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Regione: perchè 35 elettori su 100 NON hanno votato
Scritto da: Teodor

 

A Trieste ed in Friuli Venezia Giulia il dopo voto (elezioni regionali e politiche) ha messo a nudo impietosamente il non valore e la sostanziale incapacità di una classe politica, salvo umane e rare eccezioni, triestina e regionale senza distinzioni ideologiche di sorta.

Partiamo dai perdenti che a due mesi e passa dalla sconfitta elettorale, tanto più devastante perché imprevista (regionali), non danno cenno alcuno di averne compreso cause e significati e ovviamente non dimostrano alcuna capacità di ripresa.

Dalla scomparsa parlamentare della Sinistra Arcobaleno (Rifondazione, Sinistra DS, Comunisti Italiani e Verdi) alla forte riduzione in termini di consensi ed eletti alle regionali, si è dibattuto molto a livello nazionale ma niente dalle nostre parti. Partiamo da Rifondazione Comunista che si sta riducendo, almeno a Trieste, ad un partito di nicchia e fortemente conservatore. Conserva ovvero il voto in alcune tradizionali zone del Carso e dei comuni minori, un consenso fortemente immobilizzante perchè tradizionale ed anagraficamente datato. Raccoglie scarse adesioni tra i giovani ed ha una struttura di partito chiusa, fortemente divisa al suo interno, con iscrizioni e militanza in caduta libera.

Sinistra Ds in sede locale è praticamente inesistente, così come i Comunisti Italiani che qui rappresentano la parte museale del mai troppo rimpianto PCI di Enrico Berlinguer.

I Verdi, al di là della caratterizzata e caratterizzante figura di Alessandro Metz, e della scomparsa della vecchia ala ambientalista e testimonialista, pagano l’assoluta inconsistenza dell’immagine nazionale e la crisi acuta dei movimenti no-global e dei centri sociali, oltre alle divisioni personali interne.

Veniamo ora alla Lista Illy, sotto qualunque nome si voglia definire. Siamo all’epitaffio tombale di una esperienza chiusa in malo modo e che per l’impostazione personale data al partito dal suo capo non può sopravvivergli.

Partito Democratico. Se a livello nazionale si è parlato di una operazione studiata a tavolino, a livello locale siamo alla fusione fredda. Una sommatoria di lottizzazioni dei vertici con incroci tra la vecchia classe dirigente Margherita e DS, con l’aggravante della scomparsa di quegli “indipendenti” di tradizione comunista e scudocrociata che comunque garantivano un minimo di pluralismo politico e ideale. Una scelta ed una conduzione decisa da tre-quattro persone al massimo con gli altri a leggerlo dai giornali. Non traggano in inganno le primarie dei gazebo, purtroppo a cose fatte sono state un inganno per i partecipanti in buona fede. Un nuovo doroteismo del potere che oggi appare assolutamente incapace di reagire alla sua perdita e la stessa scelta del nuovo segretario, che di sottopotere ha vissuto, ne è conferma e destino.

Italia dei Valori, pare essere più per meriti nazionali di Antonio Di Pietro che per capacità locali, l’unica forza del centrosinistra a poter cantare, anche in Regione, vittoria. Una vittoria però fortemente ipotecata dalla totale mancanza di un partito strutturato sul territorio, diviso al suo interno, e condizionato da un padre padrone: Di Pietro per l’appunto, uomo dai non facili umori.

Tutto questo detto senza acrimonia ma per pura sintesi, e con profondo rispetto per chi tiene alta la bandiera di una testimonianza e di un’idea, passiamo ai vincenti del Centrodestra.

Ad un candidato poi eletto presidente fortemente convinto che la imprevista vittoria sia esclusivo merito suo, che comunque il merito di averci sempre creduto lo può rivendicare, e non dalla sommatoria di due eventi: uno locale nel tragico ed arrogante errore della scelta illyana di unificare la tornata elettorale tra amministrative e politiche, ed uno nazionale nel trainante effetto vittoria di Berlusconi, anche se con questi rivali assai pochi sarebbero riusciti a perdere. Ad un Renzo Tondo che pare mutuare pericolosamente i comportamenti del predecessore, fa contorno un Partito delle Libertà che non ha neppure cercato di mascherare un matrimonio di puri interessi tra due separati in casa: Forza Italia e AN. Un partito inesistente come tale ma ben presente nelle famiglie che lo compongono e nei portatori di interessi personali e di voti di preferenza, attento solo alla conservazione del potere di clan ed assolutamente disinteressato a qualunque strategia politica che non sia finalizzata alla conservazione del potere e del sottopotere familiare. Quanto, con i suoi pregi e difetti, Berlusconi è sempre riuscito nei momenti clou ad aprire le liste del suo partito virtuale alla società reale, anche qui con i pregi e difetti della nostra italietta, ed a darne più veritiera rappresentanza, tanto invece i maggiorenti locali di FI ed AN hanno invece chiuso a pochi intimi le liste elettorali, che i nomi degli eletti, sempre gli stessi da oltre dieci anni, si conoscevano un mese prima. Queste elezioni hanno per altro chiuso prematuramente l’esperienza meteorica della Lista Dipiazza, destinata a non più riprodursi vista l’incandidabilità del suo promotore ad un terzo mandato di sindaco. Quanto alle possibilità del suo portabandiera di trovare le duecentomila e passa preferenze buone a farsi eleggere al parlamento europeo nel 2009 oppure a quello nazionale nel 2013 sperando in una spontanea rinuncia dei suoi coetanei parlamentari, nutro assai forti perplessità.

Per l’UDC una sola parola basta ed avanza: dici Sasco ed hai detto tutto.

La vera, anche se relativa, novità qui è la Lega Nord: in forte ripresa in Regione, un po’ meno a Trieste, è stata determinante per la vittoria di Tondo ed allo stato attuale delle cose appare l’unica forza in grado di condizionarlo politicamente e gestionalmente, anche se la scelta dei suoi assessori non appare essere stata la più felice in questo senso. La Lega, se non sacrificherà nei prossimi mesi sull’altare del sottopotere la sua spinta movimentista ed un consenso molto spesso trasversale, non deludendo le aspettative in essa emotivamente riposte da tante fette della società regionale, potrà essere l’unica vera novità nel panorama politico locale.

Questa è la politica intesa nel senso tradizionalmente politichese del termine, di cui i problemi veri, quotidiani, della gente che comunque ha votato per il 65% per questi partiti alle ultime elezioni regionali, non fanno assolutamente parte ed al massimo son buoni per scrivere i depliants dei programmi elettorali che si cestinano il giorno dopo lo scrutinio. Giova solo ricordare che il 14 aprile si è votato contemporaneamente per le elezioni politiche (Camera e Senato) e per il rinnovo del Presidente e del Consiglio Regionale: ebbene quasi 10 elettori su cento hanno rifiutato di ritirare la scheda per il voto regionale ed oltre il 3% ha votato scheda bianca o nulla. Interessante no? Chissà se qualcuno dei nostri politici e dei loro esperti analisti se ne è accorto, finora certamente no.

 

 

 



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