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In nome del Papa Re.
Scritto da: Teodor

Sconcertanti e necessari di una riflessione dono due episodi accaduti a Trieste in occasione delle ultime elezioni amministrative e referendarie.

E cominciamo dalla terza partecipazione al voto dei cittadini in meno di un mese a Trieste: primo turno, ballottaggio e quattro referendum.

La percentuale dei votanti, che nel primo caso ha fatto sì che Trieste divenisse la capitale del non voto (49 %) in Italia nelle recenti elezioni amministrative, sui referendum invece è stata di oltre 6 punti più alta (55,59%).

Un significato catastrofico per il giudizio che la gente, i cittadini, danno sui partiti (vecchi e nuovi che siano)  e la politica da loro rappresentata in generale. Giova qui solo ricordare che l’attuale Sindaco è stato eletto con il voto del 28% degli aventi diritto, lo sconfitto ne ha preso il 21%.

Questo cosa significa? E perché partiti, intellettuali un tanto al chilo, e mass media qui fanno finta di niente?

Noi una idea precisa ce la siamo fatta ma qui lasciamo ai lettori, tanti o pochi che siano, darsi una risposta.

La seconda rapida riflessione riguarda il riaffacciarsi prepotente, e non purtroppo da oggi ma ora con maggior forza e senza alcun infingimento, dell’ingerenza della Chiesa Cattolica nella vita politica e soprattutto istituzionale della Repubblica Italiana e scendendo nel nostro piccolo nella campagna elettorale e nelle istituzioni locali.

Attenzione qui stiamo parlando di cosa ben diversa dal giusto rivendicare e riaffermare i valori, la spiritualità di un credo e di un conseguente comportamento personale a cui i fedeli dovrebbero coerentemente richiamarsi.

Qui stiamo invece affrontando le costanti e sistematiche ingerenze di una gerarchia cattolica, ma fosse ebraica o mussulmana il problema non muterebbe, nelle decisioni politiche e nell’operare istituzionale di uno stato laico.

Da quando il Vescovo Crepaldi ha preso possesso della Diocesi Tergestina non ha mancato di rappresentare, e senza alcuna diplomazia di facciata, questa nuova politica della Curia romana.

Lo ha fatto prima e durante questa campagna elettorale, stranamente tacendo invece sulla presa di posizione del Santo Padre sostanzialmente ed esplicitamente favorevole a tre dei temi oggetto del referendum (nucleare e acqua pubblica).

Ha scritto un libro, che molti tra i candidati a sindaco in un recente dibattito-confronto promosso dal Centro Cattolico Bellomi hanno sperticatamente quanto enfaticamente elogiato, ovviamente, ci giuriamo, senza averlo mai letto, in un penoso quanto umiliante tentativo di “captatio benevolentiae”.

Un banale manualetto dal pomposo titolo “Il cattolico in politica” la cui lettura sconsigliamo appieno perché sembra di rileggere quanto Padre Lombardi, il “microfono di Dio”, officiava negli anni quaranta-cinquanta nelle sue crociate contro i “senzadio e comunisti”.

In sostanza è una ricostruzione pseudostorica del rapporto tra Chiesa e Repubblica divisa in tre parti i cui titoletti parlano da soli: “Resistenza (contro lo stato ateo e comunista), Attesa (che la “bufera antireligiosa” passi) e Ripresa (ovviamente oggi)”.

Il contenuto di questo bignamino del cattolico in politica è un misto tra il Guareschi e la sua Fodra (forze oscure della reazione), ma Lui lo scriveva in senso ironico ovviamente, e le “scomuniche” di Pio XII contro chi votava per il PCI ed affini.

Nulla a che vedere, ad esempio, con il pregevole saggio presentato nel 1988 dall’autore al Circolo Miani di Trieste, “Breve Corso di politica” del padre gesuita palermitano Ennio Pintacuda oppure con “Lettera ad una professoressa” di Don Lorenzo Milani del 1968.

Ebbene è cosa trista assai non solo che a Trieste tocchi in sorte un novello seguace del Papa Re, con “contestualizzazioni” presidenziali annesse, ma anche e soprattutto che nei politici di centrodestra e sinistra scatti la gara su chi sia il “vero” rappresentante di questo cattopensiero nelle istituzioni di uno stato laico e sovranamente indipendente.

Ne abbiamo visto un desolante panorama nelle dichiarazioni e nelle polemiche, infatti si trova sempre uno più realista del re, tuttora aperte tra i vari Dressi, Fedriga, Camber (Piero) da un lato e Lupieri, Martini (neovicesindaco) dall’altra.

Anzi troviamo assai riprovevole che nella sostanziale grassa ignoranza con cui viene, e visti i protagonisti era difficile attendersi qualcosa in più, affrontato e strumentalizzato il tema che invece con perfetta sintesi un signore che si chiamava Camillo Benso Conte di Cavour oltre 150 anni fa aveva brillantemente sintetizzato nella frase “Libera Chiesa in Libero Stato”, si coinvolgano pure le istituzioni locali (sempre di uno stato sovrano e non del Governatorato della Città del Vaticano”).

Non è accettabile che un Vicesindaco dichiari papale papale che “Penso di essere in Giunta (comunale) per rappresentare il mondo cattolico”. Dunque per ragioni di fede e non per competenza o merito politico.

Una banale sciocchezza così mancava al degradante quadro della politica triestina. A quando allora assessore il bravo Giorgio Cociani in “rappresentanza del mondo degli amici dei gatti”, a Trieste forse più diffusi e numerosi dei cattolici praticanti e non, oppure uno che rappresenti i “portatori di barba”?

 



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