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'L'Eco della Serva'
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Trieste Verde. A cosa diciamo no!
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Circolo Miani » News Correnti » Page 130

Quello che non siamo!

» Inviato da valmaura il 25 April, 2021 alle 11:07 am

Si tutto quello che non siamo stati e mai vorremmo essere.
Cominciamo dai marchettari della politica, dai tour operator servolani che organizzano trasferte e spot elettorali per il podestà Dipiazza prima ed adesso per i triestini in cerca di notorietà. Ma che adesso vigileranno sulla Ferriera al pari dell'Arpa: dunque siamo tutti più tranquilli, anche se non distinguono un altoforno da un barbecue.
Non siamo gli ambientalisti musicali che suonano nei salotti buoni strappando peana per l'Amazzonia ma non una stilla di sudore hanno spremuto per le centinaia di alberi abbattuti non oltreoceano ma sulla porta di casa.
Non siamo le nullità che hanno governato questa nostra città e regione ed ora bambano di convegni e startup per far fare più figli ed invertire la decrescita demografica che porta la loro firma, dimenticando che il problema, e che problema, l'hanno in casa da decenni con l'incentivazione, opera anche loro, del precariato e dello sfruttamento dei giovani triestini che non hanno i quattrini per sopravvivere, e dovrebbero pure metter su famiglia e fare figli.
Si insomma non siamo niente di tutto questo, e forse fareste meglio a scansarci.
Teodor.



Verde a Trieste. Vogliamo cambiare o piangerci addosso?

» Inviato da valmaura il 25 April, 2021 alle 11:05 am

Noi tutto pensiamo meno di fare la fine di Cassandra, la più grande profetessa dell'antichità figlia di Priamo re di Troia, finita schiava ed assassinata alla corte di Agamennone, come cantato da Omero.
E dunque sulla questione del verde, pubblico e privato a Trieste, sulla mattanza degli alberi e sulla cementificazione del territorio, ci sono solo due strade: la prima, che per esperienza e necessità proponiamo, è quella di assumere la gestione del Comune, da cui tutto questo ed altro dipende, alle prossime elezioni con la lista civica appositamente creata Trieste Verde.
La seconda: quella di continuare a piangerci addosso, sfogarsi ed imprecare sui social per gli anni a venire impotenti e rinunciatari.
Tertium non datur dicevano gli antichi Romani, e con ragione.
Non andare a votare, lasciarci soli e non sostenerci, con candidature e contributi, si anche finanziari, o dare il voto per abitudine o scelta “ideologica” ad altre sigle che, qui contano i fatti e non le chiacchiere o le promesse, in questi anni passati nulla, e ripetiamo nulla, hanno fatto, equivale a condannarci a fare la fine, assieme agli alberi ed al verde si intende, proprio della Cassandra omerica.
Che, detto per inciso, divenne giustamente famosa perchè le azzeccava tutte, le profezie, e per il fatto che non vaticinava quanto faceva comodo al committente ma la verità, nuda e cruda, spesso crudele.
E noi, con tutto il rispetto dovuto a Cassandra, l'ambizione di imitarla e di fare la sua fine non ce la abbiamo proprio.
Pertanto le due settimane che verranno saranno le decisive, almeno per noi, per valutare se merita portare fino in fondo l'impegno di Trieste Verde o dedicarci ad altre più voluttuarie cose.
Lo stesso vale per l'emergenza povertà, malasanità, degrado dei quartieri, Porto, antenna selvaggia e tutte le altre emergenze dei nostri dieci punti del Manifesto per Trieste.
Se vi illudete che esista un principe azzurro sul cavallo bianco, l'uomo della Provvidenza che tutto risolve mentre voi ve ne state beati a guardare, allora avete sbagliato registro e ne avrete, sempre che vi interessi, cocenti delusioni.
Ma ognuno in fin dei conti è padrone del proprio destino, bello o brutto che sia, e noi a continuare a farci il culo pregandovi con il piattino in mano non ne abbiamo proprio voglia.
Dunque fate voi, che sapete benissimo dove e quando trovarci,: basta una telefonata in fondo.
Maurizio Fogar per Trieste Verde.



Noi c'eravamo.

» Inviato da valmaura il 24 April, 2021 alle 2:34 pm

Stamane davanti alla sede Inps di Trieste, ma eravamo come Trieste Verde per protestare contro l'Inps, ed in particolare contro i vertici della sede triestina, per i ritardi, le omissioni le disfunzionalità che hanno creato situazioni di vera e propria emergenza economica per tante, troppe, persone: da coloro che aspettano da mesi l'indennità di Cassa Integrazione, o che si vedono decurtare senza spiegazione alcuna il già magro importo del reddito, e cosa peggiore, della pensione di cittadinanza. Ed il tutto in palese violazione ed inottemperanza di leggi, norme dello Stato e di sentenze della magistratura fino al massimo livello della Corte Costituzionale.
E se anche in tempi “normali” la sede Inps di Trieste non dava risposte e non “brillava” per funzionalità, pensate ora, si insomma da un annetto buono, cosa può accadere in tempi di emergenza Covid-19.
Ma va detto che il ruolo sociale dell'istituto è stato totalmente abbandonato dalla politica e dal sindacato, unica parziale eccezione l'USB, e pertanto riteniamo utile proporvi una recente riflessione di Maurizio Fogar che illumina il contesto di quanto accade.
Il grande “Buco Nero” della sinistra, in particolare triestina.
Usando un linguaggio terminologico marxiano, che ho motivo di credere questi ignorino, oggi le “classi” sociali tradizionalmente intese si sono modificate. Scomparsa da tempo la divisione tra borghesia e proletariato, rimasta invece quella che identifica un ristrettissimo numero di persone con il “grande capitale”, oggi soprattutto finanziario, la società, e dunque anche quella triestina e regionale, si divide sostanzialmente in due schieramenti indistinti: i “garantiti” ed i “non garantiti”.
Intesi come soggetti tutelati o non tutelati all'interno del nostro sistema sociale.
Ma non solo i partiti della sinistra tradizionale e di nuovo conio, ma anche sindacalismo e mondo cooperativo, da tempo hanno smesso di dare voce e tutelare i “non garantiti”.
Ed oramai il passaggio, anzi il precipitare, dalla categoria superiore a quella che sempre marxianamente parlando si definiva Unter Lumpen (letteralmente sotto gli, coperti di stracci) è repentino, aggravato ed accelerato non solo da una globalizzazione finanziaria e dei profitti ma dall'esplodere dell'emergenza Covid che sul piano economico ha falcidiato chi prima tra mille difficoltà riusciva a tenersi a galla. E senza una adeguata preparazione politica di chi gestisce la politica e soprattutto una idonea rete sociale capace di dare aiuto e sostegno che non sia sporadico e caritatevole.
La stessa riforma del reddito/pensione di cittadinanza nata da una sacrosanta necessità di adeguare il welfare italiano a quello europeo è stata resa monca dalla risicatezza, al limite della elemosina, degli importi e da un regolamento attuativo particolarmente burocratico quanto penalizzante nei limiti di utilizzo e che non tiene assolutamente in conto di quanto stabilito da una sentenza della Corte Costituzionale del giugno 2020 che fissa in un minimo di 780 euro pro capite il limite di sopravvivenza mensile che lo Stato deve erogare. E ciò vale pure per i risibili importi dei fruitori delle pensioni minime e sociali che percepiscono in media 250/300 euro mensili di meno.
L'incapacità, il disinteresse della politica, particolarmente di quella che storicamente si vantava di rappresentare le classi più deboli, cioè la sinistra, ha fatto il resto.
In una situazione viepiù tragica che oramai attraversa trasversalmente tutte le fasce d'età, e che aumenta di numeri in modo vertiginoso, questa sordità politica produce due risultati: uno sul piano sociale e l'altro su quello più propriamente politico.
Nel sociale bisogna prendere atto che si è aperta in migliaia di persone, anzi spalancata, la rassegnazione e la disperazione più cupa, senza alcuna speranza di un riscatto umano e dunque sociale. Anche per l'assoluta inadeguatezza dei servizi sociosanitari pubblici.
Nel politico questa situazione si riflette in larga maggioranza nel non voto, inteso come espressione totale di sfiducia nei confronti di questo sistema, o nel seguire le sirene di chi opera a suon di slogan, di parole forti, violente capaci però di interpretare gli stati d'animo di chi nella disperazione-emarginazione vive da tempo, scatenando strumentali ma reali guerre tra poveri e conseguendo insperati risultati elettorali: ossia la destra nelle sue varie declinazioni.
Dunque oggi la “sinistra” non è più capace, vuoi perchè cieca e sorda rispetto alla realtà territoriale, umana e sociale, vuoi perchè concentrata a difendere l'orticello dei “garantiti”, di interpretare questo sempre più vasto fenomeno e garantire una sicurezza sociale che per anni era stata uno dei punti forti del vecchio PCI. E non a caso questo si conferma nei risultati elettorali che la premiamo nei centri urbani e la penalizzano ai limiti della scomparsa nelle periferie, dove oggi vivono pochi “proletari” ma sempre più “unterlumpen”.
Ecco anche questa bruttissima campagna elettorale per le comunali a Trieste suona a perfetta conferma di questo stato di cose, che a qualche “intellettuale” piaccia o meno.
Maurizio Fogar per Trieste Verde.



Caro Zeno, parli di quello che sa, e basta!

» Inviato da valmaura il 23 April, 2021 alle 1:12 pm

Nuovo passo falso del Presidente dell'Autorità Portuale, Zeno D'Agostino.
Stavolta dichiara sulla questione della nuova futuribile assai, per ora, acciaieria alla Noghere: “Non sarà una nuova Ferriera e d'altronde oggi a Servola non si lamenta più nessuno: è stato lo sviluppo del porto che ha creato le condizioni per permettere di far andare via da lì la Ferriera, al di là delle volontà politiche, e ... bisognerà capire come collegare il terminal all'alta viabilità senza rompere le scatole agli abitanti di Aquilinia”.
Ora nell'unica cosa giusta, per altro illustrata dal Circolo Miani in un Forum organizzato alla Stazione Marittima nel 2004, dunque una dozzina di anni e passa prima che da Verona D'Agostino scoprisse Trieste, quella cioè che “è stato lo sviluppo del porto che ha creato le condizioni per permettere di far andare via da lì la Ferriera, al di là delle volontà politiche”.
E non per nulla in quegli anni sulle nostre pagine noi titolavamo “Il Porto chiude la Ferriera”.
Peccato che la incornici tra due periodi da cioccolatai, e questo sabato alle 11 al Circolo Miani ne illustreremo le ragioni, e se vuole assistere così da risparmiarsi nuove figure barbine....
Il fatto che circoscriva il danno alla qualità della vita ed alla salute provocato dalla Ferriera alla “sola” Servola dimostra che non ha capito e non conosce niente della triste ventennale vicenda: l'area più densamente colpita, ma la stessa Arpa nell'unico serio studio-analisi da lei prodotto in questo periodo (2007-2008) rilevava che tutta la provincia di Trieste ne risentiva pesantemente, andava da Muggia-Aquilinia-San Sabba-Monte San Pantaleone-Valmaura-Servola-Chiarbola-Ponziana-Campi Elisi-San Vito a stare stretti, dunque quasi la metà della popolazione residente nel territorio provinciale, senza contare Capodistria come rilevato ufficialmente dagli enti di controllo sanitari ed ambientali sloveni.
E poi nell'elegante “rompere le scatole” ai residenti di Aquilinia, spiace vedere quanta poca considerazione egli abbia nei confronti della nostra comunità, alla quale si appresta analogamente a “rompere le scatole” con le pesanti doppie infrastrutture in zona Scalo Legnami-Ferriera (ex area a caldo). Oltre ad aver regalato a Trieste da mesi l'inquinamento prodotto 24oresu24 dalle quattro navi da crociera parcheggiate a motori accesi in Porto.
Dunque parli di quello che sa e non si avventuri fantozzianamente in terreni colpevolmente sconosciuti altrimenti dopo i passi falsi sul Parco del Mare Morto e sullo scatolone Centro Congressi incompiuto la sua immagine di “Garibaldi” domacio ne esce ben scossa.
Allarme Ferriera e stop ai miasmi di Siot e Depuratore Fognario.
Il prossimo Sabato, 24 aprile, alle ore 11 sempre nella sede (g.c.) del Circolo Miani in via Valmaura 77 a Trieste, e sempre nel rispetto delle misure antiCovid all'aperto, incontro pubblico per illustrare e discutere in questo nono appuntamento le proposte di Trieste Verde su Ferriera, Siot e Depuratore Fognario, quello “nuovo” costatoci la bellezza di 55 milioni, cittadino.
L'impegno di anni da parte del Circolo Miani ed oggi di Trieste Verde sulla questione Ferriera che in tanti pensano essere erroneamente chiusa (leggetevi il pezzo sotto) e le manifestazioni contro i miasmi di “benzina marcia” emessi dalla Siot che, a seconda dei venti, investono pesantemente Muggia, Aquilinia e San Dorligo o tutta la fascia costiera di Trieste.
Inaccettabile poi l'odore di guano in uscita costante dal “nuovo” Depuratore Fognario dove scaricano i liquami di 200.000 concittadini e che investe in pieno i quartieri limitrofi, da Chiarbola, a Servola-Valmaura.
Rigoroso, e per chi ci conosce sa che non scherziamo, sarà l'impegno di Trieste Verde nel nuovo Comune su tali questioni ed è per questo che chiediamo il sostegno ed il voto dei Triestini.



Ferriera ed altro: Cremona come Trieste in quanto a controlli.

» Inviato da valmaura il 22 April, 2021 alle 1:46 pm

IL CASO CREMONA
di Gianni Barbacetto
“C’è un tabù, in Lombardia, di cui non si deve parlare”, dice il dottor Paolo Ricci. È il cortocircuito tra inquinamento e patologie a Cremona, 80 chilometri da Milano. Una situazione epidemiologica allarmante: alto numero di malattie respiratorie, tumori al polmone, leucemie, nascite pre-termine. In un territorio dove sono concentrati un inceneritore, una discarica, due fabbriche di mangimi e soprattutto le acciaierie Arvedi, il secondo polo siderurgico italiano dopo l’Ilva di Taranto. Dell’Ilva si è molto parlato, discusso, polemizzato. Arvedi resta invece invisibile ai media. Intoccabile. Per anni il dottor Ricci – direttore dell’Osservatorio epidemiologico della Ats di Mantova e Cremona – ha cercato di completare uno studio epidemiologico sulla situazione cremonese. “Le istituzioni non mi hanno dato retta e, dopo anni di insistenze, non mi è rimasto altro che andare in pensione anticipata”.
Qualche dato lo ha comunque raccolto. Ed è preoccupante. Nell’area di Cremona ci sono ben dieci insediamenti pericolosi, soggetti all’obbligo di Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Uno di questi, la raffineria Tamoil, ha chiuso le attività, ma fino al 2013 ha emesso 140 tonnellate all’anno di polveri sottili e circa 30 mila tonnellate di composti organici volatili. Degli altri nove insediamenti, l’acciaieria Arvedi è quella che inquina di più: emette 5,633 milioni di metri cubi di fumi all’ora, a cui si aggiungono i 442 mila di Arvedi Area Nord, dove vengono trattati i metalli, e i 425 mila di Arvedi Tubi Acciaio, che produce tubi. Altri 467 mila provengono dai due produttori di mangimi: il Consorzio Agrario (367 mila) e Ferraroni (100 mila). L’inceneritore locale – da cui era partita l’analisi di Ricci – aggiunge emissioni per 90 mila metri cubi all’ora. In più, la grande discarica di Crotta d’Adda raccoglie oltre 1 milione di metri cubi di rifiuti classificati come inerti, provenienti dalla Arvedi, che si aggiungono alle 300 tonnellate all’anno conferite all’interno dello stabilimento e ai 2 mila metri cubi di scorie nere destinate a essere trattate. Completa il quadro inquinante il traffico dell’autostrada Cremona-Brescia, che libera 1 tonnellata all’anno di polveri e di composti organici volatili.
Lo studio preliminare realizzato dal dottor Ricci e dai suoi collaboratori dell’osservatorio epidemiologico dell’azienda sanitaria locale ha rilevato più di una anomalia nella situazione sanitaria degli abitanti nel Comune di Cremona. Le ospedalizzazioni per patologie respiratorie sono risultate il 14 per cento in più rispetto a quelle della provincia di Cremona. L’incidenza di tumore al polmone il 7 per cento in più. La mortalità per tumore al polmone addirittura il 17 per cento in più. L’incidenza delle leucemie il 23 per cento in più. Le nascite pre-termine (possibili segnali di forte inquinamento ambientale) il 26 per cento in più. “Le malattie polmonari”, spiega il dottor Ricci, “sono compatibili con l’esposizione a polveri sottili, le leucemie con l’esposizione a benzene, le nascite premature con una esposizione a contaminanti ambientali”.
Per avere certezze sulla relazione tra insediamenti inquinanti e salute a Cremona dovrebbe essere completato lo studio epidemiologico avviato dal dottor Ricci e che oggi molte associazioni hanno chiesto a gran voce, anche con una lettera inviata al direttore generale della Ats Valpadana Salvatore Mannino, all’assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti e al ministro della Salute Roberto Speranza.
“Avevamo bisogno della collaborazione di un centro di ricerca, per incrociare e sviluppare i nostri dati”, racconta Ricci. “I burocrati ce lo hanno negato”. Il medico ha esperienza: in passato ha coordinato, per l’Associazione italiana dei registri tumori (Airtum), il progetto “Sentieri” dell’Istituto superiore di sanità, che ha monitorato 44 siti inquinati italiani detti “d’interesse nazionale”. Ma a Cremona non è riuscito a smuovere la situazione, a bucare il muro di gomma. “Io venivo dalla Ats (Azienda territoriale sanitaria) di Mantova. Quando questa fu unificata con la Ats di Cremona, fui considerato un po’ un marziano, perché al momento di rilasciare le autorizzazioni per le attività produttive cominciammo a considerare anche i rischi per la salute; e provammo a estendere anche a Cremona l’Osservatorio epidemiologico già sperimentato a Mantova”. Missione (quasi) impossibile. “Tutto il personale cremonese dell’omologo servizio fu destinato ad altri compiti, allora cercammo di lavorare almeno con i dati che ci arrivavano da quattro registri: mortalità, tumori, malformazioni congenite, patologie croniche. Per fotografare la situazione complessiva e analizzare l’andamento delle malattie in una popolazione, studiandone le cause e valutandone percorsi diagnostico-terapeutici, al fine di adeguare sia l’assistenza, sia la prevenzione. Questo, del resto, dovrebbe essere il lavoro di ogni Ats”. Poi sono però andati via via in pensione i pochi medici che facevano questo lavoro, senza la possibilità di passare il testimone ad altri. Infine è arrivata anche la pandemia da Covid-19. “Oggi il ritardo nell’aggiornamento dei registri di patologia è diventato incolmabile. L’Osservatorio è stato di fatto smantellato, a causa di una gestione meramente burocratica delle risorse umane”.
Tacciono la pubblica amministrazione e la politica. Protestano le associazioni ambientaliste. Fa sentire la sua voce Marco Degli Angeli, consigliere regionale Cinquestelle: “I dati sanitari e ambientali della nostra provincia sono da brivido. Il Covid ha evidenziato ancor di più la fragilità dei nostri cittadini. E quello che fa più rumore è il silenzio e l’inerzia delle istituzioni. Il Comune di Cremona non ha mai fatto sentire veramente la sua voce per pretendere il completamento dello studio epidemiologico e Regione Lombardia è rimasta come al solito alla finestra non fornendo ad Ats il supporto dovuto. È mancata completamente la volontà politica di capire che cosa succede a Cremona. Da anni chiediamo risposte, ma purtroppo nulla sembra scalfire il silenzio ovattato della nostra provincia”.




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