» Inviato da valmaura il 25 March, 2020 alle 2:25 pm
Sanità. Numeri impietosi. Che la responsabilità torni allo Stato.
Negli anni Ottanta si potevano accogliere 530 mila pazienti, 365 mila nel 1992 e solo 191 mila nel 2017. Il tracollo del Ssn: meno ospedali, posti letto dimezzati in trent’anni. L’emergenza sanitaria innescata dal coronavirus si è tradotta in una corsa disperata ad aumentare i posti letto negli ospedali. Da quattro settimane è partito il piano per aumentare la capacità delle terapie intensive che oggi sono arrivate a 8.370 posti, il 64% in più rispetto all’inizio dell’emergenza. Per dare l’idea della pressione sul sistema sanitario, negli ultimi giorni 59 pazienti sono stati trasferiti dalla Lombardia in altre Regioni del CentroSud per evitare il collasso. E questo grazie alla riconversione lampo di 71 ospedali in strutture dedicate solo ad affrontare i malati di Covid-19. Questa corsa mostra i limiti del sistema sanitario nazionale dopo anni di definanziamento (minori risorse rispetto agli stanziamenti assicurati e all’aumento dei prezzi sanitari, che di fatto si traducono in tagli reali). Nell’ultimo decennio, secondo le stime della Fondazione Gimbe, al Ssn sono stati sottratti 37 miliardi (25 solo nel 2012-15), mentre è aumentata la spesa verso la sanità privata, che però si rivolge a prestazioni più remunerative e mostra tutti i suoi limiti in caso di emergenza sanitaria. A RIMETTERCI DI PIÙ sono stati i posti letto ospedalieri. Secondo il “Rapporto Sanità 2018 - 40 anni del Servizio Sanitario Nazionale” del Centro Studi Nebo, si è passati dai 530.000 posti letto del 1981 (di cui 68mila dedicati all’area psichiatrica e manicomiale) ai 365.000 del 1992, dai 245.000 del 2010 fino ai 191mila del 2017, ultimo dato disponibile. In rapporto al numero di abitanti, siamo passati da 5,8 posti letto ogni mille abitanti del 1998, ai 4,3 nel 2007 ai 3,6 nel 2017. Stando ai dati del ministero della Salute, rielaborati da Anaao Giovani (il sindacato dei medici), nel 2010 l’assistenza ospedaliera si è avvalsa di 1.165 istituti di cura, di cui il 54% pubblici e il 46% privati, oggi il numero è sceso a mille unità, ma a diminuire sono state di più le strutture pubbliche (che ora sono il 51,8% del totale) rispetto alle delle cliniche private accreditate (48,2%). Queste ultime dislocate soprattutto in Lazio (124), Lombardia (72) e Sicilia e Campania (58). Sono state le grandi riforme di contenimento della spesa sanitaria del 2012 (governo Monti), del 2015 (governo Renzi) a portare alla chiusura dei presidi ospedalieri più piccoli, spesso riconvertendoli in strutture alternative: negli ultimi 10 anni si sono creati 2.000 presidi in più per l’assistenza territoriale residenziale e 700 per l’assistenza semiresidenziale, mentre i posti letto diminuivano. Un tentativo malriuscito di efficientare il sistema e consentire assistenza fuori dagli ospedali, anche a causa del gigantesco definanziamento (la spesa sanitaria è inferiore a tutti i grandi Paesi Ue). NEL 2010 il Servizio sanitario nazionale (Ssn) disponeva di 244.310 posti letto per degenza ordinaria (acuti e post-acuti), di cui il 71,8% (175.417 posti letto) erano in carico al pubblico e il 28,2% (68.893) al privato, 21.761 posti per day hospital (quasi totalmente pubblici) e 8.230 posti per day surgery (l’80% pubblici). Nel 2017, invece, i posti letto sono scesi a 3,6 ogni mille abitanti. In tutto erano 211.593 per degenza ordinaria di cui il 69,5% (147.035) in carico al Ssn, mentre il 30,5% (64.558) al privato (di questi, il 23,3% nelle strutture accreditate), 13.050 posti per day hospital, quasi tutti pubblici (89,4%) e di 8.515 posti per day surgery in grande prevalenza pubblici (78,2%). La Regione con il maggior numero di posti letto era la Lombardia con 8.384, seguita da Lazio (7.168) e Campania con 5.347. È in un momento di emergenza che vale la pena ricordare cosa è stato sottratto al servizio sanitario, considerato tra i migliori a livello mondiale. Facciamo l’esempio della Regione al centro dell’emergenza CoronaVirus. Lombardia. A incassare i soldi pubblici sono gli imprenditori privati. Nella Regione di Roberto Formigoni e poi dei presidenti leghisti, è avvenuta la forma più completa di passaggio dalla sanità pubblica al sistema misto in cui pubblico e privato sono equiparati. Il budget annuo per la sanità è di 19,5 miliardi di euro. A pagare è sempre la Regione, con soldi pubblici, ma a incassare sono sempre di più, di anno in anno, gli imprenditori privati della sanità, tra cui due colossi: il San Raffaele (gruppo San Donato della famiglia Rotelli) e Humanitas (gruppo Rocca). Sono via via diminuite le risorse per gli ospedali pubblici, sono stati chiusi o “riconvertiti” tanti piccoli ospedali, sono più che dimezzati i posti letto. In Lombardia il sorpasso è già avvenuto: la sanità privata incassa più di quella pubblica. Gli ultimi dati del 2017, ancora non lo rilevano, ma già dicono che il privato incamera in proporzione più risorse del pubblico. Su 1,441 milioni di ricoveri, 947 mila (il 65%) sono negli ospedali pubblici, 495 (il 35%) nelle strutture private. Ma il privato incassa 2,153 miliardi di euro sui 5,4 totali (il 40%), contro i 3,271 del pubblico. Dunque il 35% dei ricoveri incassa il 40% delle risorse impegnate dalla Regione.
Trieste. Il Comune “ama” il verde. Il CoronaVirus invece no.
» Inviato da valmaura il 24 March, 2020 alle 2:05 pm
A giorni alterni, l'ultima volta una decade orsono, l'amministrazione comunale per bocca dell'assessore responsabile, Lodi, sente il bisogno di ripetere ossessivamente quanto il Comune di Trieste “abbia a cuore” gli alberi ed il verde pubblico. Ovviamente, e come sempre, stampa e televisioni riportano acriticamente supine queste dichiarazioni d'amore.
Addirittura il rifacimento del giardino di piazza Carlo Alberto, lasciato colpevolmente abbandonato al degrado più sfacciato da lungo tempo, viene inserito nel “piano triennale delle opere” da qui al 2022. Campa cavallo !
Ci sarebbero poi le condizioni preagoniche di tanti altri giardini, in buona parte ancora inquinati e parzialmente chiusi da quattro anni, non mesi o settimane, a partire da quello enorme di Ponziana.
Ma poi tutto questo “afflato” verso gli alberi è contraddetto da campagne di abbattimenti di centinaia e centinaia di esemplari che hanno caratterizzato due amministrazioni in particolare: quelle di Dipiazza e Cosolini. Centro o periferia che fosse la mattanza non si è mai interrotta: ultimo esempio il taglio di due palme in viale Romolo Gessi l'altro giorno.
Ecco, che il coro unanime dei maggiori esperti scientifici del pianeta Terra certifichi che la deforestazione, il massacro del verde e la cementificazione siano una, e forse la più importante, causa dell'emergenza Clima, delle catastrofi naturali che si succedono a ritmo sempre più incalzante, e dell'humus dove con una frequenza sempre più preoccupante si scatenano pandemie gravissime che dal mondo animale, saltato ogni equilibrio naturale, si trasmettono all'uomo, pare non interessi per nulla questa nostra politica e non la spinga ad invertire la rotta prima che sia troppo tardi. Anche se tardi oramai lo è davvero.
Un po' come questa politica italiana che grida un giorno sì e l'altro pure che “la nostra Sanità è allo stremo”, priva di strutture, personale e mezzi di fronte all'emergenza CoronaVirus, senza guardarsi mai allo specchio e sputarsi in faccia.
Chi ha smantellato da anni ed anni la sanità ospedaliera e territoriale, quella pubblica si intende perchè quella privata è stata favorita, e finanziata con i soldi pubblici?
Mia Zia Maria o questi stessi politici che ora gridano “Aita, Aita” cercando pure di farsi passare per vittime?
Quando, e confidiamo il prima possibile, ripartiremo la “normalità” non dovrà tornare ad essere quella ante febbraio 2020. O sarà stato tutto inutile, come le migliaia di persone decedute non per un destino “cinico e baro” ma per la colpa di chi ha creato un sistema dove i mercati finanziari valgono più delle vite umane.
Terremoto e centrale nucleare di Krsko. Ci manca solo questo!
» Inviato da valmaura il 23 March, 2020 alle 1:35 pm
Poco più di 130 chilometri separano Trieste (un’ora e mezza di macchina) dalla vetusta centrale nucleare slovena di Krsko (costruita nel 1981 ed in piena operatività dal gennaio 1983). In questo mese si è rimessa fortemente in movimento la Faglia Balcanica che coinvolge una delle aree a più alta, e devastante per i precedenti, sismicità d’Europa. A partire dai recentissimi forti terremoti della Turchia, Macedonia, Grecia-Albania, e stamane in Croazia (due scosse di magnitudo 5.4 e 4.6 della Scala Richter a Zagabria) tutti accaduti in questo mese con un percorso ascendente, ovvero da Sud verso Nord lungo il percorso di faglia che ha come ultima tappa proprio la Slovenia e l’alto Friuli, sfiorando Trieste. Da fresche notizie delle Agenzie d’informazione risulta che gli “esperti” della Centrale slovena, che dista solo una sessantina di chilometri da Zagabria, hanno ritenuto di non vedere motivo per sospendere né anche solo ridurne l’operatività. Forse sarebbe il caso di non aggiungere preoccupazione (CoronaVirus) a preoccupazione (eventuale rischio fuga radioattiva) e bene farebbe il Governo Italiano ad attivarsi con l’omologo Sloveno, e la UE, per richiedere l’immediato fermo impianto di Krsko. D’altronde è la stessa prassi che pochi giorni orsono la Slovenia ha applicato con la chiusura dei confini con l’Italia: a fini “preventivi” come dichiarato.
Trieste senza sindaco.
» Inviato da valmaura il 21 March, 2020 alle 12:50 pm
Una settimana fa titolammo “una città senza sindaco” confidando, poco per la verità, che contrariamente a quanto scritto da Alessandro Manzoni per Don Abbondio “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”, prevalesse nel “primo cittadino” il senso della propria responsabilità, anche e soprattutto per il ruolo che la legge gli assegna di “Ufficiale Sanitario” del Comune.
Ebbene ci siamo sbagliati appieno.
Una settimana passata quasi tutta a rilasciare poche dichiarazioni via streaming, lasciando alla Regione di emettere il divieto di accesso a giardini e aree pubbliche per attività ginnica e sportiva all'aperto, nonostante gli inviti pubblici da questa inutilmente rivoltegli.
Delegando ad un assessore, il bravo Lobianco, financo l'elogio ai dipendenti comunali sul lavoro.
Per finire con l'incredibile autogol del messaggio social dal giardino della sua villa “io resto a casa”.
No Dipiazza: tu resti in Municipio!
Su quella che qualche amante della retorica definirebbe la “plancia di comando”, a svolgere i tuoi compiti a tutela della salute dei tuoi concittadini, con la stessa dedizione richiesta e dovuta dall'ultimo degli oltre duemila dipendenti del Comune.
Oggi l'unico cenno di vita su tutta la prima pagina del piccolo giornale riguarda sempre e solo la questione dell'abbattimento, ri-negato una seconda volta dal Ministero, della sala Tripcovich.
La rabbia del sindaco “Loro hanno vinto la prima battaglia, ora inizia la guerra”.
In questi tempi da tregenda lui se ne esce soprattutto con la questione della Tripcovich. Assolutamente inadeguato a comprendere la realtà e le priorità ora per Trieste.
Al pari di quel suo sodale e sponsor politico di ex senatore e pregiudicato che in ben NOVE minuti di intervista, si fa per dire, trasmessa a ciclo continuo, senza pudore e vergogna, sull'emittente televisiva di famiglia, farnetica, in un italiano incomprensibile, di una congiura cinese che ha determinato la nascita in laboratorio e diffusione planetaria del Covid 19 per “cinesizzare” il nostro Porto e Trieste !
L'intervistatore, il prono Stabile, che non indossava neppure il camice bianco d'ordinanza per accompagnarlo ai servizi sanitari del più vicino CIM, ha scelto proprio il momento peggiore per i vaneggiamenti tipo Spectre o FODRA per mandare in onda lo straziante polpettone.
Il giorno dopo l'arrivo in Italia del volo cargo con medici cinesi e tonnellate di aiuti sanitari, inviati non da “Mister NO” ma dal Governo Cinese, e quello prima alla pubblicazione degli studi univoci di tutti gli scienziati del Pianeta che definivano l'attuale Coronavirus frutto di una modificazione genetica avvenuta nel mondo animale ed escludevano tassativamente una origine da laboratorio.
Ma cosa non si fa nel “giornalismo” triestino ad onta e sprezzo del ridicolo.
Senza ricorrere alle immagini degli amministratori pubblici, sindaci e presidenti di Regione di mezza Italia, oramai divenute consuetudinarie su TG e stampa ci limitiamo a pubblicare le foto del contiguo Comune di Monfalcone dove quel Sindaco, Anna Cisint, da cui ci separa ideologicamente quasi tutto, se ne sta doverosamente al lavoro in Municipio e non “a casa” in questi drammatici frangenti.
Cari amici vi scrivo.
» Inviato da valmaura il 19 March, 2020 alle 2:41 pm
Chi mi conosce personalmente sa quanto ami la vita all’aria aperta, le passeggiate, le camminate nei boschi, e non c’è sacrificio e rimpianto che più pesino nel dovervi rinunciare, e non mi riferisco solo a questi tempi emergenziali. Ma non è tollerabile oltre, che nel luogo dove porto a passeggiare, per due sole volte e per non più di quindici minuti ad uscita, i miei due cani (irrazionalmente preoccupato nel mio subconscio più per loro che per me) vi incontri ora più di prima persone, e non solo giovani, che corrono, corricchiano, ansimando perché neppure allora rinunciano a parlare con quel cavolo di piastrella in mano che alcuni chiamano smart-iphone, che fanno ginnastica, si sfiorano, usano sudati panchine e sedie, e via scendendo nella scala dell’orrido. Non ci può essere scusante psicologica-antropologica che tenga per giustificare questa forma di egoismo edonistico che impedisce a questi “umani” di rinunciare per due-tre settimane a questa abitudine. Non farlo è un INSULTO a quelli che hanno scelto di accogliere inviti e decreti che impongono per il bene di tutti di starsene il più possibile a casa. Qui non stiamo giocando, né decidendo solo della propria sorte personale da scommettere in una insensata roulette russa. Se fosse così, ovvero se esponessero solo loro, risponderei alfine con un vibrante “echissenefrega”. Ma corrono il rischio di far pagare a terzi il loro irresponsabile comportamento. Ed allora ben vengano, subito e senza esitazioni o ripensamenti, i divieti draconiani alle uscite “sportive” o da tintarella, con bici o senza. Lo faccia il Governo, o la Regione, visto che il Sior Tentenna che abbiamo – ma esiste? - per sindaco e la pavidità di una politica locale in cerca di non scontentare e perdere voti non hanno il coraggio di assumersi alcuna responsabilità. E lo scriverlo mi costa fatica e dolore, per la mia indole anticonformista e libertaria. Primum vivere deinde philosophari dicevano i Romani che la sapevano lunga, molto più lunga di noi. E che i mone li gettavano giù dalla Rupe Tarpea. Maurizio Fogar.