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Circolo Miani » News Correnti » Page 255

Storia. Il contesto ed i numeri nella Giornata del Ricordo.

» Inviato da valmaura il 5 March, 2019 alle 2:55 pm

Purtroppo ancora molte persone, soprattutto tra coloro che non hanno vissuto quei periodi ma che sono nati e cresciuti qui, si rifiutano di accettare la realtà contestuale in cui i fatti si svolsero.
In parte anche comprensibile perchè una cosa è scrivere la storia, altra cosa è invece viverla anche per interposta persona.
La seconda Guerra Mondiale scatenata dall'Asse Berlino, Roma, Tokio, con la partecipazione dei loro stati satellite, causò, oltre a devastazioni indicibili 50 milioni di morti per la gran parte civili.
Di questi 12 milioni (oltre 6 milioni gli ebrei) morirono nei lager nazisti o per schiavitù lavorativa al servizio della Germania. La sola Polonia, a seguito dell'aggressione e dell'occupazione nazista, perse un terzo della sua intera popolazione; la Russia ebbe 30 milioni di morti, in gran parte civili.
Per restare all'Italia furono ben oltre i 600.000 gli internati militari italiani (IMI) dopo l'8 settembre 1943, e di questi 50.000 circa morirono di fame, stenti e fatica in Germania.
Durante e soprattutto alla fine della Guerra, o subito dopo, furono quasi 12 milioni gli europei protagonisti, loro malgrado, di “esodi” o fughe e abbandoni di terre e case.
Ma il “contesto” non può esimersi dal ricordo del nostro particolare: ovvero dalle politiche, dagli eccidi e deportazioni attuate nella Venezia Giulia e poi nella provincia di Lubiana, e in Croazia-Montenegro dal Regime fascista e dalle truppe di occupazione del Regio Esercito.
Non è un mistero che a partire dall'incendio del Balkan a Trieste nel luglio 1920, in quello che Renzo De Felice definì "il vero battesimo dello squadrismo organizzato", ad opera dei fascisti triestini guidati da uno dei più feroci capimanipolo, Francesco Giunta, poi premiato come segretario nazionale del Partito Fascista, con incarichi nei Governi Mussolini ed infine come Governatore della Dalmazia, la politica portata avanti per 25 anni dal Regime fu di snazionalizzazione totale nei confronti delle ampie minoranze slovene e croate (proibizione di usare la madrelingua, cambiamento forzato dei cognomi, abolizione di scuole, associazioni, anche sportive, e istituti pubblici e privati). Oltre a violenti episodi di bastonature, incendi di abitazioni, uccisioni di cui ci testimoniano anche le lapidi sparse per mezzo Carso.
La parte più feroce del suo delinquenziale operato il Tribunale Speciale istituito dal fascismo la espresse proprio in queste zone con innumerevoli condanne a morte verso Sloveni e Croati.
L'unico caso di rimozione e trasferimento di un Vescovo ed Arcivescovo avvenne a Trieste e Capodistria, con Luigi Fogar, che si oppose alla cancellazione delle messe in Sloveno e Croato, dopo una furibonda campagna denigratoria condotta dal Piccolo di Alessi e dal Prefetto.
Dopo l'invasione nazifascista, ovvero tedesca ed italiana, del regno di Yugoslavia, le truppe di occupazione del nostro esercito si comportarono, non dappertutto va detto, con tale brutalità e ferocia da scandalizzare talvolta perfino i tedeschi, come bene descrivono gli storici a partire da Teodoro Sala ed Enzo Collotti, con rappresaglie, stragi di civili ed incendi di interi villaggi.
Ecco dunque il “contesto” in cui va obbligatoriamente inserita anche la vicenda successiva degli infoibamenti e dell'esodo.
Per i numeri riportiamo quanto pubblicato da noi recentemente. “Gli arrestati nelle province di Trieste e Gorizia furono circa 10.000, ma la maggior parte di essi fu liberata nel corso di alcuni anni. Secondo una ricerca condotta a fine anni '50 dall'Istituto centrale di statistica, le vittime civili (infoibati e scomparsi) nel 1945 dalle province di Trieste, Gorizia ed Udine furono 2.627. Probabilmente la cifra pare leggermente sovrastimata, perché qualche prigioniero può essere rientrato senza darne notizia. D'altra parte, a tale stima vanno aggiunte le circa 500 vittime accertate per Fiume e qualche centinaio dalla provincia di Pola. Inoltre, mancano dal computo i militari della RSI, per i quali il calcolo è difficilissimo, in quanto le fonti non li distinguono dagli altri prigionieri di guerra. Una stima complessiva delle vittime fra le 3.000 e le 4.000 sembra perciò abbastanza ragionevole.”
Lo stesso Sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, nel suo libro parla di 4.500 scomparsi (tra deportati ed infoibati) nell'intera Venezia Giulia.
Ora riteniamo che fanno torto grande assai proprio alle vittime coloro che sparano cifre a casaccio (dai diecimila in su fino al record del Fatto Quotidiano di “oltre 300.000”) come se amplificare i numeri fosse ritenuto necessario per aumentare la gravità dei fatti.
E' invece dannoso, in quanto controproducente, ed inutile in quanto screditante.
L' esodo, anzi gli esodi scaglionati negli anni, coinvolsero 250.000 persone, come risulta dai censimenti pubblici.
Queste cifre e questi fatti non possono prescindere da due considerazioni. La prima che alla fine della Guerra e nelle settimane immediatamente successive in tutta Europa avvenne una ondata di “giustizie sommarie” nei confronti di criminali di guerra e collaborazionisti, reali ed anche purtroppo supposti, degli occupatori nazifascisti. Le stragi di decine di migliaia di persone in Belgio (soprattutto Valloni) ed in Francia stanno a dimostrarlo.
Nello stesso periodo in Europa ci furono decine di migliaia di “liquidazioni” decise da tribunali di guerra volanti dove ci furono vittime sicuramente incolpevoli della pena di morte. In Italia uno per tutti fu il caso di Achille Starace, che affrontò con dignità processo e fucilazione, esattamente il contrario delle sue buffonesche iniziative di quando dirigeva il PNF.
Il caso di cronaca odierna dove la stampa da notizia dell'ennesimo rinvenimento di “foibe” nel nord della Slovenia contenenti migliaia di resti di sloveni e croati eliminati principalmente nel maggio-giugno 1945 è l'ulteriore conferma che la sorte degli italiani fu strettamente legata ad una scelta politico-ideologica, ovvero all'eliminazione sommaria o alla deportazione di tutti coloro che, oltre ad essere accusati di crimini di guerra e collaborazionismo, venivano ritenuti, a torto o ragione, degli oppositori della nascente Repubblica Socialista yugoslava.
In Austria con la consegna di tutta l'armata Cosacca, rifugiatasi con famiglie al seguito nella piana di Lienz (Ost Tirol), ai Sovietici in vagoni piombati a cura dell'esercito inglese.
E sempre a cura degli Inglesi lo sbarramento delle vie di fuga al confine austriaco di oltre un centinaio di migliaia di Croati, Sloveni, Serbi con famiglie al seguito che poi in gran parte vennero sommariamente uccise da parte dei partigiani yugoslavi, come appunto la notizia di oggi conferma.
Ma ci furono altri episodi non meno significativi di una tragica scelta “politica” e non etnica. Durante i 40 giorni di occupazione yugoslava di Trieste, i muri della città erano tappezzati di manifesti con i nomi dei principali ricercati dalla polizia politica titina: in testa vi figuravano Ercole Miani e Galliano Fogar. Lo stesso Ercole Miani che vide la sua casa devastata una seconda volta (i primi furono i nazifascisti) dagli occupanti yugoslavi. A ulteriore dimostrazione che si riteneva prioritario eliminare quelle voci, non in quanto italiane, ma in quanto antifasciste e che dunque a ragione potevano opporsi a scelte annessionistiche future.
Quando nell'opinione pubblica internazionale scoppiò il caso degli infoibamenti e delle deportazioni fu lo stesso Maresciallo Tito, croato, a convocare d'urgenza a Belgrado il Comandante della Piazza di Trieste, un generale croato eroe della Resistenza, ed a rimproverarlo aspramente per non essere stato capace di evitare quegli episodi. Il generale uscito dal colloquio con Tito rientrò nella sua stanza d'albergo e si sparò un colpo alla tempia. E perchè Tito decise allora di fare questo? Per ragioni umanitarie o perchè queste notizie nuocevano alla trattativa in corso con gli Allleati per l'annessione di Trieste, Gorizia, Venezia Giulia e Slavia Veneta alla nascente Yugoslavia? Noi propendiamo per la seconda ipotesi.
E quanto poco la questione etnica ispirasse l'azione dei vertici Yugoslavi lo sta pure a dimostrare la drammatica epopea dei cantierini monfalconesi di tre anni dopo. Ovvero prima accolti a braccia aperte in quanto comunisti italiani e poi dopo la rottura con Stalin, ed il PCI, epurati e rinchiusi in campi di “rieducazione” politica prima di essere espulsi e rimandati in Italia.
Tutto questo senza nulla togliere alla gravità drammatica degli episodi, dove innocenti furono trucidati, dove intere comunità scelsero, si fa generosamente per dire come a Pola, di abbandonare tutto e scappare in una Italia non sempre pronta e capace di accoglierle.
Certamente, soprattutto nelle vicende del settembre 1943 in Istria, a scelte politiche si unirono vendette personali e sociali ma che poi l'Italia fosse sinonimo di Fascismo, e da oltre venti anni, questo altro non era che il risultato caparbiamente cercato e voluto dalla politica del Regime mussoliniano. Nel 1935 dal balcone di Palazzo Venezia il “Duce” annunciando l’invasione dell’Etiopia aveva proclamato “L’identità tra Italia e fascismo è perfetta, assoluta, inalterabile”, tanto per fare un esempio. Allora aveva anche telegrafato a Badoglio e Graziani l’ordine di usare i gas per sterminare gli Etiopi: “Ipritate”! Noi “brava gente” ma non sempre.
Ecco fino a quando non trarremo spunto da ricorrenze quali la Giornata del Ricordo e del Giorno della Memoria per fare i conti con il nostro passato, con la nostra storia recente come invece altri Paesi europei, a partire dalla Germania, hanno fatto, ed in particolare qui a Trieste: la città con il maggior tasso di collaborazionismo spontaneo a favore degli occupanti nazisti in tutta Europa, tutto rimarrà solo polemica politica, rancore personale o gratuite fesserie come il paragone tra il Magazzino 18 ed Auschwitz, tra le foto con cataste di sedie e mobili e quelle con cataste di cadaveri: 1 milione e 500.000 per l'esattezza.
Nella prima foto il Comando delle SS in piazza Oberdan a Trieste.

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Storia tra destra e sinistra.

» Inviato da valmaura il 4 March, 2019 alle 1:30 pm

Per non parlare poi dell'uso fattovi dai partiti.

Alcuni ricorrenti commenti in calce ad alcuni nostri recenti articoli sulla questione dell'esodo e delle foibe, questione che rispunta come polemica ogni anno in occasione della Giornata del Ricordo ed anzi con toni sempre più virulenti quanto inappellabili, ci spingono a proporvi questa riflessione.
Non esiste, o meglio non dovrebbe, una storia di “destra” o di “sinistra”.
Se per storia intendiamo la ricostruzione di fatti in un determinato periodo, analizzando il contesto in cui sono avvenuti e la ricerca delle cause che li hanno determinati quanto degli effetti causati.
Per questo, onde evitare di divenire “di parte”, rischio sempre incombente anche contro le buone intenzioni degli storici, nello riscrivere e ricostruire si deve sempre puntigliosamente riportate le “fonti”, ovvero quelle maledette “note” scritte molto spesso in minuscolo, che sono il calvario dei lettori. Ma che sono l'unica garanzia della serietà della ricerca storica. Tante più sono le “fonti” utilizzate e citate, e non tutte sono ancora oggi disponibili e reperibili, tanto più risalta l'autorevolezza della ricostruzione storica.
Diversa cosa è invece la “memorialistica”, ovvero le pubblicazioni, a partire da diari o appunto memorie di chi quei fatti li ha vissuti personalmente o per interposta persona, quasi sempre di suoi famigliari.
Anche se vanno comunque sempre consultati ed inseriti nelle fonti, un attento storico non potrà non tener conto che questi testi subiscono inevitabilmente l'influenza emotiva del soggetto estensore, spesso lacerato da drammatici ricordi, e che pertanto memorie e diari vanno sottoposti ad un più attento e rigoroso riscontro. Ovvero confrontati con altre fonti per essere utilizzati. Tutte cose noiose sin che si vuole per i lettori, ma che vanno sempre riportate.
Non spetta poi allo storico trinciare giudizi o dare risposte in assenza di prove fattuali, ovvero di fatti riscontrati (il caso dell'orrenda strage di Vergarolla è esemplare) ma deve presentare le varie ipotesi sul tappeto approfondendo l'esposizione fin dove ci siano elementi appunto provanti. E dare le sue valutazioni sugli effetti che questi episodi hanno concorso a determinare.
Potrà a taluni, in particolare alle vittime od a parenti di esse, sembrare cinico ma lo storico, che pure avrà maturato sue idee e convinzioni, deve attenersi ai fatti finora noti e riscontrati, magari perseverando nella ricerca di nuovi.
Detto questo chiunque si occupi di ricerca storica deve riconoscere meriti e fatiche di chi lo ha preceduto e da cui in larga parte lui ha tratto il materiale per le sue pubblicazioni.
Non ci possono essere mai, e tantomeno sul tema in oggetto (esodo e foibe), primogeniture e soprattutto silenzi omissivi che per narcisismo personale finiscono per avvallare tesi politiche farlocche e strumentali quali le balle sulle “verità nascoste e sull'omertà”.
Questo si è peccato grave, e danno quanto inganno dell'opinione pubblica.
Contravvenendo a quanto finora scritto daremo qui un giudizio pesante, ma vi assicuriamo accompagnato da tutti i riscontri del caso, sul comportamento di partiti e forze politiche sulle vicende storiche oggetto delle loro strumentalizzazioni a fini di parte ed elettorali. Anche gli ultimi discorsi ed interventi nella Giornata del Ricordo ne sono plastica conferma.
In questo la tragedia dell'esodo ne è cartina di tornasole perfetta. Chi ne parla politicamente, quasi sempre non conosce e non ha letto niente della vicenda. Va ad orecchio ed a slogan fatti e rifatti al fine di trarne il massimo tornaconto personale e partitico. E taluni che presumono di “sapere” provocano danni viepiù maggiori mantenendo e riaprendo ferite mai sopite completamente.
E ciò per chi ha la presunzione, indipendentemente dalla sua parte politica, di rappresentare e governare la nostra comunità (Stato, Regione, Comune) è desolante.
Il contesto ed i numeri. Argomenti fondamentali e di cui scriveremo domani.
Dunque continuate a seguirci mettendo il vostro “Mi Piace” a questa Pagina e … buona lettura.

Nelle foto: nella prima un classico esempio di “pigrizia” professionale a manipolazione dell'opinione pubblica, peraltro del tutto inutile perchè di scatti e filmati, spesso molto più “forti”, sull'esodo sono pieni gli archivi (vedi foto due e tre).

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Foibe ed esodo. I quattro, più uno, della Giornata del Ricordo.

» Inviato da valmaura il 2 March, 2019 alle 12:04 pm

Francamente troviamo difficile rendere un servizio peggiore alla memoria degli scomparsi e delle vittime di allora di quanto siano riusciti a fare in mezzo pomeriggio i quattro relatori, più uno materializzatosi via cavo, sulla “memoria” dell'Esodo.
Non ne hanno azzeccata una che è una e qualunque insegnante di Storia li avrebbe bocciati su due piedi.
Inizia il Massimiliano Fedriga “c’è stata omertà verso i fatti del confine orientale”.
Ma quando mai? C'è stata invece grassa ed interessata ignoranza di politici e giornalisti a non studiare, a non voler faticare per conoscere e leggere le centinaia di pubblicazioni, saggi, ricerche e libri pubblicati, a partire già dalla seconda metà degli anni Quaranta e poi specialmente nel ventennio successivo dagli storici locali, a cominciare da quelli operanti presso l'Istituto di Storia del Movimento di Liberazione nel FVG. Studi e ricerche da cui anche il “primo tra i primi” Pupo ha preso spunto e fonti per i suoi lavori successivi.
Poi è la volta di Vittorio Feltri: “ha affermato che le foibe non hanno paragoni nella storia dell’umanità. Quanto avvenuto ad Auschwitz è stato orribile ma le foibe sono state peggio.”
Ecco se si voleva buttarla in carnevalata, ed offendere i morti e la loro memoria la frase di Feltri ci è riuscita appieno. E deve essere una mania visto che non molto tempo fa un esponente dell’associazionismo istriano definì sul piccolo silente giornale il Magazzino 18 che ospita parte delle masserizie degli esuli “la Auschwitz degli Istriani”.
Prosegue poi il “tema” non Enrico Maria Papes dei Giganti bensì Marcello Veneziani “la genesi di foibe ed esodo e da ricercare in un triplice odio: etnico, verso gli italiani, di classe, verso i benestanti, e ideologico, verso l’Italia fascista.” Accettare la verità storica accertata appunto dagli storici pare impossibile anche a lui, ovvero che le persone scomparse sul “Confine Orientale”: italiani, serbi, croati, sloveni e montenegrini (questi ultimi quattro in proporzioni dieci e più volte superiori ai primi), siano state eliminate in grandissima parte perchè ritenute o collaborazioniste dei nazifascisti o più tragicamente oppositori politici futuri alla nascente Repubblica socialista yugoslava.
Che poi l'Italia fosse sinonimo di Fascismo, e da oltre venti anni, questo altro non era che il risultato caparbiamente cercato e voluto dalla politica del Regime mussoliniano. Nel 1935 dal balcone di Palazzo Venezia il “Duce” annunciando l’invasione dell’Etiopia aveva proclamato “L’identità tra Italia e fascismo è perfetta, assoluta, inalterabile”, tanto per fare un esempio. Allora aveva anche telegrafato a Badoglio e Graziani l’ordine di usare i gas per sterminare gli Etiopi: “Ipritate”! Noi “brava gente” ma non sempre.
Poi Biloslavo e Menia hanno fatto il resto, ripetendo il refrain delle “verità nascoste” e la “scientifica rimozione della memoria”.
Nessuna rilettura critica sul comportamento dei partiti nello strumentalizzare elettoralmente la drammatica vicenda; sulla responsabilità di un mondo dell’informazione che allora come oggi, salvo lodevoli eccezioni, segue se non addirittura anticipa i desiderata dei loro editori di riferimento politico.
Ma soprattutto nessuna ammissione sull’infimo livello di preparazione e conoscenza di una classe politica, tutta, ed anche intellettuale, che ignora la storia recente di una comunità che ha la pretesa di rappresentare e governare.
Nella foto una cartolina propagandista delle “prodezze” militari in Etiopia.

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Ferriera. Un fumo di parole.

» Inviato da valmaura il 28 February, 2019 alle 12:01 pm

Purtroppo inquina più la politica che la fabbrica.

Un fumoso fiume di parole per non dire nulla ma solo per “apparire” sulla stampa e dare dall'oltretomba un segnale di esistenza in vita.

Così si possono sintetizzare le uscite su stampa e TiVù, sempre ossequiose, di questi giorni.

Ovviamente battono sui soliti temi, perchè non conoscendo nulla o quasi del ciclo produttivo dello stabilimento e degli impianti riesumano sempre e solo la questione della “copertura dei parchi minerali” e l'inquinamento acustico.

Abbiamo scritto e motivato tante di quelle volte che la copertura dei cumuli a parco, per essere esatti, è del tutto inutile ai fini della riduzione dell'inquinamento (l'unico pericoloso è quello del Coke dove in barba alla diffida regionale Serracchiani l'Arpa non si è accorta della sua eccedenza produttiva). E posto che i sili per collocare il Coke già ci sono, e basterebbe utilizzarli, per gli altri è sufficiente e più efficace un'adeguata manutenzione e pulizia onde evitare i fenomeni di “spolveramento” imbrattanti ma non inquinanti. Cosa che è appunto avvenuta dal momento in cui è iniziata la collaborazione tra Servola Respira, Circolo Miani e la Direzione Ferriera.

In quanto alla “produzione di rumore” essa è ampiamente calata proprio in virtù della collaborazione di cui sopra, ed eseguiti i prossimi lavori sull'impianto di agglomerazione, essa si ridurrà ai minimi termini di gran lunga inferiori ai limiti di legge.

Rimane invece il problema della fuoriuscita di copiose polveri, a partire dalla Cokeria, ed è su questo che ora si concentreranno i prossimi interventi, sui filtri, sui captatori e sugli aspiratori.

La parte più importante per il disagio che crea sul territorio ma che i “nostri” in missione romana e non, ignorano perchè appunto non conoscono.

Tanto rumore per nulla visto che non risulta essere stata presa in esame l'unica richiesta concreta da noi rivolta pubblicamente quanto ripetutamente ai Cinque Stelle nostrani: ovvero di un controllo ispettivo ministeriale alle strumentazioni in uso dalle centraline di monitoraggio ARPA, ovviamente senza preavviso.

Ma tant'è, questo passa il convento della politica triestina e regionale: da Dipiazza a Cosolini, da Scoccimarro a Ussai uno vale l'altro.

Post scriptum. Siamo ancora in attesa di conoscere cosa si siano detti il Presidente della Regione, Fedriga, ed il cavalier Arvedi nel lungo incontro avuto otto e passa mesi orsono. Non si trattava di due amici al bar, o ci sbagliamo?

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Incredibile ma vero! FVG. La Regione del Comma 22.

» Inviato da valmaura il 27 February, 2019 alle 12:32 pm

«Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo.»
Tradotto nel burocratese regionale. Per stanziare la misura regionale integrativa al REI (attuale sostegno al reddito nazionale) debbono aspettare la procedura di comunicazione dell' INPS con tempi di attesa-ritardo compresi tra le due settimane e i due mesi, perchè la Regione FVG che eroga “L'integrazione REI FVG” non ha accesso ai sistemi informatici INPS.
Accesso diretto che invece hanno i Comuni della Regione che scaricano i tabulati INPS-Rei in tempo reale, addirittura con le date di pagamento.
Ma la Regione, udite udite, si rifiuta di richiedere i tabulati INPS ai Comuni e sceglie di attendere da uno a due mesi prima di erogare il contributo integrativo REI Friuli Venezia Giulia (addirittura dopo 6-8 mesi per il 2018). Come se le procedure in vigore con l'INPS, che la Regione rifiuta di cambiare, siano l'undicesimo Comandamento inciso sulle Tavole che Mosè portò giù dal Monte Sinai.
Ciò in pratica continua ad accrescere immotivatamente i disagi e le sofferenze di decine di migliaia di persone a Trieste ed in Regione.
Una considerazione ed un esempio pratico.
La Regione FVG ha da sempre affidato ai Comuni (Servizi Sociali) la compilazione, la presentazione e l'inoltro di tutte le pratiche. Dalla vecchia MIA Regionale, al REI Nazionale (INPS), all'Integrazione regionale REI FVG, alla nuova misura regionale di sostegno al reddito in vigore dal gennaio 2019.
Per un arcano disegno del destino di cui chiederemo conto all'Oracolo di Delfi oppure al Mago Otelma i Comuni possono accedere direttamente ai programmi informatici dell'INPS, cosa preclusa invece alla Regione vittima della maledizione di Tutankhamon.
Ora in attesa che la Maga Magò tolga la fattura, anche un bambino di cinque anni capisce che basterebbe, ad evitare ritardi ed ulteriori pene, che la Regione si facesse inviare dai Comuni in tempo reale copia dei tabulati INPS in loro possesso, onde avviare tempestivamente l'erogazione dell'integrazione regionale.
Troppo facile, troppo logico, troppo di buon senso, ed infatti la Regione si rifiuta semplicemente di farlo.
L'esempio. Mario Rossi (nucleo familiare single) con un ISEE (reddito annuale) inferiore a 1000 euro, riceveva con la MIA "ben" 400 euro mensili in contanti (che salgono fino a 550 per una famiglia con due bambini). Insomma “roba da sciuri”.
Da giugno 2018 (scaduta la MIA) non riceve NULLA. Con fine febbraio 2019 si vede finalmente riconosciuto il REI nazionale dall'INPS che gli eroga ben 187,50 Euro su di una Card delle Poste con un limite di contante pari al 60%. La Regione stanzia pertanto ulteriori 185 euro, sempre sulla Card e sempre con quel limite di prelievo, per un totale di 372,50 euro di cui 240 prelevabili ai Bancomat. Dunque lo sfortunato già ci rimette quasi 30 euro rispetto alla vecchia MIA. Ma non solo, riceverà i 185 regionali con uno o due mesi di ritardo per il “Comma 22” della Regione FVG.
Facile campare al mese con 187,50 euro, più difficile camparci con i 10.000 euro più benefit di Riccardi o con le due/tre migliaia e passa di euro per 14 mensilità dei funzionari regionali.
Come li compatiamo: presto apriamo una colletta per offrir loro almeno un caffè, che alla brioche non ci arriviamo.

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