Nella omelia per il Santo Patrono della città il Vescovo ha, secondo quanto riportato dal quotidiano locale, fatto una “fotografia” perfetta dei problemi di Trieste.

Contrariamente a quanto prontamente decantato da Roberto Dipiazza ed Ettore Rosato che si sono genuflessi in entusiastici osanna e conseguenti battimani, sommessamente io dico che non sono affatto d’accordo. Che trovo sinceramente riduttivo ed assolutamente banale il discorso di monsignor Ravignani e che dal pastore d’anime della nostra comunità mi sarei aspettato sinceramente molto di più che lo scatto di una fotografia, per questo di fotografi, professionali e non, a Trieste ne abbiamo a bizzeffe.

Sono anche sinceramente deluso da cristiano; dove mi sarei atteso, per esempio quando nel discorso patronale affronta il tema Ferriera, una attenzione primaria verso i gravi disagi, le  sofferenze e le tragedie che vivono migliaia di triestini colpiti dalle malattie e dai lutti ascrivibili all’inquinamento devastante prodotto dallo stabilimento siderurgico. Mi mancano le parole di conforto verso i genitori di bambini ammalatisi di leucemia o di familiari di persone che soffrono il calvario di un tumore. Eppure nei Vangeli, negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di Paolo, sono temi che hanno grande rilevanza testimoniale e pastorale: l’aiuto ai sofferenti, agli ammalati, una fede consolatrice sono aspetti fondanti dell’evangelizzazione cristiana.

Di tutto questo ahimè non c’è traccia, e non da ieri, nel discorso del nostro Vescovo. Mi sovviene, per esempio, che in tutti questi anni non ha speso parola per questi drammi che pure lacerano la comunità tergestina. Mi ricordo una Sua visita alla mensa della Ferriera e null’altro. A significare un’ottica parziale nell’affrontare e conoscere la vastità del problema in questione.

Di tutto questo, così come del silenzio verso i responsabili, mi preoccupo e capisco come a Trieste fin dai tempi della cattolicissima Austria l’influenza sociale della Chiesa locale sia sempre stata ampiamente minoritaria ed irrilevante nella società triestina, fatta forse eccezione per la coraggiosa guida spirituale del Vescovo Luigi Fogar.