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Circolo Miani » News Correnti » Page 152 Trieste. Una giornata senza molta memoria. » Inviato da valmaura il 30 January, 2021 alle 1:50 pm Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa entrò nel complesso dei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau, ed il Giorno della Memoria celebrato in tutto il mondo ha assunto quella data come riferimento.
Anche a Trieste, in tono minore causa Covid-19, è avvenuta la consueta celebrazione in Risiera ed in altri luoghi simbolo.
Ma a Trieste grava come un macigno, e non da oggi, il silenzio e le omissioni sull’esteso fenomeno di collaborazionismo, quasi sempre spontaneo, di vasti strati della città con l’occupante nazista.
Da tempo non è un segreto per nessuno che la nostra città detiene il primato nei fenomeni di fiancheggiamento e collaborazionismo tra tutte le città europee occupate dalle truppe germaniche.
Lo testimoniano gli stessi archivi del Comando centrale delle SS a Berlino dove sono conservate le lettere inviate dal comandante locale Odilo Lotario Globočnik, il Boia di Lublino e lo sterminatore di Treblinka, il triestino “Globus”, qui nato figlio di un impiegato austriaco e di una donna slovena, che sollecitava l’invio di personale di polizia per evadere tutte le denunce, anonime e non, che pervenivano contro ebrei ed antifascisti cittadini.
Un fenomeno che si ripeterà anche durante i 40 giorni di occupazione yugoslava della città.
Si direbbe una “vocazione” triestina motivata, più che da adesioni ideali che pure ci furono soprattutto verso i nazisti, da vendette personali, inimicizie, invidie e brama di arricchimento con i beni dei denunciati, oltre alla taglia offerta dalla Gestapo.
Mai più gli occupanti tedeschi avrebbero potuto commettere tutte quelle efferatezze senza la fattiva collaborazione dei fascisti, con l’assenso attivo dei vertici economici-finanziari locali, ed i tanti delatori, alcuni anche ebrei, che permisero loro di muoversi agevolmente in una città che non conoscevano.
Di questo si parlò pure al Processo contro i responsabili della Risiera nel 1976, ma nonostante l’insistenza di alcuni storici e ricercatori, primo tra tutti Galliano Fogar, che insieme al Giudice Serbo era stato il “motore” dello stesso, la cosa venne stralciata e rimandata ad un seguente atto giudiziario che scomparse nel nulla, e non è difficile capirne le ragioni e le pressioni.
Ebbene questa rimozione grava come un macigno su una società locale che mai ha voluto fare i conti con il proprio passato che condiziona ancora la vita odierna della comunità ed i rapporti di forza al suo interno.
Che poi ieri il Podestà parli di commemorazione in Risiera da cui devono “restare fuori le ideologie”, di fatto parificando il male ad il bene, fa meglio comprendere come parte importante della politica locale abbia sempre sostanzialmente guardato con benevolenza i movimenti di estrema destra da sempre presenti a Trieste e nella Venezia Giulia.
To’, il boscaiolo pentito. » Inviato da valmaura il 29 January, 2021 alle 2:18 pm Un Dipiazza in versione green, che abiura la motosega in nome delle elezioni, oggi si presenta sul piccolo giornale come defensor alberi, dopo che la sua amministrazione, in linea per altro con il predecessore Cosolini, ne ha abbattuti a centinaia, all’anno.
Peccato che oltre aver fatto strame di alberi, in grandissima parte non necessariamente abbattibili, ha varato la delibera, quasi un anno fa: il 13 aprile 2020, in cui il Comune di Trieste si rifiutava di ottemperare a due leggi dello Stato che impongono ai Comuni sopra ai 15.000 abitanti di piantare entro sei mesi un nuovo albero per ogni neonato registrato all’anagrafe. Ovviamente il Commissario del Governo per la Regione FVG, Prefetto di Trieste, a cui spetta il compito di vigilare sull’osservanza delle leggi statuali da parte degli enti locali, non ha fatto una piega e per la Procura del Tribunale siamo ancora in attesa di conoscere l’esito della denuncia da NOI presentata.
Insomma il podestà è rinsavito di colpo sulla via elettorale, ed appare credibile quanto le tradizionali lacrime del coccodrillo, oppure come il boia che si fa promotore dell’abolizione della pena di morte.
Abbiamo illustrato ad abundantiam nei nostri servizi ed articoli come mettere in sicurezza ed eventualmente curare una pianta di alto fusto costi molto ma molto meno che abbatterla ed estirparne ceppo e radici, ma forse il quibus sta tutto qui, nella scelta di spendere soldi risparmiabili.
Abbiamo spiegato che le poche, pochissime nuove piantumazioni, di cui quasi un terzo rinsecchisce e muore per mancata manutenzione nel giro di un anno, prima di produrre gli effetti benefici di una pianta adulta ci mettono almeno due decenni, ma invano: il taglialegna ed i suoi assistenti da quell’orecchio non ci sentono.
Ecco gli offriamo a promemoria una foto che ha fatto il giro del mondo, se la guardi ogni sera prima di coricarsi.
Trieste Verde.
E la sinistra del precariato. » Inviato da valmaura il 29 January, 2021 alle 2:16 pm La vergogna di un tram fermo da cinque anni.
Partiamo, almeno noi, da un Tram di Opicina fermo dal 2016. Dipiazza se l’è presa con la burocrazia ministeriale nel ridicolo tentativo di “buttare la palla in tribuna”.
La realtà dei fatti racconta tutta un’altra storia. Due anni sono stati buttati per non aver azzeccato le due gare d’appalto per il rifacimento dei binari, e qui Roma non ci entra per niente, il Podestà dovrebbe invece cercare le responsabilità del tempo perso in casa: ovvero nella burocrazia di Palazzo Cheba.
Il primo caso infatti grida vendetta al cielo: i dirigenti comunali assegnano l’appalto ad una ditta che non avrebbe nemmeno potuto presentarsi, “incandidabile” si direbbe in tempi di elezioni, per i mancati controlli di legge su casellario giudiziario e carichi pendenti di chi si accingeva ad iniziare i lavori.
E chi doveva fare i controlli? Toio Fior, Siora Maria o i dirigenti del Comune?
Se ne sono accorti solo dopo un anno! Ripetiamo un anno dall’assegnazione dell’appalto.
Tutto da rifare, come diceva il mito Bartali, ed infatti altro tempo perso per istituire una nuova gara d’appalto ed assegnare i lavori. Alla fine la vincente alza bandiera bianca, ovvero la ditta subappaltatrice che ha ricevuto l’incarico di eseguire materialmente la posa delle traversine, non ha i mezzi per farlo.
Ed ora, solo ora, scaduto il termine di consegna cantiere a lavori eseguiti, il 12 gennaio, l’efficiente burocrazia comunale visto che nulla o quasi si è mosso, meno che meno il Tram, ha deciso di aprire la procedura di “messa in mora” della ditta vincitrice l’appalto.
Alè: due anni buttati e del futuro non v’è certezza.
Passiamo agli appalti di “esternalizzazione”, brutta parola per indicare tutte quelle mansioni che un tempo erano svolte da dipendenti comunali, e che oggi spaziano in quasi tutti i campi (dall’istruzione primaria, all’assistenza, alla gestione di ogni tipologia di impianto comunale e museale, alle pulizie, ed al verde, solo per stare stretti).
Gli stipendi di chi lavora, molto spesso poche ore al giorno, sono sotto il limite di sopravvivenza.
Malissimo dunque, e non a caso nelle proposte concrete di Trieste Verde c’è l’unica soluzione per porre fine a questo precariato ed a questo sfruttamento: riportare in seno al Comune, assumendo il personale necessario e se serve riqualificarlo (i corsi regionali finanziati copiosamente dalla Comunità Europea altrimenti cosa ci stanno a fare), la gestione intra moenia di tutti questi servizi, come avveniva fino ai tempi dell’arrivo di Illy Sindaco.
Ed invece cosa riesce a proporti questa nuova “sinistra”, spuntata adesso per le prossime elezioni?
Di trattare con ditte e cooperative, richiamandosi a norme e leggi che in questi anni hanno solo incentivato il precariato e tolto ogni sicurezza e dignità al lavoro, affinchè siano un po’ più di manica larga, Buana padrone.
Mala tempora currunt, se il nuovo che avanza non ha nemmeno letto la Capanna dello Zio Tom.
Teodor. Tutti dai “Rioni”! » Inviato da valmaura il 28 January, 2021 alle 12:19 pm A leggere le cronache ed i pastoni politici, saltati a piè pari dai sempre meno lettori, tutti i partiti, vecchi, nuovi e nuovissimi, battono il tasto dei “rioni”, delle periferie, senza accorgersi che pure nei quartieri “centrali” il degrado impera e il disagio quanto l’emergenza sociale proliferano.
Siamo alle solite. Non hanno fatto pressoché nulla per intervenire sostanzialmente, che qualche rattoppo di marciapiedi, una sostituzione di lampade ed uno sfalcio d’erba sono la classica foglia di fico, nei passati cinque, dieci, venti, trenta anni, per fermare l’abbandono ed il degrado dei quartieri, di pari passo a quello dei giardini e delle aree verdi, salvo abbattere alberi a iosa, ma ora, grazie alla complicità interessata di stampa e televisioni, rispolverano gli abusati slogan.
Per una mezza giornata qualche tavolo, un camper, forse un gazebino, una passeggiata di due ore con la consueta compagnia di giro, a ripetere le ritrite parole: “ascolto del territorio, partire dalle periferie”, e la più comica in assoluto “la riscoperta delle periferie” da far figurare Cristoforo Colombo un dilettante.
Come finirà lo sappiamo benissimo noi e lo sanno i cittadini: cassette postali invase da santini piazzati da personale pagato o dalle solite agenzie pubblicitarie e postali private. E poi passate le elezioni, fatta la festa e gabbato lo santo rione, tutto come prima.
E poi tutti costoro a domandarsi con la faccina di circostanza e con espressioni contrite che durano in media l’espace du matin come mai a Trieste vota abitualmente meno della metà degli aventi diritto con punte che superano abbondantemente il 60% di astensionismo nei famosi “rioni”. Dove da tempo tutte le forze politiche che si richiamano alla “sinistra”, scusate la bestemmia, ed ai penta stellati finiscono invariabilmente ad essere le meno votate dai sempre meno elettori.
Ma si consolano con le Circoscrizioni, enti perfettamente inutili che i cittadini hanno smesso almeno da due decenni di frequentare perché hanno capito benissimo che non contano nulla, salvo come rampa di lancio personale di qualche aspirante politico.
E poi ci assale un dubbio: perché vengono ad “ascoltare” e non a proporre invece soluzioni come sarebbe compito di una seria politica?
Semplice. Non conoscendo nulla delle vere problematiche, delle tante emergenze sociali, umane ed economiche, che vivono i residenti, e dunque non essendo in grado di nulla proporre o indicare, se la cavano con generiche affermazioni e fanno vedere, bontà loro, la disponibilità ad “ascoltare”, con l’indecorosa commedia di sollecitare una partecipazione “dal basso”, e sempre e solo dal “basso” che l’alto sono loro.
Tanto il giorno dopo il voto metteranno in naftalina quinquennale pure la “partecipazione”.
Ridicolmente penosi.
Teodor per Trieste Verde. Il dopo Ferriera. » Inviato da valmaura il 28 January, 2021 alle 12:18 pm Partiamo da una sciocchezza scritta dal piccolo giornale, una delle tante e sulla vicenda Ferriera quasi tutte in questo ventennio, pubblicata ieri sul nuvolone di polveri uscito dallo stabilimento in via di smantellamento. Caduta del “Nastro di caricamento dell'altoforno, ovvero il sistema che permetteva di alimentarlo tramite il carbone per produrre il cock”.
A dimostrazione della loro ignoranza sul ciclo produttivo della Ferriera, l’Altoforno non “produceva” il Carbon Coke bensì la Ghisa. A produrre il Coke era la Cokeria attraverso il processo di distillazione del carbon fossile. E il Coke prodotto veniva poi immesso (tramite l’abbattuto nastro di caricamento) nell’Altoforno per realizzare, assieme al materiale ferroso, la Ghisa.
E pertanto le tonnellate di polveri provocate dallo scriteriato abbattimento erano altamente inquinanti, proprio perché di Coke e non di Fossile, e cancerogene per la presenza di idrocarburi.
Non era dunque solo un fastidioso episodio di “imbrattamento” come descritto sul pezzo del piccolo quanto ignorante giornale.
Che poi prosegue con una affermazione incredibile “operazioni di smantellamento che, inevitabilmente, stanno originando un nuovo tipo di inquinamento, anche se circoscritto e temporaneo”.
Una beatissima mazza: le operazioni di “smantellamento” e di smontaggio degli impianti sono soggette a precise e rigorose prescrizioni, proprio per non procurare “un nuovo tipo di inquinamento”, sempre che ci siano gli enti preposti a “vigilare” pre e non post.
Ma siccome qui gli enti “preposti” li conosciamo benissimo: Regione, Comune e soprattutto ARPA, ed hanno una credibilità pari a zero, l’Area a caldo è una specie di terra di nessuno.
E’ questo non può che destare forte preoccupazione, come da noi evidenziato più volte, sui futuri lavori, a terra ed in mare, di sistemazione dell’area ai fini della nuova mega stazione ferroviaria e snodo logistico del progettato Molo Ottavo.
Lo sanno tutti, come da noi per scrupolo documentalmente comunicato ai vertici dell’Autorità Portuale e della società futura proprietaria ed esecutrice dei valori, che non c’è centimetro in superficie e metro in profondità, falde acquifere comprese, del terreno dove metteranno le mani che non sia pregno di tutti i cancerogeni esistenti con valori superanti di migliaia di volte i limiti di legge, come verificato dalle meticolose caratterizzazioni eseguite, per fortuna nostra, dai tecnici del Ministero dell’Ambiente.
Idem dicasi per i preannunciati lavori di “messa in sicurezza” della linea di costa e soprattutto per i dragaggi su un fondale marino dove nei decenni si è stratificato un composto di fanghi altamente tossici risultato dello scarico a mare incontrollato, da parte delle proprietà precedenti al Gruppo Arvedi va detto, di migliaia di tonnellate di scarti di lavorazione e Loppa.
Ecco, le mancate risposte ai nostri avvertimenti, ed il silenzio inquietante che circonda uno dei più colossali affari di Trieste, finanziariamente parlando, ci spaventa e non poco. Ovviamente per la tutela della nostra salute futura. E voi no?
Teodor per Trieste Verde.
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