionisti, reali ed anche purtroppo supposti, degli occupatori nazifascisti. Le stragi di decine di migliaia di persone in Belgio (soprattutto Valloni) ed in Francia stanno a dimostrarlo.
Nello stesso periodo in Europa ci furono decine di migliaia di “liquidazioni” decise da tribunali di guerra volanti dove ci furono vittime sicuramente incolpevoli della pena di morte. In Italia uno per tutti fu il caso di Achille Starace, che affrontò con dignità processo e fucilazione, esattamente il contrario delle sue buffonesche iniziative di quando dirigeva il PNF.
Il caso di cronaca odierna dove la stampa da notizia dell'ennesimo rinvenimento di “foibe” nel nord della Slovenia contenenti migliaia di resti di sloveni e croati eliminati principalmente nel maggio-giugno 1945 è l'ulteriore conferma che la sorte degli italiani fu strettamente legata ad una scelta politico-ideologica, ovvero all'eliminazione sommaria o alla deportazione di tutti coloro che, oltre ad essere accusati di crimini di guerra e collaborazionismo, venivano ritenuti, a torto o ragione, degli oppositori della nascente Repubblica Socialista Jugoslava.
In Austria con la consegna di tutta l'armata Cosacca, rifugiatasi con famiglie al seguito nella piana di Lienz (Ost Tirol), ai Sovietici in vagoni piombati a cura dell'esercito inglese.
E sempre a cura degli Inglesi lo sbarramento delle vie di fuga al confine austriaco di oltre un centinaio di migliaia di Croati, Sloveni, Serbi con famiglie al seguito che poi in gran parte vennero sommariamente uccise da parte dei partigiani jugoslavi, come appunto la notizia di oggi conferma.
Ma ci furono altri episodi non meno significativi di una tragica scelta “politica” e non etnica. Durante i 40 giorni di occupazione jugoslava di Trieste, i muri della città erano tappezzati di manifesti con i nomi dei principali ricercati dalla polizia politica titina: in testa vi figuravano Ercole Miani e Galliano Fogar. Lo stesso Ercole Miani che vide la sua casa devastata una seconda volta (i primi furono i nazifascisti) dagli occupanti jugoslavi. A ulteriore dimostrazione che si riteneva prioritario eliminare quelle voci, non in quanto italiane, ma in quanto antifasciste e che dunque a ragione potevano opporsi a scelte annessionistiche future.
Quando nell'opinione pubblica internazionale scoppiò il caso degli infoibamenti e delle deportazioni fu lo stesso Maresciallo Tito, croato, a convocare d'urgenza a Belgrado il Comandante della Piazza di Trieste, un generale croato eroe della Resistenza, ed a rimproverarlo aspramente per non essere stato capace di evitare quegli episodi. Il generale uscito dal colloquio con Tito rientrò nella sua stanza d'albergo e si sparò un colpo alla tempia. E perchè Tito decise allora di fare questo? Per ragioni umanitarie o più semplicemente perchè queste notizie nuocevano alla trattativa in corso con gli Allleati per l'annessione di Trieste, Gorizia, Venezia Giulia e Slavia Veneta alla nascente Jugoslavia? Noi propendiamo per la seconda ipotesi.
E quanto poco la questione etnica ispirasse l'azione dei vertici jugoslavi lo sta pure a dimostrare la drammatica epopea dei cantierini monfalconesi di tre anni dopo. Ovvero prima accolti a braccia aperte in quanto comunisti italiani e poi dopo la rottura con Stalin, ed il PCI, epurati e rinchiusi in campi di “rieducazione” politica prima di essere espulsi e rimandati in Italia.
Tutto questo senza nulla togliere alla gravità drammatica degli episodi, dove innocenti furono trucidati, dove intere comunità scelsero, si fa generosamente per dire come a Pola, di abbandonare tutto e scappare in una Italia non sempre pronta e capace di accoglierle.
Certamente, soprattutto nelle vicende del settembre 1943 in Istria, a scelte politiche si unirono vendette personali e sociali ma che poi l'Italia fosse sinonimo di Fascismo, e da oltre venti anni, questo altro non era che il risultato caparbiamente cercato e voluto dalla politica del Regime mussoliniano. Nel 1935 dal balcone di Palazzo Venezia il “Duce” annunciando l’invasione dell’Etiopia aveva proclamato “L’identità tra Italia e fascismo è perfetta, assoluta, inalterabile”, tanto per fare un esempio. Allora aveva anche telegrafato a Badoglio e Graziani l’ordine di usare i gas per sterminare gli Etiopi: “Ipritate”! Noi “brava gente” ma non sempre.
Ecco fino a quando non trarremo spunto da ricorrenze quali la Giornata del Ricordo e del Giorno della Memoria per fare i conti con il nostro passato, con la nostra storia recente come invece altri Paesi europei, a partire dalla Germania, hanno fatto, ed in particolare qui a Trieste: la città con il maggior tasso di collaborazionismo spontaneo a favore degli occupanti nazisti in tutta Europa, tutto rimarrà solo polemica politica, rancore personale o gratuite fesserie come il paragone tra il Magazzino 18 ed Auschwitz, tra le foto con cataste di sedie e mobili e quelle con cataste di cadaveri: 1 milione e 500.000 per l'esattezza.
Maurizio Fogar
Nella foto il Comando delle SS in piazza Oberdan a Trieste.



Storia tra destra e sinistra. Per non parlare poi dell'uso fattovi dai partiti.

» Inviato da valmaura il 17 June, 2022 alle 11:26 am

Alcuni ricorrenti commenti in calce ad alcuni nostri recenti articoli sulla questione dell'esodo e delle foibe, questione che rispunta come polemica ogni anno in occasione della Giornata del Ricordo ed anzi con toni sempre più virulenti quanto inappellabili, ci spingono a proporvi questa riflessione.
Non esiste, o meglio non dovrebbe, una storia di “destra” o di “sinistra”.
Se per storia intendiamo la ricostruzione di fatti in un determinato periodo, analizzando il contesto in cui sono avvenuti e la ricerca delle cause che li hanno determinati quanto degli effetti causati.
Per questo, onde evitare di divenire “di parte”, rischio sempre incombente anche contro le buone intenzioni degli storici, nello riscrivere e ricostruire si deve sempre puntigliosamente riportate le “fonti”, ovvero quelle maledette “note” scritte molto spesso in minuscolo, che sono il calvario dei lettori. Ma che sono l'unica garanzia della serietà della ricerca storica. Tante più sono le “fonti” utilizzate e citate, e non tutte sono ancora oggi disponibili e reperibili, tanto più risalta l'autorevolezza della ricostruzione storica.
Diversa cosa è invece la “memorialistica”, ovvero le pubblicazioni, a partire da diari o appunto memorie di chi quei fatti li ha vissuti personalmente o per interposta persona, quasi sempre di suoi famigliari.
Anche se vanno comunque sempre consultati ed inseriti nelle fonti, un attento storico non potrà non tener conto che questi testi subiscono inevitabilmente l'influenza emotiva del soggetto estensore, spesso lacerato da drammatici ricordi, e che pertanto memorie e diari vanno sottoposti ad un più attento e rigoroso riscontro. Ovvero confrontati con altre fonti per essere utilizzati. Tutte cose noiose sin che si vuole per i lettori, ma che vanno sempre riportate.
Non spetta poi allo storico trinciare giudizi o dare risposte in assenza di prove fattuali, ovvero di fatti riscontrati (il caso dell'orrenda strage di Vergarolla è esemplare) ma deve presentare le varie ipotesi sul tappeto approfondendo l'esposizione fin dove ci siano elementi appunto provanti. E dare le sue valutazioni sugli effetti che questi episodi hanno concorso a determinare.
Potrà a taluni, in particolare alle vittime od a parenti di esse, sembrare cinico ma lo storico, che pure avrà maturato sue idee e convinzioni, deve attenersi ai fatti finora noti e riscontrati, magari perseverando nella ricerca di nuovi.
Detto questo chiunque si occupi di ricerca storica deve riconoscere meriti e fatiche di chi lo ha preceduto e da cui in larga parte lui ha tratto il materiale per le sue pubblicazioni.
Non ci possono essere mai, e tantomeno sul tema in oggetto (esodo e foibe), primogeniture e soprattutto silenzi omissivi che per narcisismo personale finiscono per avvallare tesi politiche farlocche e strumentali quali le balle sulle “verità nascoste e sull'omertà”.
Questo si è peccato grave, e danno quanto inganno dell'opinione pubblica.
Contravvenendo a quanto finora scritto daremo qui un giudizio pesante, ma vi assicuriamo accompagnato da tutti i riscontri del caso, sul comportamento di partiti e forze politiche sulle vicende storiche oggetto delle loro strumentalizzazioni a fini di parte ed elettorali. Anche gli ultimi discorsi ed interventi nella Giornata del Ricordo ne sono plastica conferma.
In questo la tragedia dell'esodo ne è cartina di tornasole perfetta. Chi ne parla politicamente, quasi sempre non conosce e non ha letto niente della vicenda. Va ad orecchio ed a slogan fatti e rifatti al fine di trarne il massimo tornaconto personale e partitico. E taluni che presumono di “sapere” provocano danni viepiù maggiori mantenendo e riaprendo ferite mai sopite completamente.
E ciò per chi ha la presunzione, indipendentemente dalla sua parte politica, di rappresentare e governare la nostra comunità (Stato, Regione, Comune) è desolante.
Il contesto ed i numeri. Argomenti fondamentali e di cui scriveremo domani.
Dunque continuate a seguirci mettendo il vostro “Mi Piace” a questa Pagina e … buona lettura.
Maurizio Fogar
Nella foto: un classico esempio di “pigrizia” professionale a manipolazione dell'opinione pubblica, peraltro del tutto inutile perchè di scatti e filmati, spesso molto più “forti”, sull'esodo sono pieni gli archivi.



Lettera, scherzosa ma non troppo, a Zeno.

» Inviato da valmaura il 16 June, 2022 alle 11:36 am

Caro Presidente dell'Autorità Portuale e del Coselag, anche se il Comune nella convocazione della seduta del Consiglio con la tua audizione ha omesso, e si è rifiutato di correggere la dimenticanza immediatamente segnalata, di qualificarti come tale, ripiegando solo sulla qualifica di “presidente Coselag” a confutazione della norma in versione aggiornata: “ubi minor maior cessat”.
Come saprai l'audizione è nata da una mia Mozione fatta propria in Consiglio all'unanimità, come lo stesso Polidori ha ricordato all'inizio.
Detto questo, sono rimasto in parte soddisfatto ed in parte deluso.
Vero è che per oltre metà del tempo il tuo intervento è stato quasi un colloquio a due, avendo dedicato gran parte del tuo discorso a rispondere ai miei cinque quesiti.
Sul primo, ovvero sulla mancanza TOTALE di partecipazione del Comune di Muggia da sei anni a questa parte alle riunioni del Comitato di Gestione dell'Autorità Portuale, quando venivano affrontate questioni, e prese decisioni, che investivano il territorio comunale ed il Vallone di, appunto, Muggia, francamente il tuo cavillare tra “norma e regolamento”, insomma se non è zuppa è pan bagnato, è apparso sgradevolmente specioso.
La rileggiamo assieme la norma regolamentare? “Comitato gestione Autorità Portuale, Articolo 2: Alle sedute possono partecipare, anche in qualità di cointeressati al procedimento ai sensi dell'art.9 della legge 7 agosto 1990, n.241, con diritto di intervento e di espressione di parere sulle materie di rispettivo interesse, ma senza diritto di voto, altresì: a) un rappresentante designato dal Comune di Monfalcone; b) un rappresentante designato dal Comune di Muggia.”
Ciò è avvenuto sistematicamente per la Cisint, sindaco di Monfalcone, e mai per il Sindaco di Muggia. Che poi tu abbia elogiato la Marzi per la sintonia, è fatto privato che mai l'opinione pubblica nulla ha saputo sui rapporti Comune-Porto: e sì che in questi anni avete deciso su Adriaport (ex raffineria Aquila), sul Laminatoio a caldo, sulla Valle delle Noghere, su logistica ed infrastrutture ferroviarie e stradali, e soprattutto sui dragaggi.
Se ti pare poco come “cointeressenza” ai procedimenti ….
In quanto all'indispensabile informazione delle comunità di cittadini e lavoratori (pesca, mitilicultura e turismo, a tenersi stretti) ed alla loro partecipazione informata alle scelte che investono la loro vita, fa torto alla tua intelligenza richiamarsi alle forme ed ai riti della democrazia rappresentativa, e cioè ridurre il tutto a rapportarsi con i sindaci.
Ma “rappresentanti” di che democrazia, se oramai da anni oltre il 50% degli elettori non vota più e gli amministratori risultano eletti con il suffragio di un 20-25% dei cittadini.
E se non bastasse la “sintonia con la Marzi” ha prodotto la rivolta di Muggia contro l'ipotesi Laminatoio decisa sulla testa ed all'insaputa dei cittadini, e conosciuta solo grazie alle campagne informative promosse dal Circolo Miani.
Voglio dunque confidare che la tua affermazione sia stata solo una concessione istituzionale all'ospite, e che l'evoluzione dei fatti dimostrerà la tua disponibilità a confrontarsi sul territorio con i cittadini che vi risiedono, anche se non siedono in Consiglio comunale.
Sul resto, elettrificazione banchine per la quale se non ricordo male l'Autorità portuale ha in cassa da due annetti i primi 800mila euro stanziati dall'Europa, sui piani della viabilità da e per Adriaport su rotaia e strada che escludono il passaggio per Aquilinia, sui lavori di acquisizione e bonifica della Valle delle Noghere da fare entro il 2026, magari pure salvando le macchie alberate non guasterebbe, in tempi che io giudico strettissimi (quattro anni scarsi) per i tempi italiani, per la vigilanza sui dragaggi di cui se i controllori saranno dell'Arpa temiamo allora fortemente (Ferriera e Monfalcone, e Caffaro insegnano), sul piano dei futuri insediamenti, sono certo che sarai in grado di fornire più dettagliate informazioni nel prossimo futuro.
A presto, dunque.
Maurizio Fogar.
Non farti fregare. Fatti informare!
Metti il tuo “Mi Piace” alla Pagina Circolo Miani.
Riceverai puntualmente notizia dei nuovi articoli.
E destina il tuo 5 X 1000 al Circolo Miani scrivendo il Codice Fiscale 90012740321 nella apposita casella delle associazioni di volontariato sulla tua dichiarazione dei redditi, qualunque essa sia.



Solite elezioni, solito non voto, crescente.

» Inviato da valmaura il 14 June, 2022 alle 11:47 am

Viene un po', tanto, di voltastomaco a leggere le paginate di commenti dei politici di ogni ordine e grado sui risultati elettorali delle amministrative.
Per i Referendum, con il peggior risultato di votanti nella loro storia, i commenti sono inutili come i peli superflui. Un disfatta dei promotori (centrodestra più renziani, che oramai sono la stessa cosa) dove i numeri dicono tutto ed ogni parola appare inutile. Peccato, perchè l'unica vera riforma della Giustizia, e Dio sa quanto ce ne sia bisogno, quella firmata dal Guardasigilli Bonafede da mesi è oggetto di peggioramenti a tutto favore delle “caste”, anche giudiziarie, da parte della politica dei “migliori”, Cinquestelle esclusi ovviamente che la riforma era del loro ministro.
Ma torniamo alle elezioni amministrative, dove il vero dato preoccupante è la vittoria di un sindaco, quello di Palermo, di cui molti autorevoli sponsor politici, ed anche due candidati finiti in carcere, avevano rapporti con la mafia.
Per il resto, a partire dalla nostra Regione, prosegue stabilmente il crollo del numero dei votanti: oramai votano in meno della metà. E questo vale anche per Duino Aurisina, se invece di ciurlare nel manico, politici e giornalisti facessero onesto riferimento ai soli voti validi (49%).
Ma il dato preoccupante è appunto l'astensionismo nei comuni, grandi o piccoli che siano, dove si decide della quotidianità della vita dei cittadini. E qui la scelta di non partecipare alle decisioni che riguardano da vicino i residenti è puro autolesionismo, arricchito da un tocco di grottesca imbecillità quando poi gli stessi per i prossimi cinque anni continueranno a lamentarsi, al bar o dal barbiere, delle decisioni sbagliate assunte dalle loro amministrazioni e che penalizzano la loro vita.
La soluzione? Una sola: inevitabile, logica e ragionevole, a patto che i cittadini si ricordino di essere tali, ovvero i padroni delle scelte da assumere fuori dalla porta della loro casa: la cancellazione degli inutili simboli di partito, delle logiche di schieramento e di parte sull'amministrazione del bene comune.
Ovvero se si vuole recuperare credibilità e partecipazione è sul “civismo” che bisogna puntare: su liste, formate e costruite da persone di buona volontà, e magari anche di un minimo di competenze, che si impegnino a risolvere i problemi che angustiano la vita della comunità, a migliorare il suo benessere ed a garantire un futuro di prosperità per tutti, a partire da quelle persone che si trovano a vivere la quotidianità con maggiori difficoltà.
Qui, nei comuni grandi o piccoli, non si tratta di affrontare questioni ideologiche ma di risolvere problemi ed emergenze che sono uguali per tutti, qualunque siano le preferenze politiche o di parte di questi tutti.
Insomma se uno sta male non chiede al medico che gli deve salvare la vita per chi vota o quale tessera di partito abbia in tasca, ma solo se sia bravo e competente, imbecilli esclusi si intende.
Ma dai commenti del giorno dopo pare che questi politici: locali, regionali e nazionali, continuino imperterriti a non voler capire e pertanto spetta ai cittadini farli accomodare alla porta e prendere in mano il loro destino. E prima lo faranno meglio sarà per tutti, noi.




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