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Laminatoio a caldo e “giornalismo” a freddo.
Le sorprese della censura talvolta sono anche divertenti. ..
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Trieste Verde. A cosa diciamo no!
Dicemmo no alla progettata Centrale a Carbone nel Vallone di Muggia, battaglia vinta..
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Circolo Miani » News Correnti » Page 115

Trieste, perchè si abbattono alberi?

» Inviato da valmaura il 12 June, 2021 alle 11:08 am

Giovanni Falcone sosteneva che per arrivare a capo degli affari “sporchi” bisognava inseguire la pista del denaro, o come diceva lui “seguire i piccioli”.
A Trieste cambia il contesto, ovvero la presenza di una criminalità organizzata di tipo mafioso, ma la questione non cambia.
Che senso ha, ad esempio, continuare la cementificazione di un territorio così piccolo e fortemente caratterizzato morfologicamente tra Carso e Mare, costruendo nuove abitazioni quando in città ci sono tra edilizia pubblica, convenzionata e privata oltre 15.000 tra appartamenti, case ed immobili sfitti e spesso abbandonati, ed a fronte di una costante perdita di abitanti nella media tra 1.500 e le 2000 unità all'anno?
Una amministrazione pubblica attenta, non importa il colore, punterebbe subito sulle agevolazioni governative dei superbonus nell'edilizia per avviare una immediata campagna di risanamento e ristrutturazione edilizia, incentivando i privati a fare lo stesso per rimettere in circolo questa miniera di spazi inutilizzata e che da sola basterebbe ad ospitare una popolazione doppia a quella attuale del Comune di Muggia.
Idem dicasi per il verde pubblico e privato.
A che serve avere uno dei migliori Regolamenti del Verde, che sottopone a controllo ed autorizzazione anche gli interventi dei privati, se questo rimane disatteso e lettera morta?
Che senso ha sollecitare riconoscimenti di “Città Fiorita” se poi giardini pubblici ed aree verdi sono da anni abbandonati al più totale degrado?
Che senso ha fare dibattiti sull'emergenza clima che anche i ciechi hanno capito che da almeno due decenni investe pesantemente anche Trieste, intesa come provincia, se poi non pratico il rimboschimento del territorio ed anzi massacro centinaia e centinaia di alberi all'anno, e violo per di più due leggi dello Stato che impongono ai comuni sopra i 15.000 residenti di piantare un albero entro sei mesi dalla registrazione all'anagrafe dei nuovi nati?
La questione si riduce in tutti questi campi, come raggiunge l'apice nell'appaltare all'esterno a ditte e cooperative private gran parte dei servizi prima svolti direttamente dai dipendenti comunali, con conseguente sfruttamento e precariato dei lavoratori, alla politica di “far girare i soldi” ovvero trasferire il denaro pubblico ai privati anche per lavori od iniziative francamente inutili e non necessari.
Gli abbattimenti a raffica degli alberi, spesso ma non sempre, motivati da “perizie” le cui schede contengono invece sempre una o tre parole: “deperito” oppure “a rischio caduta”, perizie affidate agli “esperti” forniti dalle ditte esterne incaricate dei tagli, ne sono la plastica conferma.
Oltre al fatto che abbattere un albero di alto fusto, estrarne la ceppaia ed eventualmente, assai eventualmente, piantarne uno giovane costa quattro o cinque volte di più che metterlo in sicurezza o curarlo, tutte cose che riescono quando applicate a risolvere la situazione in nove casi su dieci. Eppoi dovere riabbattere le nuove piantumazioni in considerevole percentuale perchè non manutenute e curate rinsecchiscono nella spazio di una stagione. Oltre alla considerazione che una nuova pianta prima di raggiungere i benefici effetti sull'ambiente prodotti da un albero adulto ci mette perlomeno 20/30 anni.
Dunque perchè? Sempre e solo per soldi?
Ed ancora che senso ha favorire l'installo di impianti industriali mastodontici che si basano nel ciclo produttivo sulle emissioni di Co2, Anidride Carbonica, che è la prima responsabile dell'innalzamento delle temperature del Pianeta, in terra e mare, e poi pavoneggiarsi nell'impegno parolaio sulla “decarbonizzazione” e sull'emergenza clima?
Per invertire la rotta esiste in democrazia un solo modo, entrare in Comune e gestirlo in maniera completamente diversa, ma per farlo occorre il consenso elettorale dei cittadini, oltre alla loro disponibilità a candidarsi, ad impegnarsi sul territorio non solo ogni cinque anni.
D'altronde non esistono altre scelte, soprattutto quando è in gioco la nostra vita e la nostra salute.
Pensateci, ma seriamente ed in fretta, che il tempo che ci rimane non è molto.
Trieste Verde.



Una buona notizia.

» Inviato da valmaura il 12 June, 2021 alle 11:07 am

Annaspa nelle secche finanziarie quella ciofeca del Parco del Mare, benedetto da tutti i politici e dalle lobbies economiche parassitarie.
Un Parco virtuale itinerante che da 17 anni rispunta come un torrente carsico nei punti più svariati del nostro territorio (dal Terrapieno di Barcola, chiuso per inquinamento, all'area ex Magazzino Vini, con virata su Porto Vecchio, al Mercato ortofrutticolo ed ora alla Lanterna), forse piazzarlo in un caravan con quattro vasche di pesci rossi sarebbe la soluzione più indolore.
Fin dall'inizio (2005) il Circolo Miani giudicò l'idea strampalata, economicamente non sostenibile, e soprattutto la negazione di un nuovo modo di affacciarsi alla conoscenza del mondo che sta sotto il mare e che non passa attraverso la detenzione forzata di essere viventi.
Per catturare i pesci ad esempio, viste le pochissime specie che si riproducono in cattività, i metodi sono quelli di ucciderne cento per prenderne cinque spruzzando i banchi sotto acqua con un gas paralizzante che ne fa strage.
Dunque che la riqualificazione dell'area attorno alla Lanterna debba passare per una struttura superata, ambientalmente negativa, e non sostenibile economicamente è idea strampalata che solo a questi boiardi della politica locale poteva venire in mente. E siccome ragionano, da perfetti incapaci, come dei paracarri in pietra si aggrappano a questa soluzione senza minimamente esaminare alternative diverse che pure ci sono anche a Trieste da anni, vedi l'oasi marina di Miramare curata dal WWF nazionale, un modello preso ad esempio da tutta Italia.
Bene così che lo slittamento annuale dei tempi permetterà a Trieste Verde di far mutare posizione al Comune di Trieste, con i suoi eletti in Consiglio Comunale, sempre che ovviamente i cittadini elettori lo consentano.



Incontro pubblico di Trieste Verde. Con passeggiata sotto l'Auditorium negato.

» Inviato da valmaura il 11 June, 2021 alle 11:11 am

Sabato 12 giugno alle ore 11, nella sede (g.c.) del Circolo Miani, a Trieste in via Valmaura 77, verranno illustrate da Trieste Verde e Circolo Miani le due denunce presentate alla Procura della Repubblica, per la prima in ordine di tempo, quella nei confronti di Asugi per l'Auditorium negato di Valmaura è stato già aperto un fascicolo di indagine, dal Circolo Miani nei confronti rispettivamente dei vertici Asugi per aver alienato l'Auditorium pubblico di via Valmaura, murandone gli ingressi, e quella posteriore temporalmente nei confronti dei quattro enti pubblici firmatari e sottoscrittori del Protocollo d'Intesa sul Progetto della nuova Acciaieria alle Noghere: Regione Friuli Venezia Giulia, Comune di Muggia, Consorzio Zona Industriale (ex Ezit) e Autorità Portuale, nelle figure dei loro rappresentanti e dei componenti di Giunte o Consigli di Amministrazione che abbiano votato la delibera di sottoscrizione.
In attesa della partecipazione all'Assemblea promossa da Comitato Noghere e Circolo Miani, per il giorno successivo, domenica 13 giugno, con inizio alle ore 11, nella piazza di Aquilinia per sentire le opinioni dei residenti dei Comuni di Muggia, San Dorligo e Trieste coinvolti dal progetto della nuova Acciaieria “green ma non troppo” alle Noghere e dalla questione dei dragaggi annunciati più volte ed almeno in tre punti diversi del vallone di Muggia.



Ferriera, una sviolinata di 15 minuti a favore di Arvedi.

» Inviato da valmaura il 11 June, 2021 alle 11:09 am

In un video di 15 minuti di intervista a Caldonazzo, il nipote di Arvedi, l'ex per fortuna di Trieste direttore del Piccolo decanta i meriti per la scelta “green” della nuova Ferriera, che allo stato attuale di nuovo ha picca e nulla.
Non finiti gli abbattimenti nell'ex area a caldo, più della metà resta da ultimare e quelli fatti sono stati disastrosi per i nuvoloni di polveri inquinate e per vibrazioni e fragori, per ora operano il Laminatoio, costruito nel 1949 negli USA ed usato lì fino al fallimento dell'industria che lo adoperava, e che per quanto sappiamo funziona con forni di riscaldamento, dunque è una produzione “a caldo” contrariamente alla solfa del “a freddo”. La banchina portuale dello stabilimento sempre gestita dal Gruppo Arvedi attraverso Siderurgica Triestina, controllata Acciaierie Arvedi ora nominata Logistica, e la Centrale di Cogenerazione che una volta funzionava con i gas di risulta, non i fumi come erroneamente detto nell'intervista, di Altoforno e Cokeria, misti a Gas Metano, che nell'intervista mai viene menzionato ma ingentilito con il termine di Gas “Naturale”. E che ora finiti i lavori di adeguamento funzionerà invece solo a Gas Metano, pardon “Naturale”.
Si continua a riportare la versione farlocca che “la chiusura dell'area a caldo decisa dalle istituzioni locali, e relativa eliminazione della ghisa, ha costretto a ripensare il modello produttivo”.
Quando invece la verità è altra e semplice, che se era per le “istituzioni locali” che fino all'ultimo hanno certificato e rimarcato pubblicamente, come Caldonazzo nell'intervista, e giustamente per lui, ripete almeno quattro volte, che tutte le emissioni della Ferriera rientravano ampiamente nei limiti previsti dalla legge (!), lo stabilimento rimaneva così com'era per altri decenni.
La verità era ed è che il Cavalier Arvedi aveva deciso da bell'inizio di arrivare ad una chiusura della produzione di Carbon Coke e Ghisa nel modo e nel tempo più vantaggiosi per lui, o forse si dimentica quanto pubblicato a partire dal 2014, data di arrivo di Arvedi a Trieste, quando lo stesso Cavaliere dichiarava alla stampa “Se la Cokeria è un problema la chiudiamo” e via di questo passo.
In quanto alla produzione della Ghisa, e di conseguenza del Coke, è utile riprendere quanto scritto nella Perizia della Procura in data 25 settembre 2013, cioè pochi mesi prima dal subentro di Arvedi, dal professor Boscolo, consulente della Procura, che riporta le dichiarazioni rese dall'allora Direttore della Ferriera, Giuseppe Bonacina, di proprietà della fallenda Lucchini Italia, Gruppo Severstal (Russo): “di come il mandato conferitogli nell'assegnargli la Direzione dello stabilimento nel 2012 fosse quello di chiudere l'attività produttiva che a tutt'oggi (settembre 2013) risulta in perdita (TRE MILIONI DI EURO al MESE)”.
Perdita che rimase anche nel successivo periodo di gestione di Siderurgica Triestina che nei bilanci metteva in preventivo una perdita di UN MILIONE al mese, importo ridotto grazie alla contabilizzazione dei bilanci: e lo si capisce bene che ad acquistare la ghisa era la stessa proprietà Acciaierie Arvedi.
Dunque il cavalier Arvedi dopo tutti i vantaggi ottenuti per ricevere di fatto in regalo la Ferriera dal curatore fallimentare della Lucchini, fresco di recente condanna in primo grado ad otto anni e sei mesi inflittagli dal Tribunale di Taranto per le sue responsabilità di quando era direttore dell'Ilva per la morte di una decina di lavoratori, ma ciononostante sempre Commissario del Governo Monti-Passera, immaginiamo la gioia dei giudici del Tribunale fallimentare di Brescia costretti a trattare con lui.
Dunque Arvedi in arrivo oltre ad incassare 58 milioni, di cui 22 crediti dello Stato passatigli gentilmente, più i benefici economici dell'esser stata la Ferriera inserita nel Decreto “Crisi Complesse” dal Governo, che poneva il vincolo del proseguimento della produzione in essere per almeno cinque anni (dunque 2014 più cinque fà 2019: i numeri tornano perfettamente), più il fido di 100 milioni concessogli dalla Banca Europea di Investimenti, oggi andandosene ne incassa altri 78 di milioni più la rinuncia a pagare il canone demaniale (Un milione200mila allo Stato) di affitto annuo dell'area oggi occupata dal Laminatoio, ed ulteriori investimenti previsti dal Governo.
Non male per una scelta, una decisione assunta solo da lui, cavalier Arvedi, e non “decisa dalle istituzioni locali”, che anzi sono stati l'alibi politico dal cavaliere cremonese usato con sagacia e tempismo perfetto.
Se questo è stato il passato sulla Ferriera che ci riserva il futuro per la nuova Acciaieria “sempre green ma non troppo” alle Noghere?
Poi se volete starvene a casa e non partecipare, cosa che raccomandiamo invece vivamente ai politici di ogni colore, all'Assemblea di Domenica 13 giugno, alle ore 11, nella Piazza di Aquilinia (dinanzi Farmacia) fate un po' voi.
Circolo Miani e Trieste Verde.



Acciaieria Noghere-Aquilinia. Mai fare i conti senza l'oste.

» Inviato da valmaura il 10 June, 2021 alle 12:44 pm

Oggi in una paginata destinata ad illustrare i successi dell'industria friulana Danieli, si scrive a lungo anche sull'annunciato, e finora incredibilmente sconosciuto nella sostanza, nuovo stabilimento, un Laminatoio a caldo, che andrebbe ad occupare 480.000 metri quadri nel Comune di Muggia per impiegare un domani circa 400 dipendenti (uno ogni 1200 metri quadri) in società con l'ucraina Metinvest.
Merita riportare le dichiarazioni apparse sulla stampa, cariche di sicumera al limite della supponenza, del Presidente ed AD di Danieli
“L'operazione attende il via libera: gli ucraini devono ancora definire nel dettaglio il tipo di produzione da realizzare nel laminatoio a caldo immaginato alle Noghere. Quale sia lo stato dell'arte del progetto, lo spiega Benedetti (Presidente ed AD di Danieli), parlandone per la prima volta: «Le istituzioni hanno fatto un ottimo lavoro e sono state veloci. Ora la palla ce l'abbiamo noi. La questione sarà affrontata dal cda di Metinvest entro la prima settimana di luglio. Lì sapremo se sarà approvato, come auspico, il progetto delle Noghere, che ci darebbe la possibilità di fare vicino casa un super impianto con la stessa concezione di Qwr. L'impianto produrrà fino a 4 milioni di tonnellate all'anno. Come commentavo con il cavalier Arvedi, il caso fa sì che a Trieste, a soli 700 metri di distanza, ci sia un laminatoio a freddo di livello, che si arricchirà con le apparecchiature che forniremo quest'anno. Nasce un polo della siderurgia. Stiamo facendo preventivamente richiesta di finanziamento a Sace con l'idea che Metinvest possa cominciare a scavare nei prossimi 6-7 mesi: l'idea è partire a produrre nel 2024”.
Allora, partiamo da quel “Ora la palla ce l'abbiamo noi”, dopo aver liquidato il ruolo della politica e delle istituzioni più o meno al livello di un obbediente Mastro Lindo (“ Le istituzioni hanno fatto un ottimo lavoro e sono state veloci”). E badate su di un progetto “immaginato” e che deve ancora essere “approvato” dal socio Metinvest.
No, egregio AD e Presidente Danieli, ora la “palla” ce l'hanno i cittadini di Muggia, San Dorligo e Trieste, che al momento ritengono non ci siano le condizioni, e nemmeno il progetto esecutivo e particolareggiato sul ciclo produttivo di questo Laminatoio, che lei stesso si arrischia a definire “immaginato”.
Se l'immaginazione può bastare a questa politica d'accatto che nemmeno per un nanosecondo ha pensato di dover consultare i risiedenti nell'area che vedranno, fino a prova contraria che allo stato di “immaginazione”, converrà, è un po' difficile anche solo ipotizzare, mettere a rischio salute, qualità della vita, e valore dei propri immobili, non pensi neppure lontanamente possa essere sufficiente ed accettabile ai cittadini.
Se poi lei pensa che questa politica a comando suo rappresenti il sentire e la volontà dei cittadini, allora ha sbagliato di grosso.
Ed in quanto alla “possibilità di fare vicino casa un super impianto”, non capiamo a che “casa” si riferisca, visto che il perimetro dell'immaginato “super impianto” lambirà fino a pochi metri le “case” ma dei residenti.
In quanto alla valutazione sull'attuale stato del Laminatoio Arvedi, non a freddo ma a caldo, si informi meglio sulla data di sua costruzione ed entrata in funzione negli USA, il 1949.
Poi la sua “idea” che “Metinvest possa cominciare a scavare nei prossimi 6-7 mesi: l'idea è partire a produrre nel 2024” ci appare oltre che azzardata francamente bislacca.
Comunque sentiremo la volontà dei cittadini questa domenica 13 giugno alle ore 11 in piazza ad Aquilinia (dinanzi Farmacia), e se dovesse corrispondere a quella emersa due settimane orsono nel primo incontro pubblico tenutosi alle Noghere, allora avete fatto i conti senza l'oste.
E che politici vecchi e nuovi si astengano dal presenziare che vita e futuro delle persone sono cose maledettamente più serie della strumentalizzazione e della propaganda elettorale.




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