“Mai dire gatto se non ce l'hai nel sacco”: Trapattoni.
» Inviato da valmaura il 27 March, 2020 alle 1:12 pm
Robe da CoronaVirus.
Regione FVG. “Entro questa settimana distribuiremo casa per casa due mascherine per ogni abitante”. Infatti, a settimana finita ora balbettano che forse tra “una decina di giorni”, ma devono capire ancora come e dove inizierà la “distribuzione”, le prime famiglie riceveranno si due mascherine ma non a persona ma per nucleo. E poi bisognerà attendere la loro disponibilità, delle mascherine. Addio Core! ASUITS giuliana. Si spera che nella prima settimana di aprile siano pronti i primi, sottolineato primi, posti letto per la terapia intensiva e sub-intesiva, nel dodicesimo piano della Torre di Cattinara, smantellato con altri quattro più di un anno fa per i lavori del mai cominciato Cantiere di rifacimento dell'ospedale. Fateci capire più di venti giorni, a leggere gli annunci sulla stampa, per ripristinare dei locali già esistenti. Si fa sommessamente notare che in Cina ma anche in altre città e paesi ci hanno messo un terzo di tempo abbondante in meno per costruire da zero interi ospedali. Rapidi e invisibili ... Comune di Trieste. Importante contributo alla battaglia contro l'epidemia. Da oggi la Giunta comunale ha dato un segno di esistenza in vita: ha invitato i gestori degli stalli blu a liberalizzarne l'utilizzo senza chiedere il pagamento della gabella. Azzo! Sempre Comune più Agegas. Da due giorni, con Bora a 120, in viale Romolo Gessi, ma immaginiamo non solo, i mezzi della ditta a cui è affidata la pulizia stradale, da polveri e foglie, continuano imperterriti a fare su e giù, però a spazzoloni rotanti sollevati perchè ovviamente non c'è traccia di foglie o polveri. CervelloVirus. Chi l'ha vista? La politica si intende.
» Inviato da valmaura il 26 March, 2020 alle 1:35 pm
Si è forse accorto che buona parte dei cosiddetti “Servizi essenziali” in realtà a Trieste sono chiusi? Oggi ad esempio non c'è ufficio postale aperto da San Dorligo a via Bramante, e domani inizia il pagamento pensioni. In via Bramante l'unico aperto nella zona ad est di piazza Verdi fino ad Aquilinia, stamane con il clima “mite” e temperato c'era una fila che arrivava quasi all'altezza di via San Michele. Della serie: se non ci pensa il Covid-19 basta l'ordinaria Broncopolmonite. Idem dicasi per le filiali ed agenzie bancarie a partire da Unicredit, con lo scandalo che parecchi Bancomat erano fuori servizio per “motivi tecnici”. E poi dicono che le persone non devono muoversi in città. E capiamo che al piccolo giornale non si guarda in bocca a “caval donato”, ovvero all'inserzionista pubblicitario specie se ricco, ma passare la fiaba che Trieste sia una delle prime venti città italiane per consumo pro capite di acqua potabile bè è un tantino grossa. Bisognerebbe leggersi gli eleganti bilanci annuali della ex municipalizzata per scoprire che le tubature non proprio nuove del servizio idrico hanno da anni una dispersione per strada di oltre il 40% del portato. Ma non c'è fretta di intervenire tanto non un decilitro va sprecato, che i triestini se lo vedono comunque addebitare in bolletta sotto la voce “dispersione di rete” nel dispacciamento. Ed ora continui pure il suo tranquillo giardinaggio.
CoronaVirus. Per capire.
» Inviato da valmaura il 25 March, 2020 alle 2:25 pm
Sanità. Numeri impietosi. Che la responsabilità torni allo Stato.
Negli anni Ottanta si potevano accogliere 530 mila pazienti, 365 mila nel 1992 e solo 191 mila nel 2017. Il tracollo del Ssn: meno ospedali, posti letto dimezzati in trent’anni. L’emergenza sanitaria innescata dal coronavirus si è tradotta in una corsa disperata ad aumentare i posti letto negli ospedali. Da quattro settimane è partito il piano per aumentare la capacità delle terapie intensive che oggi sono arrivate a 8.370 posti, il 64% in più rispetto all’inizio dell’emergenza. Per dare l’idea della pressione sul sistema sanitario, negli ultimi giorni 59 pazienti sono stati trasferiti dalla Lombardia in altre Regioni del CentroSud per evitare il collasso. E questo grazie alla riconversione lampo di 71 ospedali in strutture dedicate solo ad affrontare i malati di Covid-19. Questa corsa mostra i limiti del sistema sanitario nazionale dopo anni di definanziamento (minori risorse rispetto agli stanziamenti assicurati e all’aumento dei prezzi sanitari, che di fatto si traducono in tagli reali). Nell’ultimo decennio, secondo le stime della Fondazione Gimbe, al Ssn sono stati sottratti 37 miliardi (25 solo nel 2012-15), mentre è aumentata la spesa verso la sanità privata, che però si rivolge a prestazioni più remunerative e mostra tutti i suoi limiti in caso di emergenza sanitaria. A RIMETTERCI DI PIÙ sono stati i posti letto ospedalieri. Secondo il “Rapporto Sanità 2018 - 40 anni del Servizio Sanitario Nazionale” del Centro Studi Nebo, si è passati dai 530.000 posti letto del 1981 (di cui 68mila dedicati all’area psichiatrica e manicomiale) ai 365.000 del 1992, dai 245.000 del 2010 fino ai 191mila del 2017, ultimo dato disponibile. In rapporto al numero di abitanti, siamo passati da 5,8 posti letto ogni mille abitanti del 1998, ai 4,3 nel 2007 ai 3,6 nel 2017. Stando ai dati del ministero della Salute, rielaborati da Anaao Giovani (il sindacato dei medici), nel 2010 l’assistenza ospedaliera si è avvalsa di 1.165 istituti di cura, di cui il 54% pubblici e il 46% privati, oggi il numero è sceso a mille unità, ma a diminuire sono state di più le strutture pubbliche (che ora sono il 51,8% del totale) rispetto alle delle cliniche private accreditate (48,2%). Queste ultime dislocate soprattutto in Lazio (124), Lombardia (72) e Sicilia e Campania (58). Sono state le grandi riforme di contenimento della spesa sanitaria del 2012 (governo Monti), del 2015 (governo Renzi) a portare alla chiusura dei presidi ospedalieri più piccoli, spesso riconvertendoli in strutture alternative: negli ultimi 10 anni si sono creati 2.000 presidi in più per l’assistenza territoriale residenziale e 700 per l’assistenza semiresidenziale, mentre i posti letto diminuivano. Un tentativo malriuscito di efficientare il sistema e consentire assistenza fuori dagli ospedali, anche a causa del gigantesco definanziamento (la spesa sanitaria è inferiore a tutti i grandi Paesi Ue). NEL 2010 il Servizio sanitario nazionale (Ssn) disponeva di 244.310 posti letto per degenza ordinaria (acuti e post-acuti), di cui il 71,8% (175.417 posti letto) erano in carico al pubblico e il 28,2% (68.893) al privato, 21.761 posti per day hospital (quasi totalmente pubblici) e 8.230 posti per day surgery (l’80% pubblici). Nel 2017, invece, i posti letto sono scesi a 3,6 ogni mille abitanti. In tutto erano 211.593 per degenza ordinaria di cui il 69,5% (147.035) in carico al Ssn, mentre il 30,5% (64.558) al privato (di questi, il 23,3% nelle strutture accreditate), 13.050 posti per day hospital, quasi tutti pubblici (89,4%) e di 8.515 posti per day surgery in grande prevalenza pubblici (78,2%). La Regione con il maggior numero di posti letto era la Lombardia con 8.384, seguita da Lazio (7.168) e Campania con 5.347. È in un momento di emergenza che vale la pena ricordare cosa è stato sottratto al servizio sanitario, considerato tra i migliori a livello mondiale. Facciamo l’esempio della Regione al centro dell’emergenza CoronaVirus. Lombardia. A incassare i soldi pubblici sono gli imprenditori privati. Nella Regione di Roberto Formigoni e poi dei presidenti leghisti, è avvenuta la forma più completa di passaggio dalla sanità pubblica al sistema misto in cui pubblico e privato sono equiparati. Il budget annuo per la sanità è di 19,5 miliardi di euro. A pagare è sempre la Regione, con soldi pubblici, ma a incassare sono sempre di più, di anno in anno, gli imprenditori privati della sanità, tra cui due colossi: il San Raffaele (gruppo San Donato della famiglia Rotelli) e Humanitas (gruppo Rocca). Sono via via diminuite le risorse per gli ospedali pubblici, sono stati chiusi o “riconvertiti” tanti piccoli ospedali, sono più che dimezzati i posti letto. In Lombardia il sorpasso è già avvenuto: la sanità privata incassa più di quella pubblica. Gli ultimi dati del 2017, ancora non lo rilevano, ma già dicono che il privato incamera in proporzione più risorse del pubblico. Su 1,441 milioni di ricoveri, 947 mila (il 65%) sono negli ospedali pubblici, 495 (il 35%) nelle strutture private. Ma il privato incassa 2,153 miliardi di euro sui 5,4 totali (il 40%), contro i 3,271 del pubblico. Dunque il 35% dei ricoveri incassa il 40% delle risorse impegnate dalla Regione.
Trieste. Il Comune “ama” il verde. Il CoronaVirus invece no.
» Inviato da valmaura il 24 March, 2020 alle 2:05 pm
A giorni alterni, l'ultima volta una decade orsono, l'amministrazione comunale per bocca dell'assessore responsabile, Lodi, sente il bisogno di ripetere ossessivamente quanto il Comune di Trieste “abbia a cuore” gli alberi ed il verde pubblico. Ovviamente, e come sempre, stampa e televisioni riportano acriticamente supine queste dichiarazioni d'amore.
Addirittura il rifacimento del giardino di piazza Carlo Alberto, lasciato colpevolmente abbandonato al degrado più sfacciato da lungo tempo, viene inserito nel “piano triennale delle opere” da qui al 2022. Campa cavallo !
Ci sarebbero poi le condizioni preagoniche di tanti altri giardini, in buona parte ancora inquinati e parzialmente chiusi da quattro anni, non mesi o settimane, a partire da quello enorme di Ponziana.
Ma poi tutto questo “afflato” verso gli alberi è contraddetto da campagne di abbattimenti di centinaia e centinaia di esemplari che hanno caratterizzato due amministrazioni in particolare: quelle di Dipiazza e Cosolini. Centro o periferia che fosse la mattanza non si è mai interrotta: ultimo esempio il taglio di due palme in viale Romolo Gessi l'altro giorno.
Ecco, che il coro unanime dei maggiori esperti scientifici del pianeta Terra certifichi che la deforestazione, il massacro del verde e la cementificazione siano una, e forse la più importante, causa dell'emergenza Clima, delle catastrofi naturali che si succedono a ritmo sempre più incalzante, e dell'humus dove con una frequenza sempre più preoccupante si scatenano pandemie gravissime che dal mondo animale, saltato ogni equilibrio naturale, si trasmettono all'uomo, pare non interessi per nulla questa nostra politica e non la spinga ad invertire la rotta prima che sia troppo tardi. Anche se tardi oramai lo è davvero.
Un po' come questa politica italiana che grida un giorno sì e l'altro pure che “la nostra Sanità è allo stremo”, priva di strutture, personale e mezzi di fronte all'emergenza CoronaVirus, senza guardarsi mai allo specchio e sputarsi in faccia.
Chi ha smantellato da anni ed anni la sanità ospedaliera e territoriale, quella pubblica si intende perchè quella privata è stata favorita, e finanziata con i soldi pubblici?
Mia Zia Maria o questi stessi politici che ora gridano “Aita, Aita” cercando pure di farsi passare per vittime?
Quando, e confidiamo il prima possibile, ripartiremo la “normalità” non dovrà tornare ad essere quella ante febbraio 2020. O sarà stato tutto inutile, come le migliaia di persone decedute non per un destino “cinico e baro” ma per la colpa di chi ha creato un sistema dove i mercati finanziari valgono più delle vite umane.
Terremoto e centrale nucleare di Krsko. Ci manca solo questo!
» Inviato da valmaura il 23 March, 2020 alle 1:35 pm
Poco più di 130 chilometri separano Trieste (un’ora e mezza di macchina) dalla vetusta centrale nucleare slovena di Krsko (costruita nel 1981 ed in piena operatività dal gennaio 1983). In questo mese si è rimessa fortemente in movimento la Faglia Balcanica che coinvolge una delle aree a più alta, e devastante per i precedenti, sismicità d’Europa. A partire dai recentissimi forti terremoti della Turchia, Macedonia, Grecia-Albania, e stamane in Croazia (due scosse di magnitudo 5.4 e 4.6 della Scala Richter a Zagabria) tutti accaduti in questo mese con un percorso ascendente, ovvero da Sud verso Nord lungo il percorso di faglia che ha come ultima tappa proprio la Slovenia e l’alto Friuli, sfiorando Trieste. Da fresche notizie delle Agenzie d’informazione risulta che gli “esperti” della Centrale slovena, che dista solo una sessantina di chilometri da Zagabria, hanno ritenuto di non vedere motivo per sospendere né anche solo ridurne l’operatività. Forse sarebbe il caso di non aggiungere preoccupazione (CoronaVirus) a preoccupazione (eventuale rischio fuga radioattiva) e bene farebbe il Governo Italiano ad attivarsi con l’omologo Sloveno, e la UE, per richiedere l’immediato fermo impianto di Krsko. D’altronde è la stessa prassi che pochi giorni orsono la Slovenia ha applicato con la chiusura dei confini con l’Italia: a fini “preventivi” come dichiarato.