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Nausea.
Scritto da: Teodor

Più leggiamo le dichiarazioni dei politici, i servizi della stampa locale, ma anche quella nazionale non scherza, ci assale un crescente senso di nausea. Rigetto totale contro la palese ingiustizia e l’ipocrisia che regnano sovrane nella nostra società.

Impazza da qualche giorno il balletto di dichiarazioni sui candidati sindaci per le elezioni del maggio 2016 a Trieste. Si da peso ad una banale intervista di Giulio Camber, ex senatore con condanna definitiva per millantato credito, che dopo averla letta uno si domanda cosa ha detto in una pagina di giornale: il vuoto pneumatico. E tutti a ruota a parlare del nulla elogiando le “abilità” dell’ex senatore, della condanna neppure mezza riga.

Ma del disastro in cui versa tanta, francamente troppa gente a Trieste, pare non interessi a nessuno.

Delle emergenze irrisolte, e da anni purtroppo, idem.

Da una sanità, in cui gli ospedali, da Cattinara al Burlo cadono letteralmente a pezzi, dai pronti soccorso che di pronto hanno solo il nome, dai tempi di attesa per esami o visite specialistiche di cui per pudore non si pubblicano più i dati perché le agende del prossimo anno non sono ancora stampate, dai servizi territoriali incapaci a far fronte alle richieste. Da un welfare dove gli enti pubblici, a partire dal Comune, ha trasformato i servizi sociali sul territorio in una semplice burocrazia a mezzadria tra una banca senza fondi ed uno sportello da film di Alberto Sordi.

Dall’assenza di una qualunque idea di città e di un suo futuro, derivano una sequenza di atti a casaccio. Dalla pedonalizzazione di via Mazzini, francamente una balzana follia, dalle raccolte differenziate dei rifiuti senza alcun beneficio concreto per i cittadini con costante aumento delle tariffe comunali. Con i quartieri di Trieste lasciati nel più completo degrado, senza una visione complessiva della qualità della vita da migliorare.

Non parliamo poi della Ferriera il vangelo del fallimento di una intera classe dirigente dal 1998 ad oggi, e sono passati diciassette anni!

Il porto di Trieste è oramai da decenni il terreno di una lotta per bande interessate esclusivamente al controllo di ogni posizione del sottopotere locale.

Il sindacato a Trieste è indietro di oltre un secolo, ignora completamente le conquiste e le battaglie fatte fin dai primi del ‘900 dai lavoratori e il conseguente patrimonio di esperienze.

Se la Confindustria locale non esistesse non se ne accorgerebbe nessuno, salvo il piccolo giornale che dedica a scadenze rituali paginate di interviste ai presidenti di turno, modello di riferimento quella a Camber.

Il sempre asfittico mondo della stampa locale ha toccato punte al ribasso ritenute inarrivabili, ma al peggio, è proprio vero, non c’è mai limite.

La cultura? Ma fateci un piacere: una nicchia incartapecorita dove i soliti noti si autocelebrano e premiano a vicenda. E da cui tutto il mondo della gente che vive sul territorio, quasi sempre male, è assolutamente esclusa ed ignorata.

Ecco vogliamo parlare dei veri problemi della nostra città? Scegliere una qualunque purchè decorosa strada per il suo sviluppo e per un lavoro dignitoso e sicuro? Vogliamo difendere il nostro habitat e migliorare la qualità della vita della nostra comunità?

Bene allora di questo dobbiamo parlare, non di candidati sindaci che peraltro portano in toto, vecchi e nuovi, la responsabilità della situazione in cui la nostra Trieste è sprofondata.

Non i menù della “cena alla jota”, e chissenefrega, ma le cose poche ma serie ed immediate da fare subito, per salvarci tutti quanti, e possibilmente mandando a casa una classe dirigente che altrove non avrebbe neppure il coraggio di uscire di casa dopo il coprifuoco.



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