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Lotta di Liberazione
Scritto da: Maurizio Fogar

Non si trovano altri termini adeguati per la vera e propria emergenza democratica per i fondamenti di una società libera e democratica che l’indecoroso comportamento della classe o casta dei politici sta causando anche nella nostra Regione.

Partiamo dai fatti: fino a ieri il presidente della Regione Riccardo Illy escludeva la possibilità di accorpare le elezioni amministrative del Friuli Venezia Giulia con le eventuali elezioni politiche anticipate (si pensi solo che gli elettori udinesi si troverebbero sei schede elettorali in mano).

Sulla stampa dell’ultima settimana sono apparse le ripetute dichiarazioni del segretario regionale del Partito Democratico, Bruno Zvech, che negava tassativamente l’ipotesi della giornata elettorale unica (bisognerebbe ricordarsi talvolta che la lingua italiana funziona ancora benino e d’altronde non mi pare che negli USA oppure a Londra usino l’italiano nelle primarie).

Allora cosa è successo per spingere il presidente della Regione, che ha potestà autonoma di fissare la data per il rinnovo delle amministrative nel Friuli Venezia Giulia già indicata per la prima settimana di giugno, ad annunciare improvvisamente le proprie dimissioni  per accorpare la giornata elettorale?

Ufficialmente il risparmio di 2 milioni di euro provocato dall’unificazione delle operazioni elettorali.

Prima domanda: è possibile che Illy abbia maturato questa sua scelta in piena solitudine nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi, tenendo all’oscuro i segretari della sua maggioranza, a partire proprio dall’onnipresente Zvech?

Seconda domanda: siccome a questa ipotesi ci credono in pochi, forse cinque in tutta la Regione, perché questa classe politica ha continuato a mentire ai cittadini dichiarando esattamente il contrario negli ultimi giorni?

Terza domanda: se così non fosse e se Bruno Zvech e soci fossero rimasti spiazzati e sorpresi come la signora Maria di Forni di Sopra dalla repentina decisione illyana è questa la classe dirigente che si merita la nostra terra?

Questi sono i semplici fatti, domande che resteranno ovviamente senza risposta pubblica, salvo quella privata che i lettori di queste note vorranno darsi.

Resta il fatto gravissimo, al di là dell’ennesimo indecoroso comportamento della classe-casta politica, che accorpando elezioni diversissime tra loro, dalle comunali-provinciali-regionali a quelle per Camera e Senato, amministrative con politiche, si toglie ogni valore, possibilità e spazio all’importantissimo dibattito sulle scelte di governo e sviluppo della nostra comunità, perché tutto verrà naturalmente ed inevitabilmente appiattito sulla lotta tra Berlusconi e Veltroni.

A questo fine allego quanto da me scritto nella primavera del 2006 sulla sciagurata decisione sempre di Illy e della Giunta regionale di accorpare le elezioni amministrative in Regione, Provincia e Comune di Trieste in primis, alle politiche; non credo abbia perso di attualità, anzi.

La proposta di unificare in una sola tornata le elezioni politiche ed amministrative nel Friuli Venezia Giulia, avanzata dal Presidente della Regione Riccardo Illy al fine di risparmiare sui costi dei seggi e delle operazioni elettorali, è quanto di più devastante si possa concepire, e mi auguro sinceramente che si tratti di un infortunio facilmente recuperabile da parte dello stesso Illy, per il rispetto dovuto nei confronti del più importante momento in cui una comunità, una popolazione discute e decide il proprio futuro per i cinque anni a venire.
Non si tratta solo di un errato calcolo: la speranza di un risparmio economico, se solo si pensi a cosa significhi costringere, ad esempio nella provincia di Trieste ed in particolare nel Comune capoluogo, gli elettori a dover votare con cinque schede, tutte con sistemi elettorali diversi (dal proporzionale puro con preferenza delle Circoscrizioni, al maggioritario con voto disgiunto e preferenza per il Comune, al maggioritario con voto disgiunto ma lista dei candidati bloccata per la Provincia, all'ibrido proporzionale-maggioritario con o senza preferenza per la Camera dei Deputati, al maggioritario con liste bloccate e recupero regionale per il Senato).
Basti pensare al tempo necessario ad ogni elettore per aprire le schede, orientarsi sul voto, esprimerlo e richiuderle. Qui non siamo dinanzi ad un voto referendario dove si deve barrare solo la casella SI o NO e se cinque schede in contemporanea vi sembrano poche.... Senza poi tralasciare l'età media di tanti elettori, tipicità molto triestina, ma che giustamente non intendono rinunciare all'esercizio di questo fondamentale diritto peculiare di una democrazia.
Dunque un allungamento facilmente prevedibile delle operazioni elettorali, dei tempi d'attesa in coda per gli elettori, ed uno scrutinio interminabile esposto ad errori ed imprecisioni in elezioni i cui risultati, parlo di quelle amministrative, a parere unanime di tutti gli addetti ai lavori, si decideranno in una manciata di voti.
Ma oltre all'aspetto diciamo più tecnico, quello che meraviglia di più è la scelta politica che sta alla base di questa proposta, ed è grave che ad avanzarla ed avallarla siano delle forze politiche che, almeno a parole, hanno fatto della "democrazia partecipata", dell'Agenda 21, della "politica condivisa" un loro slogan.
La scelta infatti di abbinare il voto per le politiche, insomma la scelta tra Berlusconi e Prodi, o Prodi e Berlusconi come preferite, a quello per il rinnovo di una amministrazione locale significa oscurare completamente la discussione ed il confronto su di uno dei momenti più importanti della vita di una comunità locale: la scelta sui programmi e sugli uomini che gestiranno per i prossimi cinque anni il Comune di Trieste, quello di Muggia, i Consigli Circoscrizionali e la Provincia giuliana.
Non so e sinceramente non mi interessa quali e quanti calcoli di convenienza politica-elettorale stiano dietro a questa proposta che non esito a definire scellerata per una democrazia: giocare sull'effetto vittoria, data quasi per scontata, delle politiche sulle amministrative da parte del Centrosinistra; oppure al contrario neutralizzare con la storica e si spera da parte loro confermata tendenza conservatrice del voto triestino, l'onda nazionale Prodiana da parte del Centrodestra.
Resta il fatto che questa abbinata significa porre l'opinione pubblica difronte ad una semplice quanto secca scelta di campo e simbolo.
Significa fare campagna, come è ovvio e naturale che accada, per invitare i cittadini a votare per Prodi o Berlusconi, o viceversa, e non per un Sindaco perchè è capace e competente, ma solo perchè è dalla parte di Berlusconi e Prodi, o viceversa.
Significa deprimere ed inibire ogni libera partecipazione terza, e già questo è un fatto grave ed inammissibile in un sistema che si ritiene democratico e che proprio nella tutela del diritto di espressione di tutte le voci, quantunque minoritarie, trova la sua giustificazione di vita.
Ma soprattutto significa impedire ogni confronto sulle scelte future del nostro territorio, sui programmi ed i metodi per realizzarlo, sulle riforme, penso a quella indilazionabile delle Circoscrizioni oggi enti del tutto inutili, necessarie e sulla individuazione degli uomini più idonei a gestirle.
E tutto questo in un momento decisivo per la vita di questa città: Trieste tra passato e futuro, tra sviluppo e decadimento inarrestabile.
Un taglio della democrazia, un vero e proprio VULNUS ai diritti dei cittadini, altro che un risparmio di spese elettorali.
Non si può sanare bilanci a spese di uno dei diritti fondamentali dei cittadini: quello di scegliere anche con il voto il loro futuro.
E per favore se proprio si vuole contenere le spese si inizi a cercare altri modi, altre condivisioni, per realizzarlo, altrimenti si corre il rischio di non capire che i costi dell'esercizio democratico sono un investimento e di divenire non i contabili ma i becchini della democrazia "partecipata".

Ecco perché è necessario lanciare da subito un appello civile a tutti i cittadini della nostra terra per liberarla da questa classe politica mendace, spudoratamente arrogante, reazionaria ed antidemocratica; premessa indispensabile per garantire uno sviluppo partecipato ed un futuro felice alla nostra comunità.



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