» Inviato da valmaura il 1 August, 2020 alle 2:07 pm
Se non apparisse irrispettoso per deceduti e familiari e per i tanti sacrifici di cui è causa, sarebbe paradossalmente da ringraziare questa pandemia che ha messo impietosamente a nudo lo stato comatoso in cui versano, soprattutto a Trieste, i servizi ospedalieri e sanitari sul territorio. E se ancora stanno in piedi e nonostante tutto esprimono pure delle eccellenze lo si deve all’abnegazione, unita alla indiscussa formazione professionale ed umana (un ricordo per tutti: Fulvio Camerini), di molti suoi operatori che fino ad oggi né lo Stato prima e soprattutto la Regione poi hanno saputo adeguatamente valorizzare. Questo è frutto di una “razionalizzazione” che contro ogni logica, buonsenso e rispetto dell’articolo della Costituzione che garantisce la tutela della salute dei cittadini come un bene primario, ha portato in questi ultimi 30 e passa anni ad un progressivo smantellamento e chiusura di strutture ospedaliere, ad un taglio emorragico di posti letto, ad una drastica riduzione del personale con l’alibi di un servizio sanitario distrettuale che non è mai riuscito a decollare. La frasetta: della “presa in carico” dei pazienti da parte dei Distretti sembra scritta sull’acqua in molta parte dei casi e dei risultati. E sconta l’impreparazione e l’inadeguatezza dei servizi sociali comunali. Anzi rispetto alla cronica carenza di personale, medico e paramedico nella sanità territoriale, c’è da domandarsi a cosa servono quattro direttori per quattro distretti a Trieste se, come nel caso descritto ieri, non hanno nemmeno l’autonomia decisionale per riaprire un ambulatorio per i prelievi di loro competenza, o di ottenere nuovo personale quando necessita. Ma chi governa la sanità triestina? Chi ha deciso il folle e costosissimo trasferimento dell’Ospedale pediatrico Burlo Garofalo, per altro depauperato da anni di quella “eccellenza” che lo faceva un modello in Europa? Come ce lo ripeteva affranto Isidoro Marass, già Direttore Sanitario del Burlo e poi Consulente Europeo per la Pediatria, socio fondatore del Circolo Miani. Insomma chi ha prodotto questa situazione? La risposta è una sola: questa politica, indipendentemente dal suo colore, per le scelte della Regione, il vero “dominus” da decenni, e la pavidità del Comune di Trieste. Lo spuntare sempre più del sostituto fornito dalla sanità privata, convenzionata, un legittimo e crescente business, altro non è che il frutto o se volete il risultato di queste scelte politiche. Talvolta vien da pensare perfino l’obbiettivo. Fino ad arrivare ad episodi grotteschi dove il paziente triestino in attesa di una necessaria Risonanza Magnetica, calendarizzata dal CUP sette mesi dopo a Cattinara, si sente suggerire dai medici ospedalieri l’invito a rivolgersi ad una nota clinica radiologica del vicino Veneto, convenzionata e dove non pagherà nemmeno il ticket se esente, che gli fissa l’appuntamento per il giorno dopo. E la risposta te la manda a casa via espresso postale in settimana. Non parliamo poi delle liste e dei tempi d’attesa per prestazioni o visite specialistiche nel servizio pubblico, che bisogna munirsi dell’agenda dell’anno venturo. Però c’è il privato convenzionato, e se non basta il privato privato. Ora si parla di cambiare rotta, di ritornare sui propri passi, di far dimenticare Pronti Soccorsi come quello che ha accompagnato per anni l’ospedale di Cattinara, con un medico e due infermieri per cinque ambulatori, ed una attesa media di 10/12 ore; una “osservazione temporanea” di dieci posti per una utenza di 240.000 residenti e i letti accatastati nei corridoi. Quello che il nuovo direttore dell’ASUGI definì sulla stampa nella sua prima uscita pubblica con queste esatte parole: “Il Pronto Soccorso sta bene così com’è”. Per la cronaca si chiama Poggiana, e questo fu il suo biglietto da visita per i Triestini. Suggerito dal sindaco di Gorizia (Forza Italia) e nominato dalla Regione del Leghista Fedriga su proposta dell’assessore Riccardi (Forza Italia). Ma, giusto per equilibrare, non è che prima andasse sempre meglio, anzi. Ma ripartire con chi? Con questa stessa classe politica responsabile dello sfascio? Con i dirigenti che rispondono a stringenti logiche di corrente di cui sono molto spesso il prodotto? Ma ora aspettiamoci una ulteriore crisi assai preoccupante che rischia di incidere non poco sull’aspettativa di vita futura a Trieste ed in Regione. Ovvero la caduta, l’interruzione, o nei migliore dei casi la rarefazione delle terapie, dei controlli, delle visite per quelle decine di migliaia di cittadini che soffrono di patologie croniche e spesso gravi. Perché il Covid-19, grazie anche all’incapacità dei vertici sanitari ha trasformato ospedali e strutture sanitarie in luoghi non di sicurezza e cura ma in focolai d’infezione da cui in questi mesi le persone, anche se ammalate, preferivano tenersi a debita distanza. Ed ora passata l’emergenza la sanità pubblica è nel completo caos non riuscendo a recuperare i fili sospesi ed i ritardi pregressi, oltre che la necessaria fiducia dei pazienti. Un dramma nel dramma, e non è che l’inizio.
ASS, o ASUGI. Provare per credere.
» Inviato da valmaura il 31 July, 2020 alle 11:33 am
Ore 12 di Lunedì 27 luglio. Telefonato a centralino Azienda Sanitaria, tasto 3: informazioni, e chiesto ad operatore se gli ambulatori analisi dei Distretti territoriali, ovvero le strutture decentrate in città e provincia, hanno ripreso a fare i prelievi (analisi sangue e urine) dopo la sospensione da Covid-19. Risposta testuale “A noi non risulta (e se è per questo neppure a noi che poco prima avevamo chiamato la diabetologia di via Puccini, Terzo Distretto, ed avevamo ricevuto conferma del perdurare della chiusura, ma misteriosamente solo dell'ambulatorio prelievi che gli altri servizi più o meno funzionano) ma può prendere appuntamento all'Ospedale Maggiore o alle strutture private convenzionate” e via con i nomi a partire dalla Clinica Salus. Se c'è anche solo una ragione per rimuovere su due piedi l'attuale vertice dell'Asugi, il pupillo di Riccardi: Poggiana, ve la abbiamo appena descritta. Ma come: la clausura da Covid-19 riguarda le strutture sanitarie pubbliche e non quelle private? E se l'unica eccezione è l'ambulatorio ospedaliero di via Stuparich cosa rende impossibile adottare le stesse misure (prelievo su appuntamento con mascherina e guanti o dispenser disinfettante) anche negli ambulatori distrettuali? Oltretutto già prima della pandemia i prelievi venivano fatti con appuntamento e dunque senza assembramenti. Ciò comporta, lo capisce anche un bambino, ma non evidentemente il vertice della sanità regionale e triestina, da un lato il favorire le strutture private, dall'altro creare liste d'attesa lunghissime all'Ospedale Maggiore, e terzo, più grave ed importante, creare rischi concreti alla salute di persone che in grande maggioranza sono chiamate a fare esami per controllare periodicamente l'evolversi delle gravi patologie di cui soffrono. Idem dicasi per le visite specialistiche (vedi oculistiche per diabetici) di cui l'Asugi addirittura non è in grado neppure di prenotare le date. Al trio Fedriga-Riccardi-Poggiana una domandina semplice semplice: sono passati due mesi dalle riaperture. Ora in discoteca, al bagno, alle movide si, ed ai Distretti sanitari no? Ma un po' di imbarazzo quando vi guardate allo specchio lo provate almeno, giudizi estetici comprensibili a parte? PS: ovviamente i politici, tutti, tacciono e stampa e televisioni sono impegnate sul Totò sindaci. Questi?
Comune Sveglia !
» Inviato da valmaura il 30 July, 2020 alle 2:24 pm
Vara un Piano regolatore per antenne e ripetitori.
Dopo aver inutilmente richiesto per ben due volte attraverso uno studio legale al Comune di Trieste l’emissione di una moratoria per la sperimentazione del 5G nel nostro territorio, ora sollecitiamo l’amministrazione comunale a varare nel più breve tempo possibile un Piano regolatore che disciplini le zone della città dove possano essere posizionate antenne e ripetitori della telefonia mobile. Atto che deve contemperare il costituzionale principio della massima precauzione a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente, con le esigenze degli operatori telefonici di garantire una copertura del segnale. Cosa per altro, parzialmente e con esasperante lentezza, avvenuto per i ripetitori delle radio e delle televisioni: da Conconello a Chiampore (Muggia). Non è possibile che oggi proliferi ed anzi aumenti il Far West, la caccia libera su dove posizionare potenti ripetitori (sopra ricreatori, dinanzi a scuole, a pochi metri da strutture sanitarie, in mezzo a zone densissimamente abitate, addirittura a poche decine di metri di distanza l’uno dall’altro facendo così scattare l’effetto “cumulo” dei campi elettromagnetici già ora per le frequenze 3/4G). Oltretutto si assiste anche in città all’aumento di persone sensibili alle radiazioni prodotte da questi impianti, e che si ammalano (elettrosensibilità) sempre di più di patologie che rendono la loro vita un calvario. Inoltre il Comune deve pretendere dalle aziende proprietarie di questi impianti, anche a sollievo di eventuali responsabilità penali e civili ascrivibili ai pubblici amministratori con danno economico per tutta la comunità, la sottoscrizione di una dichiarazione che asseveri e garantisca l’assoluta innocuità della tecnologia da loro installata e che impegni le aziende stesse a rispondere in futuro di ogni eventuale danno arrecato a salute, qualità della vita ed ambiente. Su questo il Circolo Miani non mollerà di un millimetro perché incapacità ed interessi politici non possono mettere a repentaglio la nostra salute.
Interessante !
» Inviato da valmaura il 29 July, 2020 alle 1:06 pm
“Perché l’America non può essere come l’Italia? Lì non ci sono incapaci”: il premio Nobel Krugman promuove la gestione Covid di Roma
In un editoriale sul New York Times, non senza qualche stereotipo sugli italiani allergici alle regole, l'economista riconosce i meriti dell'Italia e del suo governo durante la pandemia. "Il malato d'Europa? E allora cosa si dovrebbe dire degli Usa? Possiamo solo invidiare gli italiani" Magari avessimo fatto come l’Italia. La considerazione che unisce un riconoscimento alla gestione dell’emergenza Covid nel nostro paese e il rammarico per come la vicenda viene affrontata negli Stati Uniti, è del premio Nobel per l’Economia Paul Krugman. Nel suo ultimo editoriale sul New York Times, l’economista punta il dito contro la Casa Bianca per come sta agendo di fronte alla pandemia. Negli Usa infatti i contagi non accennano a diminuire e viaggiano ormai sopra i 75mila nuovi casi giornalieri. “Perchè l’America di Trump non può essere come l’Italia?” si chiede Krugman. “Qualche giorno fa – scrive l’economista – il Times ha pubblicato un articolo su come l’amministrazione Trump sia riuscita a fallire completamente nella risposta al Coronavirus. Il pezzo ha confermato quello che chiunque abbia seguito la debacle sospettava”. Ma su una cosa, prosegue Krugman, non avevamo ancora riflettuto. “il ruolo centrale svolto dall’esperienza dell’Italia”. “L’Italia è stato il primo Paese occidentale ad avere una grande ondata di contagi. Gli ospedali erano sopraffatti e il bilancio iniziale delle vittime terribile. Poi è stato raggiunto il picco ed è iniziato un ripido calo. I funzionari della Casa Bianca erano convinti che anche l’America avrebbe avuto lo stesso percorso. E invece no”, prosegue l’editoriale del Nyt. L’amministrazione Trump infatti, continua Krugman, non ha preso le misure necessarie perché questo accadesse. “A questo punto possiamo solo guardare speranzosi al successo dell’Italia nel contenere il Coronavirus: ristoranti e bar sono riaperti, se pur con delle restrizioni la vita è ripresa in modo normale e il tasso di mortalità in Italia è un decimo di quello negli Stati Uniti”. “Nonostante Donald Trump si vanti di aver dato la migliore risposta al coronavirus nel mondo e qualche sostenitore credulone possa anche crederci, la mia opinione è che la nostra gestione del virus ha fallito completamente rispetto a quella della Germania, ad esempio. Non è sorprendente che la disciplina e la competenza tedesche abbiano dato i loro risultati. Ma come è possibile che l’America abbia fatto peggio dell’Italia?”, si chiede Krugman scadendo in qualche stereotipo sul nostro Paese come quello dei “cittadini non noti per la disponibilità a seguire le regole”. Subito dopo un tentativo, non riuscitissimo, di correzione: non mi lascio andare a facili stereotipi, nonostante i suoi problemi l’Italia è uno stato serio e sofisticato, non un Paese da operetta come a volte viene raccontato. Certo, i suoi cittadini non sono famosi per il rispetto delle regole né la burocrazia per la sua efficienza. Struttura demografica e debolezza economica sono altri fattori penalizzanti nella lotta al Covid. I MERITI DEL GOVERNO – Cosa ha salvato dunque l’Italia secondo Krugman? Il fatto di non avere un governo incapace come quello guidato da Donald Trump. Le autorità italiane hanno infatti saputo muoversi in fretta e con decisione per gestire la situazione, hanno introdotto un blocco severo e sono state giustamente prudenti nelle riaperture. I risultati positivi di questa strategia sono sotto gli occhi di tutti. Gli Usa avrebbero dovuto seguire questo esempio, scrive l’economista, mentre la Casa Bianca ha spinto per una rapida riapertura senza ascoltare gli avvertimenti degli esperti. Anche gli errati messaggi sull’inutilità dell’uso delle mascherine hanno contribuito a far precipitare la situazione. La scommessa di Trump di ignorare i pericoli si è dimostrata disastrosa, sia da un punto di vista sanitario che economico sociale. Milioni di famiglie stanno per esaurire i sussidi per la disoccupazione e la Casa Bianca non sta facendo nulla. Amarissima la conclusione del commento. “Dopo tre anni e mezzo spesi a cercare di rendere l’America di nuovo grande, siamo invece diventati un paese patetico agli occhi del mondo. Possiamo solo invidiare quanto ha saputo fare l’Italia. Spesso il paese è descritto come il malato d’Europa: cosa si dovrebbe dire allora di noi americani?”.
Autorità Portuale e Circolo Miani.
» Inviato da valmaura il 28 July, 2020 alle 12:51 pm
Due ore d'incontro tra Zeno D'Agostino e Maurizio Fogar.
Abbiamo parlato delle criticità da affrontare e risolvere segnalate in più articoli su queste pagine. Ne facciamo schematicamente un riassunto. Intervento immediato per sostituire alla forza motore (inquinantissima) la forza elettrica con l'installo su tutte le banchine, da Porto Vecchio a Muggia, degli appositi terminali a cui le navi all'ormeggio, siano esse da crociera, petroliere o commerciali, si colleghino per alimentare i servizi di bordo. Abbattendo così anche l'inquinamento acustico molto forte soprattutto nelle ore notturne. Presenza degli appositi filtri sui fumaioli delle navi. SIOT. Risolvere la criticità causata dall'olezzo in uscita dai depositi, un nauseabondo tanfo di benzina marcia, che investe le zone di San Dorligo e la fascia costiera triestina. In tempi rapidi perchè la situazione si protrae insopportabilmente da anni. Progettata nuova grande stazione e zona di manovra ferroviaria, da Valmaura-Servola-Scalo Legnami. Studiare tutte le misure da assumere per prevenire l'inquinamento acustico e le copiose emissioni di Polveri Sottili (PM10 e 2,5). Riapertura linea ferroviaria “transalpina” al traffico di treni container. Intervenire il prima possibile per barrierare e ridurre il fortissimo inquinamento acustico in città (da San Giacomo ai Campi Elisi) prodotto dalle fermate, in particolare quella in corrispondenza del viadotto metallico fianco PAM, dei convogli in discesa. Di questo ed altro, in particolare della Siot, si è parlato nel corso delle due ore di incontro che hanno dimostrato una sostanziale condivisione dei temi affrontati e messo altresì in primo piano anche l'attesa di risposte da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE). Si è deciso di rinnovare l'incontro ai primi di settembre per fare il punto della situazione e valutare i tempi necessari, che non sono una variabile indipendente, per concretizzare le soluzioni. Ecco, se ci si permette una considerazione, è così che si affrontano per risolverli i problemi, nell'ottica di raccogliere una sfida importante per la città ed il suo sviluppo: fare di Trieste il primo Porto Green in Italia ed un modello per l'Europa.