» Inviato da valmaura il 16 April, 2018 alle 11:56 am
“Con umiltà ascoltare la gente”. E daje.
Non passa giorno che su stampa e televisioni non compaia questa frase tante volte sentita, ma solo in campagna elettorale però, con la variante spesso usata che al termine “gente” sostituisce “territorio, rioni, periferie”.
Lo dicono, quasi sempre dai tavolini del Caffè San Marco o Tommaseo e dai gazebo di piazza della Borsa, ma non lo fanno. Esattamente come tutti, dai 5 Stelle alla Lega, hanno fatto nei cinque anni precedenti ed ancora nei venti anni prima.
E così fan tutti su tutto. Parlano di welfare senza aver mai conosciuto un povero, di ambiente senza capirne niente, di territorio senza aver mai visitato un quartiere degradato, ed a Trieste hanno solo l’imbarazzo della scelta, di sanità senza mai aver fatto la fila per dieci ore al Lento Soccorso, e via discorrendo.
E confidano che la “gente” creda loro e li voti pure. Pensano che le comparsate a qual ring per pugili suonati di TeleCamberquattro, la generosa ospitalità del piccolo giornale, dove oramai anche i Rumiz di turno scrivono solo per gli amici e pochi intimi ancora, che quasi quasi farebbero prima a telefonarsi, porti loro consenso. Accade invece l’esatto contrario e il calo dell’affluenza al voto il prossimo 29 aprile lo confermerà.
Le uscite che fanno, quasi esclusivamente in convegni ed incontri organizzati da categorie e sindacati che sono l’alter ego di questa politica, avvengono nel deserto: con le sedie desolantemente vuote. Sperano però nelle paginate sui giornali, quelle per capirci che i lettori schifati saltano a piè pari, o sui servizi televisivi, utili per permettere ai telespettatori di andare ad orinare nel bagno domestico.
Allora con “umiltà” ascoltate, anzi leggete, questo, come lo vedono una media di ventimila persone a settimana. E poi dopo le elezioni ne riparliamo del vostro impellente desiderio di ascoltare, sempre umilmente la “gente”.
» Inviato da valmaura il 15 April, 2018 alle 12:23 pm
Francamente ci aspetteremmo che in una città che conta quattromila (e solo quelle certificate) famiglie che sopravvivono con il sussidio del sostegno al reddito (un qualche centinaio di euro) e che attendono ancora da quattro mesi di ricevere l’assegno di gennaio, una amministrazione comunale responsabile ma anche solo dotata di umanità si preoccupasse ed impegnasse per una pronta soluzione di questo dramma. E non perdesse tempo, riunioni di commissioni comunali, delibere di Giunta e discussioni in consiglio comunale sulla vexata quaestio delle pistole ai “tubi”. Armare i vigili poi costa, e non poco. Ed in questi tempi di chiari di luna per i bilanci pubblici forse è meglio prima garantire il “pane” a tanti triestini. E non basta scaricare sull’Inps ritardi e disfunzioni: le vittime sono nostri concittadini e dunque il Sindaco si dia una mossa e li tuteli. In quanto poi alle disfunzioni, ai ritardi, alla mancanza di personale e di fondi, una amministrazione responsabile dovrebbe porci rimedio immediatamente, non continuare a prorogare questa emergenza. Per altro la prevenzione, anche sotto lo statistico ed arido punto di vista del numero dei reati, è sempre meglio, e costa molto meno, della repressione. E sicuramente la disperazione di tanti triestini per questa situazione invivibile non aiuta la tranquillità della nostra comunità. Ci sbagliamo? No? E allora finitela con questa pantomina sugli “sceriffi” comunali e datevi da fare sulle cose che contano.
Ferriera. Almeno state zitti!
» Inviato da valmaura il 13 April, 2018 alle 1:53 pm
Ci riferiamo al suo strumentale uso in campagna elettorale da parte di partiti e movimenti, TUTTI, che portano pesanti responsabilità da venti anni: Centrodestra e Centrosinistra, o che da sette anni: 5Stelle, non hanno saputo e voluto fare alcunché. Se poi qualche sigla in cerca di pubblicità e bisognosa di apparire per certificare la propria esistenza in vita non trova di meglio che coinvolgere partiti e movimenti in uno spot propagandistico sulla tragedia Ferriera, orbene noi non ci saremo, né ci stiamo. Non abbiamo bisogno di sentire le solite prese per i fondelli da un centrodestra, dopo il “chiudo in 100 giorni” della Giunta a guida, per la terza volta e dodici anni, Dipiazza con un leghista a Vice e soprattutto una “padana” Polli all’Ambiente (quella che porta il merito dell’aver fatto togliere la parola “Ferriera” tra le cause dell’inquinamento di giardini e scuole). Tantomeno di sentire aprir bocca sul tema un PD che con Cosolini Sindaco, Serracchiani Presidente, e ancora prima con Riccardo Illy, sindaco e presidente, ha combinato tutto quello che i triestini, gli "intrusi", conoscono. Né dare spazio ad un Movimento, i 5Stelle, che sul tema in sette anni si sono comportati ne più e ne meno come Dipiazza. Il Circolo Miani e Servola Respira hanno scelto di percorrere una strada che porti alla vera soluzione dei problemi, a fatti e risultati concreti. La nostra vita è più importante di uno spot elettorale. E qui non possiamo tacere sulle facce di bronzo di questi politici che scoprono territorio e periferie solo nelle tre settimane di campagna elettorale dopo averli ignorati per decenni. Tutti ad “ascoltare” la gente quando in una campagna degna di questo nome sarebbe la “gente”, gli elettori, a dover ascoltare i candidati. Ovvero le loro proposte, il loro impegno per risolvere i problemi della nostra comunità, e poi decidere se votarli o meno. E giudicarli nei prossimi cinque anni sul mantenimento di queste promesse e sui risultati ottenuti. No, qui la politica ha perso completamente la bussola, dopo aver ignorato da sempre cosa vogliono, pensano i cittadini, quali siano i problemi e le emergenze del territorio, oggi a due settimane dal voto scoprono l’impellente necessità di correre ad “ascoltarli”: rigorosamente in piazza della Borsa nei gazebo desertificati o agli “antichi Caffè” San Marco e Tommaseo. Ma fateci il piacere, va!!!
Ferriera. Una giornata infernale.
» Inviato da valmaura il 11 April, 2018 alle 12:32 pm
Ieri, mentre i candidati di ogni colore discutevano sull’universo nulla, la vita per decine di migliaia di persone tra Monte San Pantalone, Valmaura, Servola e Chiarbola si è trasformata in un inferno.
L’aria irrespirabile per una fortissima presenza di gas di Cokeria, un pulviscolo finissimo di carbone nell’aria: impossibile aprire le finestre, dopo due minuti che si era all’aperto un bruciore agli occhi ed alla gola, la bocca impastata da un pulviscolo sabbioso carbonioso.
Ma per l’Arpa è tutto nella norma!
Tra la gente invece prevale la disperazione rabbiosa per un’altra estate vissuta in queste condizioni.
A Dipiazza, alla Polli, ai suoi due avvocati veneti, al suo consulente, alle sue associazioni devono essere fischiate le orecchie, non parliamo poi alla Vito e Bolzonello, tante erano le madonne ed i santissimi a loro indirizzati dagli abitanti e, perché no, anche dai lavoratori.
Discorso sulla triestinità (azzardata e semiseria sintesi storica)
» Inviato da valmaura il 9 April, 2018 alle 1:43 pm
Lasciamo perdere le origini di Tergeste ed il dominio Romano, poi il Patriarcato di Aquileia e la Serenissima Repubblica di Venezia, in continua espansione territoriale per la semplice ragione che aveva infinita e progressiva fame di boschi per il legname delle navi, come l’arrivare ad un passo della Val Pusteria dimostra. Qui le ambizioni “imperialiste” erano già soddisfatte dai porti delle colonie venete di Muggia e Capodistria. Ma nella seconda parte del 1300 Trieste, libero Comune di 5000 anime e poi signoria patrizia, pur di non dover combattere e difendere la sua libertà cercò qualcuno che lo facesse per lei. Infatti i triestini si consultarono e cercarono un’alternativa a Venezia. Provarono a dichiarare fedeltà al Patriarca di Aquileia ma Marquardo di Randeck muore, ci riprovarono con un’entità più forte, il comune di Udine a cui chiesero di difendere l’autonomia di Trieste ma la riposta fu debole e insoddisfacente (la famiglia più potente di Udine era filo veneziana), restarono solo i duchi d’Austria, gli Asburgo. Potente famiglia feudale che aveva le sue terre a cavalcone tra la Svizzera e l’Austria, e che recentemente aveva acquisito il controllo del feudo di Duino con l’omonima rocca. Nel 1382 dunque Trieste abdicò alla sua indipendenza e si donò agli Asburgo. Storia a parte riguarda la “fortezza” cittadina: il Castello di San Giusto che anche sotto l’Austria non combattè praticamente mai perché si arrese sempre quasi subito. Ne sono visibile testimonianza anche le due palle di cannone incastrate nel frontale della Cattedrale sparate dalle navi di Napoleone. Alla terza il castello alzò bandiera bianca. Scivolando alla Grande Guerra, non brillò certamente per coraggio il 97 reggimento di fanteria dell’esercito austroungarico, composto da triestini, mandato sul fronte della Galizia, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “demoghela”. In questo periodo storico le fortune commerciali e soprattutto portuali della città videro tra i suoi artefici esponenti delle più svariate comunità non “indigene” da quella Greca, a quella Serba, a quella ebraica e tedesca. Nella seconda guerra mondiale la tanto rimpianta Austria fornì al Partito Nazista un numero di iscritti superiore alla stessa Germania, in proporzione alla popolazione, e di dirigenti e criminali di guerra. A Trieste nacque e visse la sua gioventù Odilo Lotario Globocnik, triestino “domacio”, figlio di un impiegato austriaco e di una slovena. Uno dei più feroci criminali di guerra del Terzo Reich. “Globus” fu mandato ad aprire i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka, dove furono liquidati centinaia e centinaia di migliaia di ebrei polacchi, e non solo, prima di venir rispedito nella natale Trieste a comandare il corpo delle SS e della Gestapo e ad aprire il campo di concentramento e sterminio della Risiera di San Sabba (circa 5000 tra antifascisti, ebrei, sloveni massacrati e bruciati nel forno crematorio). Ovviamente per far funzionare la loro rete poliziesca gli occupanti nazisti avevano bisogno della piena e fattiva collaborazione dei fascisti triestini. Che ottennero oltre ogni misura ed aspettativa. Così come ottennero subito la pronta collaborazione degli industriali locali, di cui un esponente fu nominato Podestà, fantoccio, dagli occupatori tedeschi. La seconda parte del processo per i crimini commessi in Risiera, quella riguardante proprio il diffuso collaborazionismo locale, fu più volte annunciata ma mai aperta. Sarebbe il caso che qualche serio storico se ne domandasse le ragioni. Nel secondo dopoguerra, dopo l’amministrazione angloamericana (1945-1954) ed il trattato di Pace che istituì un Territorio Libero di Trieste, per decenni, come un fiume carsico, delle minoranze politiche, numericamente assai sparute, a lustri alternati risollevarono la questione giuridica del TLT, contestando l’amministrazione italiana. Spesso anche su questa pagina articoli e commenti ne hanno (ri)sollevato la questione anche dopo le nostre posizioni di forte critica sull’operato del Regno di Spagna contro la volontà del popolo Catalano. Siamo arrivati a proporre l’indizione di un referendum consultivo, ovvero indicativo delle opinioni dei residenti nella ex provincia di Trieste (Zona A). Per la parte ora amministrata da Slovenia e Croazia (ex Zona B) ci è parso per il momento inattuabile. Proprio per verificare la volontà dei residenti ed eventualmente rafforzare la strada, unica battuta, giudiziaria dei contenziosi legali italiani, europei ed internazionali, dagli attuali sostenitori di Trieste Territorio Libero. Consci che nessun trattato, per di più ultrasettantennale, si può applicare ed imporre contro la volontà di chi fa parte della nostra comunità, ed ovviamente viceversa. Abbiamo ottenuto solo critiche e talvolta insulti da parte delle minoranze organizzate che tengono in vita, soprattutto nelle aule dei tribunali, la tesi indipendentistica quasi temessero una “conta” seppur consultiva. Alle recenti elezioni politiche orbene questa conta di fatto c’è stata. Il 70% dei triestini ha votato nonostante i ripetuti inviti all’astensione, od al non voto motivato attivo. Su queste pagine poi in occasione di tre recenti articoli sullo spontaneo, e preoccupantemente diffuso, collaborazionismo verso gli occupanti nazisti prima e yugoslavi poi, alcuni commentatori hanno tentato di difendere la “bontà” della “razza” triestina contrapposta ai “regnicoli ‘taliani” sentina di tutti i mali, per non parlare degli istriani. Un discorso di stampo negazionista molto pericoloso perché teso a non fare i conti con la propria storia, con il passato della città e dunque una inevitabile condanna a ripeterlo. Speriamo proprio di no, anche se spesso la violenza verbale di certi commenti lasciava intravvedere un astio ed un rancore altamente dannosi. Ci scuserete dunque se abbiamo voluto sintetizzare, con la inevitabile superficialità ed un pizzico di ironia la storia della nostra comunità, anche saltando episodi importanti come il flusso migratorio di oltre 50.000 triestini verso l’Oceania e le Americhe nella prima metà degli anni Cinquanta del Novecento. La famiglia di mio zio fu tra questi e la sua destinazione fu Melbourne.