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Circolo Miani » News Correnti » Page 304

Ferriera. Ma quanto si fa bella questa Regione.

» Inviato da valmaura il 16 December, 2017 alle 1:33 pm

La nota diffusa dalla Giunta regionale racconta solo un lato del tavolo. Si tavolo dove da un lato erano seduti i dieci rappresentanti, ai massimi livelli bisogna riconoscere, della Direzione regionale all’Ambiente e dell’Arpa, e dall’altro Maurizio Fogar per il Circolo Miani e Romano Pezzetta per Servola Respira.
E va detto che in verità le espressioni del “lato” Regione sono state meno enfatiche e celebrative della realtà, come invece viene descritto nella nota.
Ma nella stessa nota quello che hanno detto Fogar e Pezzetta, le problematiche poste ed indicate con precisione sulle reali emergenze della Ferriera, e che hanno assorbito buona parte del tempo, non sono minimamente riprese.
Un peccato, perchè tra alti (Pezzetta e Sturzi), e bassi, ma proprio bassi (Boscolo), la discussione ha rappresentato un timido passo in avanti per arrivare ad una soluzione di un problema che si trascina disastrosamente da quasi venti anni.
Anche la chiusura del tavolo con l’impegno di rivedersi a breve, entro la prima metà di gennaio, con le risposte ed i risultati delle ispezioni dei tecnici dell’Arpa sulle questioni indicate da Pezzetta e Fogar, è un fatto bene augurante e va nella direzione di affrontare i problemi prima e fuori dalla campagna elettorale.
In ultima analisi, vista l’inutilità di fare una Conferenza Stampa o di inviare un Comunicato che tanto non verrebbe mai pubblicato dal piccolo giornale, dalla Rai regionale, da TeleCamberquattro, e financo dalla succursale di Giorgi su internet Triesteprimailcentrodestra, Fogar e Pezzetta si rimettono a queste righe. Interlocutorie, lo sappiamo, ma non poteva essere diversamente.
Oggi.
Come volevasi dimostrare stampa e televisioni hanno oscurato questo nostro comunicato. Lo sapevamo e lo abbiamo scritto sopra, peccato non avere lo stesso fondoschiena per centrare un 6 al Superenalotto, ma sarebbe troppo facile..
Solo due noterelle su quanto pubblicato dal gazzettiere di Arvedi oggi.
La prima riguarda “l’esperto” di fiducia del gruppo cremonese che scrive senza tema del ridicolo e della verità, che le navi “portano il Coke a Trieste” ed, aggiungiamo noi, il Fossile a Cremona dove fanno i muretti e scrivono sull’asfalto visto che non hanno una Cokeria. Complimenti alla sua “professionalità”, ma al piccolo giornale se non sono così non li prendono.
La seconda riguarda l’ammissione che l’inquinamento proveniente dall’Altoforno andava bloccato prima con la sostituzione della Bocca. Ma guarda, lo scrivevamo da anni in piena solitudine, anche con buona pace del super consulente del Comune, di cui si erano perse le tracce da mesi e mesi.
Ora sappiamo che veniva sempre retribuito e che verrà confermato con il compito di controllare se stesso. Per chi non lo sapesse fa parte del vertice scientifico dell’Arpa.




Pubblicità Progresso. Attenti all’Enel !

» Inviato da valmaura il 15 December, 2017 alle 3:40 pm

Se la conosci la eviti.

Una brutta storia dove come al solito a rimetterci è l’utente, il cliente, insomma chiamatelo come vi pare.

Ci, al Circolo Miani, una associazione di volontariato culturale e sociale senza finalità di lucro alcuna, insomma una Onlus, viene fatta un’offerta da Enel per passare alla loro società per la fornitura di energia elettrica.

Ci viene proposto un preventivo che riduce del 40% l’importo che pagavamo con il nostro fornitore, che per una associazione che sopravvive esclusivamente con l’autofinanziamento e le collette fuori dai supermercati è cosa non da poco.

Viene fatta la registrazione contrattuale via telefono dove specifichiamo il nostro diritto a pagare l’Iva al 10%, come riconosciuto da sempre dagli altri nostri fornitori di energia elettrica. Oltre ad un indirizzo fisico di recapito delle bollette, poiché è previsto anche l’invio telematico, nella stipula del contratto indichiamo il nostro indirizzo di posta elettronica ed il nostro recapito telefonico (un cellulare).

Spediamo via fax, come richiesto, la documentazione di legge consegnataci dall’Agenzia delle Entrate, che andava benissimo per i precedenti fornitori, e che attesta il nostro diritto all’Iva ridotta, ma l’Enel ci invia un suo modulo che però non va bene essendo riservato ad uso abitazione. Glielo segnaliamo ma non riceviamo notizie pensando così che la questione sia risolta.

Le prime bollette vengono regolarmente, anche se con fatica, saldate perché scopriamo che la famosa “riduzione del 40%” si è assottigliata attorno al 10%. Vabbè sempre meno di prima, ma l’Iva invece ci viene conteggiata in pieno (al 22%) di modo che l’energia elettrica alla fine ci costa il 2% in più di prima. Telefoniamo al Call center Enel e rimandiamo un secondo Fax con la dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate, richiedendo il rimborso dell’Iva in eccedenza ed annunciando che da quel momento avremmo scorporato l’importo non dovuto dai futuri pagamenti.

Dall’Enel nessuna risposta.                                                                                      

Ci, sempre Circolo Miani, arriva ad aprile di quest’anno un sollecito inviatoci via e-mail da Enel, che ci intima di pagare una bolletta scoperta. Ci rendiamo conto che continuano ad inviarcele alla casella postale che abbiamo chiuso in marzo. Telefoniamo immediatamente all’Enel informandoli della avvenuta modifica e sollecitandoli ad inviarci le bollette solo per via telematica. Così fanno con la fattura scoperta che saldiamo il giorno dopo.

Poi più niente, finche un bel giorno senza alcun preavviso ci tagliano la luce.

Un dramma soprattutto per i due acquari, d’acqua dolce e marino, che abbiamo da anni nella sede del Circolo.

Per farla breve, e grazie alla sollecita comprensione e disponibilità dell’Acegas che gestisce stacchi e riallacci sul territorio, dopo due giorni e mezzo la corrente ritorna. Troppo tardi per gli acquari in cui gran parte di pesci e coralli hanno fatto una fine orribile. Nel frattempo dopo aver tempestato di telefonate l’Enel spiegando la grottesca situazione da dove emerge che loro hanno continuato candidamente ad inviarci bollette e solleciti ad una Casella Postale chiusa da mesi come da noi comunicato formalmente ad aprile riusciamo, ma che fatica, a farci spedire le due bollette non pagate (una scaduta e l’altra no che contengono sempre l’iva al 22%) e le saldiamo la mattina dopo supplicando l’azienda di riallacciare immediatamente la fornitura vista anche la disponibilità di Acegas.

Niente da fare, ed anche dopo pagati due importi per un totale di 400 euro e spicci, e nonostante avessimo come richiesto inviato un minuto dopo via fax al numero da loro fornitoci copia degli avvenuti versamenti, l’ordine di riallaccio non parte perché “il fax non è stato ancora protocollato”.

Nemmeno l’intervento del Punto Enel in Galleria Tergesteo, impossibile da raggiungere telefonicamente e via e-mail, dove ci siamo precipitati con le ricevute dei pagamenti è servito granchè: abbiamo infatti scoperto amaramente che, nonostante l’umana gentilezza, la loro autonomia operativa e decisionale è sotto allo zero.

Orbene a distanza di mesi  ci continua, nonostante un terzo invio via fax questa volta effettuato con il modulo d’accompagnamento “giusto” dagli operatori di Trieste, ad essere addebitata l’Iva al 22 invece che al 10% e ci vengono richieste nell’ultima bolletta ben 59 euro per spese di stacco e riallaccio.

Invece loro possono continuare a disattendere tranquillamente la legge sull’applicazione dell’Iva ridotta e far finta di niente sulla responsabilità di quanto successo, a partire dalla “sola” del preventivo offertoci.

E’ proprio vero: Enel se la conosci la eviti.

https://www.youtube.com/watch?v=kFfhBX7ET-4




Trieste. “Incasellando ogni attività umana”.

» Inviato da valmaura il 12 December, 2017 alle 2:42 pm

Piero Chiambretti a Trieste per le trasmissioni domenicali dagli stadi in onda il pomeriggio su Rai 3 “Prove tecniche di trasmissione, portato a visitare la “meraviglia” di Rozzol Melara chiese in diretta al cameramen “vorrei proprio sapere chi è lo str…o che ha progettato questa mostruosità”.

Ma sentite come la descrivono appunto gli autori “incasellando ogni attività umana. Nell'ottica dei

progettisti un tale aggregato di cellule abitative, unito agli spazi per la vita associata e all'elevata concentrazione di abitanti che avrebbero dovuto risiedervi, avrebbe favorito lo sviluppo delle

relazioni sociali e il senso di appartenenza a un ambiente comune.”

Avete letto e capito bene? “Incasellando ogni attività umana”, insomma un mix tra una caserma ed il “Grande Fratello”.

Negli anni l’edilizia popolare, ieri Iacp oggi Ater, è passata dalle casette e dal progetto europeo di Borgo San Sergio, ai casermoni alienanti di Rozzol Melara, prima, i “Puffi” di via Grego poi, e il “Serpentone” di via Valmaura, copiato direttamente dai bunker in cemento armato del Vallo Atlantico.

Costruiti con materiali non proprio di prima scelta, che costringono l’Ater ad ingentissime spese annue di manutenzione che ne assorbono gran parte della posta, oggetto di continui interventi di Azienda Sanitaria e servizi sociali, nel vano tentativo di tenere in piedi questi quartieri dormitorio dove sono state collocate migliaia di persone.

Costruiti senza ultimare gli spazi comuni ed i servizi per i residenti, solo il coraggio e l’iniziativa di alcuni di questi ha permesso che non si trasformassero definitivamente in ghetti.

Ma questo ai politici di ogni colore, vecchi e nuovi, interessa poco. Si ricordano di queste persone solo in campagna elettorale quando invadono le cassette delle lettere con i santini elettorali, aumentando la sporcizia.

La soluzione ovvia ed economicamente conveniente, oltre che culturalmente e socialmente giusta?

Abbatterli con il tritolo non prima di avervi alloggiato chi li ha progettati, costruiti e commissionati,  e dopo aver ricollocato i residenti in più civili sistemazioni abitative, come avviene da alcuni decenni nel resto d’Europa e negli Stati Uniti.




TLTrieste. Noi non viviamo in un’aula di Tribunale.

» Inviato da valmaura il 11 December, 2017 alle 1:37 pm

Come era abbastanza scontato il nostro articolo che propone di ascoltare, consultandoli con un Referendum non istituzionale, l’opinione dei cittadini residenti nel territorio provinciale di Trieste sull’ipotesi TLT Si o No, ha dato il via ad una serie di commenti, a due insulti e calunnie subito cancellati ed a due querele per diffamazione e falso che depositeremo in settimana in Procura, per gran parte provenienti dai sostenitori delle ragioni del Territorio Libero, e a significativi imbarazzati silenzi.

Premesso che sfidiamo tutti a trovare nel nostro pezzo anche mezza parola scritta a favore di una delle due tesi e dunque chi commenta in certo modo dimostra solo di non saper leggere e comprendere, ribadiamo la validità della nostra proposta che ci pare basata su di un elementare buon senso.

Non esistono trattati o accordi giurisdizionali, in un senso o nell’altro, che possano violentare il comune sentire di una comunità. A meno di non voler riconoscere teorica validità e giustificazioni a trattati infausti come quelli rappresentati dagli accordi di Monaco del 1938 sullo smembramento della Cecoslovacchia e che diedero il via alla immane tragedia della Seconda Guerra Mondiale.

Crediamo fortemente invece nelle tesi , poi inapplicate con tutto quello che ne conseguì alla fine della Grande Guerra, del Presidente americano Wilson sull’autodeterminazione dei popoli.

Pertanto diffidiamo fortemente da ogni confine fissato a tavolino che non rispetti questo diritto inalienabile.

Sono passati  70 anni dal Trattato di Pace. Dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso e fino a cinque anni fa la questione è rimasta sostanzialmente nel dimenticatoio, salvo qualche rusticano, e sporadico rigurgito.

In questi ultimi cinque anni abbiamo assistito ad una progressiva frammentazione della galassia che ha risollevato la questione dell’esistenza del TLT, complice anche il ruolo esercitato dalla stampa locale.

Quale miglior modo dunque di conoscere come la pensi oggi una fetta importante dei nostri concittadini se non chiedendoglielo direttamente?

E perché di fronte ad una proposta che mira ad acquisire l’opinione dei diretti interessati, che se favorevole, ad esempio, all’ipotesi TLT darebbe a questa proposta forza e concretezza più di mille sentenze e contenziosi giuridici per altro lontanissimi ed ignorati dalla quasi totalità dei triestini, si riscontrano così tante resistenze?

Perché gli attivisti indipendentisti che solo poche settimane fa sui nostri “social” inneggiavano al Referendum Catalano oggi ne prendono le distanze?

Insomma perché su di una questione dichiarata da certuni fondamentale e centrale per la nostra Trieste, e possono benissimo aver ragione, si palesano così tante incertezze e ritrosie nel voler sentire l’opinione dei diretti interessati? E si badi bene un’opinione formalmente non vincolante.

Il voto, seppure consultivo e senza costi come in questo caso e dopo una equa ed equilibrata informazione sul tema, è il più alto momento di espressione democratica. Forse qualcuno ne ha paura o timore?

In questi anni dove con un certo successo e non poco seguito abbiamo operato e scritto sulle tante emergenze della nostra comunità, a partire dalla Ferriera fino al dramma delle migliaia di famiglie che aspettano da mesi i sussidi antipovertà, talvolta nei commenti abbiamo letto frasi come “quando Trieste non sarà più italiana questo non succederà più” indipendentemente che scrivessimo di ospedali e sanità a ramengo, di malapolitica di, appunto, Ferriera, del degrado dei nostri quartieri, di povertà diffusa e di emergenza casa.

Qualunque fosse l’argomento alcuni commenti sempre uguali indicavano nel TLT da venire la panacea miracolosa di tutti i mali, senza per altro porsi l’urgenza del presente e delle soluzioni da trovarsi subito e non tra decine di anni.

E siccome la nostra aspettativa di vita è sugli ottanta anni, chi più e chi meno, forse sarebbe ora di risolvere certe questioni una volta per tutte, ferma restando la libertà per chi vuole di continuare a crederci comunque vada. 

Non ne siete curiosi?




Quando si dice la “parola”. Roberto Dipiazza, trisindaco da 18 mesi

» Inviato da valmaura il 10 December, 2017 alle 1:33 pm

Piccolo 11 dicembre 2016

La sfida di Dipiazza durante la fiaccolata -
Il sindaco alla manifestazione per la chiusura dell’area a caldo «Se non faccio sparire questo cancro dalla città me ne vado»
«Se non faccio sparire questo cancro dalla città, me ne vado». Con poche parole, pesanti come macigni, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza ha infiammato la fiaccolata (una cinquantina i presenti) organizzata ieri sera a Servola per la chiusura dell’area a caldo della Ferriera. L’impegno politico è inequivocabile, la promessa è solenne. “I patti si devono rispettare, non si possono interpretare. In ogni caso, sono certo che siamo vicini al risultato tanto atteso e promesso in campagna elettorale: la chiusura dell’area a caldo».

«I posti di lavoro? Il segretario generale del Comune ha già garantito che una parte degli occupati sarà riassorbita dalla macchina amministrativa comunale, troveremo una soluzione per tutto. Ma non accettiamo ricatti o compromessi al ribasso …”. Perfettamente a suo agio nel ruolo di mattatore dell’incontro, Dipiazza ha trovato un oppositore solitario, Nevio Carpani, che ha ironizzato sulle parole pronunciate dal sindaco: «Molta melina, ma non aveva detto che avrebbe chiuso l’area caldo in 100 giorni? …non mi lascio incantare dalle solite boutade da campagna elettorale permanente». Alla voce fuori dal coro, Dipiazza ha ricordato che «nel 2011 avevo lasciato un impianto in predicato di chiudere. Nel 2013, la guida della Regione è cambiata e ha scelto di investire in una struttura che io avrei chiuso. I 100 giorni? Basta polemiche, io penso a lavorare». Dipiazza, spalleggiato dall’assessore Rossi, dal consigliere Giorgi e dal pittoresco leghista Slokar (presente anche il pentastellato Patuanelli), ha incassato il pieno appoggio degli organizzatori dell’iniziativa, i referenti dei comitati “5 Dicembre”, “No Smog” e “Fare Ambiente”.

I comitati: «Per noi contano i fatti» - «Ma la presenza del primo cittadino al sit in serale è emblematica»
Vicini, vicinissimi a Dipiazza. Gelidi con Cosolini. Schierati politicamente? Così i comitati “5 Dicembre”, “No Smog” e “Fare Ambiente” cercano di scrollarsi di dosso l’etichetta di organismi di parte.

 «Con Cosolini, sbattevamo regolarmente contro un muro. Dipiazza ci ascolta, ci accoglie, ci rende partecipi… contano i fatti». Già, i fatti. Cosa si aspettano dalla giunta attuale? «Certamente, non ci accontentiamo di parole e promesse, ma la presenza di Dipiazza è emblematica. Dal punto di vista della salute pubblica, l’area a caldo è condannata. Conta solo la volontà politica …g.s.

APPUNTO.

 

Il lungo declino di Servola, rione in bilico –Piccolo 17 novembre 2016.

Sei anni fa, poi, ha chiuso anche il ristorante Al Britannia, famoso in tutta la città, dopo la morte del proprietario. «Scriva pure - dice un familiare - che è morto di cancro ai polmoni e poi che la cuoca, sua moglie, vive da più di dieci anni con un polmone solo, e poi figli e nipoti tutti asmatici. Che sia un caso la vicinanza con la Ferriera?».

LA  REALTA’





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